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Ecco come Berlino vuole sabotare Draghi e l’Unione bancaria

La Corte costituzionale tedesca ha annunciato di voler rimettere alla Corte di giustizia europea la decisione in merito al programma di acquisto di titoli di Stato – l’Omt (Outright Monetary Transactions) – lanciato nel settembre 2012 dalla Banca Centrale europea per far fronte all’apice della crisi dell’Eurozona e aprire la strada alla stabilizzazione della moneta unica.

I TIMORI DI BERLINO
La decisione di Karlsruhe è solo l’ultima frizione in ordine di tempo tra la Germania di Angela Merkel (nella foto) e Bruxelles, sede della Commissione europea, e la Bce. Da tempo il governo tedesco e la Bundesbank contestano nel metodo e nel merito le scelte delle istituzioni europee di creare meccanismi che tutelino le economie dei Paesi periferici dell’Unione, i più esposti ai venti della crisi economica. Per Berlino, a torto o a ragione, è viva la paura che a pagare per gli sprechi e le mancate riforme degli “spendaccioni” e poco responsabili Stati membri dell’area mediterranea siano le economie più forti e in salute, come quella teutonica per l’appunto.

I RIMPROVERI ALLA BCE
Come riporta l’agenzia Reuters, la Corte tedesca, in aperto contrasto con le decisioni prese dal numero uno di Francoforte, Mario Draghi, vede “importanti ragioni per ritenere che il programma vada oltre il mandato della Banca centrale europea e per questo infranga i poteri degli Stati membri, violando il divieto di finanziare i bilanci pubblici con la leva monetaria“. Un occhio, quello contro i presunti sprechi, che la Corte di Karlsruhe ha detto di voler tenere bene aperto anche il 18 marzo, quando deciderà sulla legalità dello schema di salvataggio permanente, l’European Stability Mechanism (ESM), il cosiddetto Fondo Salva Stati.

I RILIEVI DEI COMMENTATORI
Per Antonio Rinaldi, docente di Finanza Aziendale all’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara nonché – a fianco di Paolo Savona e Giuseppe Guarino, Claudio Borghi e Alberto Bagnaiuno degli studiosi più sferzanti verso i pilastri dell’Unione economica e monetaria e autore del recupero di un’autentica sovranità monetaria, “la disputa sulla sopravvivenza dell’euro si gioca ormai sul piano giuridico e non più economico. La decisione della Corte Costituzionale tedesca è la prova evidente di questa mutazione“.
Critica anche l’opinione di Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma, per il quale
il ricorso della corte tedesca a Strasburgo per gli Omt non è, ovviamente, una buona notizia”. Gli Omt, spiega,sono l’unico vero motivo per cui la crisi dell’euro è rientrata. Peraltro, è un programma che ha funzionato senza essere attuato: non è stato speso un solo euro; è bastato l’annuncio ad abbassare gli spread. Una sua cancellazione o anche una modifica in senso restrittivo che implicasse una correzione dell’impostazione Bce potrebbe fare ricadere l’area alle tensioni di due anni fa“.
Quella sul significato degli Omt per De Nardis “è solo in minima parte una discussione tecnica poiché rivela, purtroppo, divaricazioni di interessi, di prospettive, di visione che non possono portare a nulla di buono per l’Europa“.
Sta ora alla Corte di Giustizia europea “accogliere le ragioni di Draghi e respingere al mittente i rilievi di Karlsruhe”, il capo economista di Nomisma.

CONTRO L’UNIONE BANCARIA
Ma l’opposizione tedesca al lavoro della Bce, di Berlaymont e del Parlamento di Strasburgo, come detto, non si limita a questo. Dalle colonne della Stampa, rilanciato da Dagospia, è Marco Zatterin, corrispondente da Bruxelles del quotidiano diretto da Mario Calabresi, a raccontare come “l’Europarlamento si sia fermato ieri a un passo dal bocciare formalmente la formula scelta dal consiglio Ecofin per dar vita al secondo stadio dell’Unione bancaria“, – già pesantemente condizionata dai diktat di Berlino – “quello successivo all’attribuzione della vigilanza unica alla Bce. L’aula ha approvato tutti gli articoli del testo, ma non l’insieme in cui si auspica la creazione d’un meccanismo di risoluzione autonomo dalle capitali e il lancio d’un fondo finanziato dalle banche per gestire eventuali crisi“. I tedeschi hanno cercato di evitare per quanto possibile il varo di un fondo unico (si parla di 50-60 miliardi), pagato dalle banche, per coprire le esigenze della fase di risoluzione, mentre Strasburgo chiede “un fondo attivo sin dal primo giorno“, è per “tutelare le tasche dei contribuenti e correntisti“.

LE CRITICHE ALLA GERMANIA
Ma se da un lato la Germania continua a criticare l’attuale andazzo e persevera nel voler imporre la propria linea all’Unione, dall’altro anch’essa è entrata nel mirino di Bruxelles. A novembre scorso si è aperto formalmente il dibattito sulla bilancia commerciale tedesca, che nella media degli ultimi tre anni ha accumulato uno squilibro tra import ed export superiore al 6 per cento del Pil, contravvenendo alle regole comunitarie.
Una politica, quella di Berlino, che “imbragherebbe” l’euro frenando il decorso della recessione dell’Eurozona e per questo, nelle scorse settimane, è stata criticata dal Tesoro Usa nel suo rapporto semestrale sulle valute e descritta, dati alla mano, da un approfondito rapporto di Mediobanca.

I VENTI DEL POPULISMO
Così, per una volta, ad essere sul banco degli imputati non sono solo gli “spreconi” Paesi della periferia d’Europa, ma anche la locomotiva tedesca. Con il rischio aggiuntivo, secondo molti osservatori, di fomentare ancora di più i rigurgiti populisti ostili all’integrazione comunitaria che crescono in tutta Europa e che potrebbero condizionare pesantemente in chiave anti-euro la composizione del Parlamento di Strasburgo che si rinnoverà con la tornata elettorale di maggio.

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