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Che cosa ci aspettiamo da Renzi. Parla Ambrogioni (Federmanager)

Confindustria e confederazioni sindacali nelle loro molteplici articolazioni, compresa la FIOM di Maurizio Landini, hanno giocato un ruolo nevralgico nel mettere a nudo le fragilità, le carenze, le inadeguatezze dell’esecutivo guidato da Enrico Letta rispetto alle urgenze economico-sociali. La loro denuncia della sua incapacità riformatrice ha contribuito a colpirne la solidità e la popolarità. Favorendo, in forma indiretta, l’ascesa al governo di Matteo Renzi.

Una critica puntuale sull’operato dell’ex vice-segretario del Partito democratico, così come avvenuto verso la compagine presieduta da Mario Monti, era stata espressa sulle pagine di Formiche.net da un altro esponente della vasta galassia delle forze sociali: Giorgio Ambrogioni, presidente di Federmanager, l’organizzazione che aggrega e rappresenta migliaia di dirigenti di aziende private e pubbliche. Realtà che nell’ottobre 2013 aveva rivolto un appello ai parlamentari in cui richiamava tutti a “rilanciare un progetto Paese imperniato su uno Stato più leggero che fa poche cose ma le fa bene”. Per capire se il premier in pectore sarà in grado di realizzare tale aspirazione, il nostro giornale è tornato a interpellare il leader dell’associazione.

Quali sono le vostre richieste al governo in fieri di Matteo Renzi?

Come anticipato nel nostro incontro con il responsabile economico del PD Filippo Taddei, ci aspettiamo un giusto livello di coinvolgimento delle parti sociali nell’individuazione delle scelte strategiche. L’ex primo cittadino di Firenze tende infatti a non riconoscere pienamente il ruolo dei corpi sociali intermedi. Il confronto però deve riguardare ogni categoria produttiva, non solo le confederazioni sindacali e Confindustria. Renzi ascolti tutti e poi decida. È qui la differenza tra concertazione e dialogo sociale.

Sul fronte della riduzione della spesa pubblica Renzi presenta affinità con le vostre indicazioni: burocrazia, sanità, Titolo V.

Fisco meno oppressivo, semplificazione amministrativa, revisione delle competenze costituzionali dello Stato e degli enti territoriali, giustizia più certa e dinamica e autentica riforma elettorale costituiscono passaggi fondamentali. Senza i quali la sua azione a Palazzo Chigi è destinata a fallire. Ma, come ricordato più volte da Giorgio Squinzi, la vera priorità è un progetto chiaro e moderno di politica industriale. Perché è necessario promuovere e tutelare il nostro comparto manifatturiero rimuovendo i fattori che scoraggiano il fare impresa.

È possibile nello scenario del capitalismo familiare italiano?

Noi auspichiamo un’evoluzione del tessuto produttivo, salvaguardando il valore del capitalismo familiare ma coniugando ruolo imprenditoriale e ruolo manageriale. Le realtà aziendali in cui le due funzioni convivono hanno retto meglio la crisi conquistando anzi quote di mercato. Vi è bisogno di politiche che spingano le imprese verso modelli di governance più moderni, proiettandosi in un’ottica globale. Allo stesso fine è improntata la nostra proposta di ricorrere ai lavoratori e dirigenti pensionati come tutor per le aziende interessate ad assumere giovani con l’apprendistato. Ma nel mercato del lavoro è necessario investire di più per formare e incentivare le persone alla mobilità professionale anziché spendere risorse enormi nella cassa integrazione.

Nutre fiducia nella capacità del leader del PD di coniugare il risanamento dei conti pubblici con la ripresa?

A livello di enunciazioni la candidatura Renzi è coerente con le nostre attese. Ma è fondamentale che all’entusiasmo e alla grinta che ne alimentano la spinta al cambiamento si accompagni la creazione di una squadra di governo con le persone giuste al posto giusto. Una squadra che responsabilizzi fino in fondo le tecno-strutture ministeriali senza perdere di vista l’indirizzo politico. Tanto più vitale in quanto l’opera che attende il futuro premier è titanica.

Quale sarà l’avversario più insidioso per l’ex sindaco di Firenze?

La composizione eterogenea della maggioranza di governo, le resistenze dell’apparato burocratico, i diktat finanziari di Bruxelles. Renzi tuttavia ha dalla sua parte un fattore determinante: rappresenta l’ultima chance per l’Italia e lui lo sa. Se redigerà e saprà monitorare l’attuazione di una precisa agenda politica, coinvolgendo anche chi è portato a frenare, avrà anche la nostra gratitudine.

Una partita complessa attende il segretario del PD sulle privatizzazioni. Qual è la vostra ricetta?

Riteniamo necessario mettere sul mercato tutto ciò che non è strategico. A partire dalle aziende municipalizzate o partecipate dalle amministrazioni locali. Ma i comparti industriali statali – energia, difesa, telecomunicazioni – non possono essere perduti, bensì presidiati e difesi come avviene in Francia. Auspichiamo anzi la valorizzazione delle grandi società pubbliche attraverso la promozione di nuove leve manageriali.

È ipotizzabile una vostra alleanza con i piccoli imprenditori, artigiani e commercianti scesi in piazza a Roma?

Non c’è nessun ostacolo. Non vi è contraddizione per la nostra differente collocazione professionale di manager dipendenti pubblici e privati. Chiediamo tutti una politica che liberi le risorse economiche italiane, in primo luogo nel terreno della cultura e dell’ambiente. Peraltro, Federmanager con Confindustria e Confapi, e Manageritalia con Confcommercio e Confesercenti,  abbiamo avviato da tempo una proficua interlocuzione.

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