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Urge patto popolare fra Alfano, Casini e Mauro

Ebbene sì, lo confesso: spero vivamente che l’Italicum non vada da nessuna parte, che cada e si voti con quel mozzicone di legge elettorale – regalataci dalla sentenza della Consulta – che, a miei occhi, ha il  grande merito di ripristinare  il metodo proporzionale.  La perfidia mi porta ad auspicare che sia proprio il Cavaliere – come fece con la Bicamerale di Massimo D’Alema – a tirarsi indietro al momento opportuno, mandando così  a sbattere il deretano per terra Matteo Giamburrasca Renzi e la sua banda di mocciosi presuntuosi ed arroganti, allevati a nutella e politica.

Mi rendo conto, però, di pretendere troppo dalla fortuna. Così, sono disposto a perdonare qualche ostruzionismo di troppo anche ai parlamentari “grillini”, purché ciò consenta di gettare alle ortiche una legge che giudico pessima, anche dopo le modifiche, sicuramente migliorative, che sono state concordate nelle ultime ore.

Perché sono contrario all’Italicum? Ho avuto modo, nel mio piccolo, di formulare delle critiche per quanto riguarda gli effetti prodotti dalle norme riguardanti  le soglie per conseguire il premio di maggioranza e per accedere alla ripartizione dei seggi. Ma la mia contrarietà di fondo è determinata dal disegno politico che si intende realizzare con l’Italicum: rafforzare il bipolarismo fino al punto di spingerlo e piegarlo verso il bipartitismo (che cosa di altro potrebbero fare, per sopravvivere, i partiti minori se non lasciarsi assorbire dai più grandi, visto che il sistema pensato da Berlusconi e Renzi li usa come procacciatori di voti gratis?).

Sbaglierò, ma io considero il bipolarismo come uno dei peggiori mali del Paese e delle cause della deriva istituzionale, democratica ed etica che stiamo vivendo da quando si tenta di rinchiudere l’elettorato in due caravanserragli che hanno dimostrato di non saper stare insieme e di impegnarsi soltanto a  smontare quanto fatto dall’esecutivo precedente quando tocca a loro di governare. Altro che ricatto dei piccoli partiti!

La crisi del governo Berlusconi nella passata legislatura ha inizio con la scissione del Pdl. Oggi i principali rischi per il governo Letta provengono dal Pd di Matteo Renzi. Che Berlusconi insista – proprio lui! – a ripetere che i piccoli partiti agiscono per interessi personali dei loro leader, sarebbe ridicolo se non fosse patetico.

L’Italicum interviene proprio ad interrompere brutalmente un processo politico interessante che si era snodato lungo l’esperienza del governo Monti, il primo tempo del governo Letta e che aveva trovato una stabilità definita nell’attuale maggioranza tra Pd, Ncd e Sc. In sostanza, partendo dalla maggioranza d’emergenza che aveva sostenuto il governo dei tecnici, passando, nel cambio della legislatura, attraverso le “larghe intese” si è finalmente pervenuti ad un esecutivo che governa dal centro dello schieramento politico: una definizione questa che non vuole evocare pulsioni centriste, ma  limitarsi ad evidenziare che le forze costitutive della maggioranza attuale convergono da posizioni divergenti e, rispetto al loro ‘’essere coalizione’’, vi sono partiti che stanno all’opposizione tanto sul confine di destra quanto su quello di sinistra (per non parlare del M5s).

L’Italicum costringe anche il Ncd ad allearsi con Forza Italia. L’aver determinato questo effetto significa aver sprecato apposta una grande opportunità: quella di poter contare su di una forza moderata, europea e riformista, coerente nell’azione di governo. Mutatis mutandis, l’operazione di Angelino Alfano ha il medesimo valore – sul versante di centro destra – della scissione di Palazzo Barberini del 1947 da cui nacque, a sinistra,  con la leadership di Giuseppe Saragat, un partito socialista e democratico, sicuro alleato dei governi centristi che rimisero in piedi il Paese in pochi anni.  Renzi, invece, ha voluto di proposito aprire a Berlusconi e a Forza Italia proprio per impedire il consolidamento di un nuova alleanza, in grado di governare “tagliando le ali” e contrapponendosi duramente al M5s.

La legge elettorale è importante nel delineare il quadro politico ancor più delle riforme istituzionali. La c.d. seconda Repubblica, non a caso, venne fondata proprio dal c.d. Mattarellum. Tutto ciò premesso, non credo che le mie aspettative troveranno una qualche risposta. Che cosa fare, allora, nel momento in cui persino Pier Ferdinando Casini getta la spugna e rinuncia alla sfida centrista sulla quale ha resistito per tutta la XVI Legislatura?

Se posso permettermi di dare un consiglio alle forze politiche a cui mi sento più vicino (Ncd, Udc, Popolari per l’Italia), inviterei i loro gruppi dirigenti a non gettare via – come si è soliti dire – anche il bambino con l’acqua sporca. C’è una occasione da non perdere per misurare pure la possibilità di strategie diverse da un becero ritorno ad un bipolarismo drogato dal premio di maggioranza.

Il 24 maggio (quando si ricorderà che, in quel giorno tanti decenni or sono, il “Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti”) si voterà per il Parlamento europeo, con il metodo proporzionale e lo sbarramento – a livello nazionale – del 4%. Sarebbe opportuno che i tre partiti citati partecipassero insieme a questa competizione elettorale, senza alleanze con Forza Italia. In tal modo potrebbero ‘’pesare’’ la loro consistenza elettorale, anche in vista di una eventualità che non può essere scartata a priori: quella di far scendere  in campo, alle elezioni politiche, uno schieramento alternativo ai due poli ed avversario del M5s.

Non è detto che l’alleanza di questi tre partiti non sia in grado di conquistare da sola – nonostante le proibitive soglie di accesso – una presenza autonoma in Parlamento, forse addirittura superiore a quella che sarebbe loro attribuita nell’ambito delle coalizioni. Varrebbe comunque la pena di provarci.

 

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