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Internet, ecco i veri interessi del finto anti-americanismo di Merkel e Hollande

Le dispute sulle rivelazioni di Edward Snowden sulla massiccia raccolta – da parte della National Security Agency (NSA) e delle agenzie ad essa associate nell’accordo Five Eyes (UK, Canada, Australia e Nuova Zelanda) – dei dati dalla rete globale Internet, continua a suscitare tensioni fra l’Europa e gli USA. Vi è in questo molta ipocrisia. La retorica dei principi si scontra con l’etica della responsabilità. Le reazioni europee sono anche espressioni di un crescente anti-americanismo.

Lo spionaggio anche fra i più stretti alleati – come fra gli USA e l’UK e fra gli USA e Israele – fa parte delle normali relazioni internazionali. Tutto bene finché qualche “spione” non tradisce o la cosa viene scoperta e sottoposta alle emozioni delle opinioni pubbliche e alla spettacolarizzazione dei media. Generalmente, le reazioni dei governi e dei loro servizi di intelligence e sicurezza sono caute. Lo sono per vari motivi.

Primo, essi conoscono meglio le cose del mondo.

Secondo, perché sono collegati fra loro e si scambiano informazioni sulle comuni minacce, come il terrorismo e la criminalità. Non penso vadano molto per il sottile nel chiedere come le notizie siano state raccolte. Devono essere “disinvolti” al riguardo. Altrimenti, non riceverebbero nessuna informazione. La loro missione è quella di proteggere i cittadini e anche gli interessi economici nazionali.

L’ex-ministro degli interni della “virtuosa” Germania ha ammesso che i servizi di sicurezza tedeschi (BND-esterno, e BFV-interno) hanno utilizzato dati forniti dalla NSA e da interrogatori “forzati”. La cosa avrebbe consentito di sventare attentati.

Il problema è quello di trovare un equilibrio fra la protezione della privacy e dei diritti di proprietà intellettuale – che tutti gli Stati devono garantire ai loro cittadini e imprese – e la sicurezza contro il terrorismo, la criminalità organizzata e lo spionaggio. Gli apostoli dei diritti civili cavalcano l’ipocrisia. Taluni politici utilizzano le rivelazioni sulle attività dell’intelligence di altri Stati sul loro territorio per ergersi a difensori della sovranità nazionale e della privacy. Come abbiamo sostenuto sulle pagine di Formiche.net, quello che stupisce e preoccupa maggiormente nel caso Snowden-NSA è la facilità con cui un semplice collaboratore a contratto ha avuto accesso a tanti dossier riservati (sembra si sia impossessato di 1.700 file), di cui solo una piccola parte è stata per ora rivelata.

Detto questo, a parte le proteste d’obbligo contro le ingerenze nel proprio spazio di sovranità, l’interrogativo principale riguarda l’efficienza di un sistema, come quello della NSA, basato su tale enorme numero d’intercettazioni. È dovuta alla paranoia americana del dopo 11 settembre? oppure la cosa è spiegabile con i mutamenti subiti dalle esigenze d’intelligence avvenuto da quando il “nemico” da contrastare non è più uno Stato come l’URSS, ma un pulviscolo di gruppi terroristici e criminali, tra l’altro in possesso di una notevole capacità di mascherare le proprie comunicazioni in una rete come Internet e di scambiarsi messaggi inserendoli in particolari di fotografie?

La raccolta delle informazioni non può essere più “mirata”, come nella guerra fredda. Si tratta d’individuare le comunicazioni rilevanti, scambiate fra poche centinaia di persone in gran parte sconosciute, seppellite nella rete. Esse sono immerse in miliardi di telefonate, di SMS e di email. È come trovare un ago in un pagliaio. La tecnologia moderna, su cui è basato il sistema PRISM della NSA, sembra consentirlo.
Fino a che punto siano necessari e utili “megadata” tanto ampi, non lo so. In linea teorica mi sembra però che uno screening totale sia l’unico sistema che possa consentire risultati positivi. Qualora ciò fosse vero, nessun governo, che disponga dei mezzi tecnici per raccogliere e selezionare tanti dati, rinuncerà a farlo. Per trovare l’ago, è inevitabile ispezionare l’intero pagliaio.

Prima ancora del caso Snowden, la Commissaria all’Antitrust dell’UE, l’olandese Neelie Kroes, aveva affrontato il problema delle conseguenze per l’UE del monopolio americano su Internet e sui grandi “motori di ricerca”, che per la legge USA devono collaborare con l’NSA. La Kroes ha escluso la possibilità di erigere un “muro elettronico” che isoli l’Europa, rendendola inaccessibile alle intercettazioni da parte degli USA e anche da quelle sempre più penetranti della Cina, Russia, India e altri paesi. Tale soluzione – ammesso ma non concesso che possa funzionare – “balcanizzerebbe” Internet, contrasterebbe con le esigenze della globalizzazione e anche con il principio della libertà di comunicazione e di utilizzo di Internet, sostenuto dall’Europa. L’adozione di siffatto sistema faciliterebbe poi il controllo dei regimi autoritari sulla loro popolazione. Secondo Snowden, infine, si tratterebbe di un sistema inefficace. Lo dimostrerebbe il fatto che l’NSA penetra nella rete cinese, che è isolata dal resto di Internet.

Occorre trovare altre misure. Una potrebbe essere quella di aumentare le possibilità dell’Europa di influire sulle regole di Internet. Esse sono definite dall’Agenzia californiana ICANN (Internet Corporation for Assigning Names and Numbers). Con essa gli USA definiscono il 95% delle regole, pur avendo solo il 13% dei 3 miliardi degli utilizzatori di Internet. Sarà difficile concordare la cosa con gli USA, che non intendono sicuramente perdere il controllo di uno strumento tanto importante. La cosa verrà comunque discussa ad aprile nell’ambito della riunione dell’Unione mondiale delle telecomunicazioni, che si terrà in Brasile.

Un secondo provvedimento, che verrà discusso anche nell’incontro del 19 febbraio fra Hollande e la Merkel, consiste nel conservare in Europa i dati rilevati dai grandi “motori di ricerca”, sottoponendoli al controllo della Commissione Europea. Microsoft ha annunciato che tutti i suoi dati relativi a cittadini stranieri non saranno immagazzinati negli USA, dove la NSA avrebbe più facilità di entrarne in possesso. Lo saranno nei paesi in cui sono stati rilevati. Mah! Non vedo come tale misura possa essere efficace, per proteggere i dati europei dallo spionaggio del “grande fratello”. In ogni caso, i dati rimarrebbero da qualche parte. Il problema della tutela della privacy rimarrebbe irrisolto.

A parer mio, una decisione franco-tedesca dipenderà dagli interessi industriali dei due Paesi. Qualsiasi soluzione creerebbe un interessante business. Qualcosa cioè di ben più concreto dei “massimi sistemi” sulla protezione della privacy. In conclusione, prevedo che tutto rimarrà come prima. In qualsiasi soluzione prevarranno le nuove esigenze di sicurezza e soprattutto le possibilità offerte dalle nuove tecnologie.

A parer mio, la cosa migliore.

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