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Obama e i dubbi sui missili ai ribelli siriani

In un pezzo pubblicato ieri da Reuters, si racconta che la Casa Bianca resterebbe contraria alla fornitura di missili ai ribelli siriani. Per certi versi si sapeva già, e lo stesso retroscena in cui il Wall Street Journal svelava il piano di fornitura che sauditi e giordani, insieme agli americani, stavano pensando, sottolineava più volte che quella fosse la posizione ufficiale di Washington.

Ora la questione assume più polpa però, perché a parlare con l’agenzia britannica sarebbe stato un alto funzionario dell’Amministrazione Obama. L’uomo – l’unica cosa che si sa è il sesso, per il resto ha chiesto di restare anonimo – avrebbe rivelato che a Washington si continua a pensare alla soluzione diplomatica come l’unica potabile, non fidandosi delle intenzioni (attuali e future) dei ribelli – anche di quelli del Fronte Meridionale (per capire meglio la geografia del conflitto, c’è questa mappa).

A questo punto, la questione si sposta non tanto sulle intenzioni di Obama, ma sui comportamenti effettivi: perché il pragmatismo del presidente ci ha abituato a qualche incoerenza – vedi la gestione gattopardiana di Guantanamo e dei piani di sorveglianza dell’Nsa.

E perché i sauditi (e i giordani), alleati un po’ sfiduciati degli Stati Uniti, avrebbero tutte le intenzioni di passare quei Manpad cinesi – vengono chiamati così i missili portatili FN-6, perché possono essere lanciati contro carri e aerei dai militari con un sistema da spalla facilmente maneggiabile – ai combattenti; altroché negoziati di pace.

La Casa Bianca probabilmente, pur mantenendo la linea della diplomazia come fissa, chiuderà un occhio – e probabilmente, ancora, svolgerà il proprio compito d’intelligence – anche perché Israele, altro alleato un po’ sfiduciato (soprattutto fronte Iran), vuole tenersi il conflitto lontano – visto per altro che già i problemi, nuovi, non mancano nel Sinai -, creando un cuscinetto di sicurezza a sud.

Quello che quindi si andrà a concretizzare, sarà più o meno il vecchio piano del 2012.

Quando Hillary Clinton era Segretario di Stato, i sauditi si incontrarono con i vertici della Cia (ai tempi il capo era Petraeus), proponendo di consegnare quegli stessi armamenti all’allora più attivo FSA (Free Syrian Army). Nonostante le posizioni favorevoli dell’intelligence, del Pentagono (ai tempi c’era Panetta alla guida) e della stessa Clinton, Obama decise di dire no: non si fidava, temeva che le armi potessero finire in mano agli estremisti.

Era settembre (del 2012): ai tempi non c’era l’Isis, ma c’erano a breve le elezioni presidenziali.

Prendere le distanze dai ribelli siriani, raccontati come un covo di infiltrati qaedisti (nemmeno troppo falso, sia chiaro), proponendo la via della mediazione tra il male di Assad e il non bene assoluto dell’opposizione ed evitare di entrare nel merito – anche indirettamente, attraverso l’ok alla fornitura – del conflitto, era la via politicamente più comoda.

Obama vinse: sono passati molti mesi da quei giorni, e adesso, praticamente si ricomincia tutto dall’inizio – o quasi.

 

 

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