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Ecco il vero futuro di Malpensa tra Alitalia ed Etihad

Ma Etihad che cosa vorrà fare di Malpensa? In ogni passaggio chiave della complessa storia di Alitalia si torna a parlare dell’aeroporto milanese, eterno incompiuto.

LA STORIA

Il dibattito iniziò nel ’97 quando l’allora amministratore delegato di Alitalia, Domenico Cempella, assecondando un desiderio del governo Prodi, spostò la base dei voli da Fiumicino all’aeroporto varesino. Uno spostamento funzionale anche all’alleanza con l’olandese Klm, con cui s’iniziò a parlare di fusione. Proprio però l’eterna indecisione governativa (cinque decreti emessi da due ministri – Claudio Burlando e Pierluigi Bersani – espressione di tre governi: Prodi I, D’Alema, Amato) portò gli olandesi andarsene via.

COSTI E TRATTE

Alitalia, anche dopo il brusco divorzio da Klm, continuò fino al 2007 a fare base a Malpensa (gestioni Mengozzi e Cimoli). Ci pensò Maurizio Prato, vecchio uomo Iri, chiamato in uno dei tanti momenti disperati di Alitalia, a riportare gli aerei a Fiumicino. Prato aveva il mandato a concludere la vendita della compagnia dopo il fallimento del bando di gara voluto dall’allora ministro dell’Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. Alitalia aveva i creditori alle porte e la prima scelta di Prato fu quello di chiudere la spesa di Malpensa. Perché spesa? Perché non ci si decideva a stabilire se per avere un hub intercontinentale si era disposti a sacrificare Linate e così per Alitalia i costi erano insostenibili. Per fare un esempio: nel disegno originale Alitalia avrebbe dovuto imbarcare sullo stesso aereo diretto a Malpensa sia il barese che voleva arrivare a Milano, sia il suo vicino di casa che invece era diretto a New York e faceva scalo a Malpensa. Le continue retromarcia dei governo, invece, portarono a mantenere in vita Linate e così Alitalia doveva avere sia il Bari-Linate per chi aveva appuntamento al Duomo, sia il Bari-Malpensa per chi invece usava l’aeroporto varesino come punto dove fare scalo e cambiare aereo.

IL QUADRO

Sdoppiare i collegamenti dalla periferia su Milano comportava due grossi danni alla compagnia aerea nazionale: raddoppio di costi fissi (doppio equipaggio, doppio carburante, doppia manutenzione, doppie tasse di decollo/atterraggio…) e depotenziamento dell’arsenale. L’ex ad Mengozzi amava ripetere ai suoi interlocutori questo esempio matematico: se io ho 20 aerei, 5 partono da Bari per Linate, 5 partono da Bari per Malpensa, 5 da Linate per il mondo e 5 da Malpensa per il mondo, io sviluppo 25 coincidenze potenziali a Linate e 25 potenziali a Malpensa. Se invece i miei 20 aerei li distribuisco tutti su unico aeroporto milanese, 10 che partono da Bari per Malpensa e 10 che partono da Malpensa per il mondo, io sviluppo 100 potenziali coincidenze, senza aumentare numero di aerei, facendo anche economie di scala avendo costi su un unico aeroporto. Questo è ciò che fa di un aeroporto un hub.

Un concetto però che non si è voluto sposare.

DELITTO IN FAMIGLIA

Contrariamente a quanto si può pensare, non è stata la lobby romana a uccidere Malpensa, ma quella milanese. Eh sì, perché sono stati proprio i milanesi a non voler sacrificare Linate. Riallacciamo anche in questo caso i fili della storia. In principio tutto l’establishment milanese è schierato a favore di Malpensa, in prima fila l’ex governatore Roberto Formigoni e l’ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini. Quest’ultimo è persona assai influente, essendo Palazzo Marino l’azionista di maggioranza della Sea, la società che gestisce gli scali di Linate e Malpensa. Albertini si lancia in dichiarazioni roboanti a favore di Malpensa. Poi però qualcosa cambia. I milanesi mugugnano sulla scomodità di raggiungere il nuovo aeroporto, rispetto a quello sotto casa di Linate. E così si arriva al paradosso del 1999. Le compagnie straniere presentano un ricorso alla magistratura per bloccare Malpensa. L’amministratore delegato di Sea, Tomaso Quattrin, ex Ibm, presenta una memoria a favore dell’apertura di Malpensa, ma a schierarsi accanto alle compagnie estere è invece il suo azionista, il Comune di Milano presenta una memoria a sostegno del loro ricorso. Ovviamente dopo poche settimane Quattrin si dimetterà.

IL FUTURO

L’attuale amministratore delegato di Alitalia, Gabriele Del Torchio, ha tenuto a rassicurare. “Pensiamo a sviluppare nuovi voli su Malpensa” ha affermato anticipando qualche mossa della prossima alleanza con la compagnia Etihad, pronta a rilevare una quota molto rilevante di Alitalia (si parla di una fetta tra il 40 e il 49% del capitale). Probabile che arriveranno nuovi voli intercontinentali, soprattutto in chiave Expo.

Impossibile però pensare di riavvolgere il nastro della storia. Malpensa non sarà mai più un hub. Anche se si sacrificasse sull’altare Linate, i collegamenti ferroviari ad alta velocità rendono utopistico pensare a passeggeri che sceglierebbero l’aereo con arrivo su Malpensa rispetto al comodo e veloce collegamento su rotaia con arrivo a Milano Centrale. Quindi, partita chiusa? Una fioca speranza, per i fan di Malpensa, ancora c’è. Un progetto industriale di sistema, con l’arrivo dell’alta velocità sullo scalo varesino così da liberare l’Alitalia/Etihad dal dissanguamento di inserire voli dalla periferia nazionale per Malpensa e concentrare i propri aerei a voli internazionali.

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