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Siria, la lotta tra i ribelli e i missili israeliani contro Hezbollah

Diversi insider siriani, raccontavano la scorsa settimana che Assad stava seguendo con molta attenzione le vicende che coinvolgevano Kiev, lo sgretolamento del potere del presidente Yanukovich, le reazioni della piazza. Interessato.

Si era già detto dell’isolamento del presidente, e c’era qualcuno di quegli stessi insider che scommetteva su una sua possibile uccisione da parte di uno dei fedelissimi – si fa per dire. Ma se da questo lato del conflitto le cose non funzionano perfettamente, nell’altro, quello dei ribelli, non c’è di certo da festeggiare.

Saltando le barricate, ammesso che si possa trovare un confine nitido che divide le vari posizioni in campo, c’è una separazione di azioni, di intenti, di interessi, disarmante. Nel momento in cui Assad sembra più debole, la mancanza di un’organizzazione comune che contrasti le sue forze, sembra essere la principale delle carte in mano al regime.

L’Isis (Islamic State of the Iraq and al-Sham), il gruppo di combattenti scaricato tempo fa da al-Qaeda perché le sue attività erano lontane dal nuovo progetto dell’organizzazione, è sul campo la forza più attiva: il problema che le sue “attività” non si limitano a combattere le truppe lealiste, ma è impegnato in un’acerrima lotta interna tra opposizioni. Domenica ha rivendicato l’uccisione di Abu Khaled al-Suri, messo di al-Zawahiri, mandato in Siria direttamente dalla Guida suprema, per dirigere le operazioni di jihad al-Qaeda linked.

Come se non bastasse lo smacco, ieri è girata la notizia che lo stesso gruppo disconosciuto da al-Zawahiri, aveva rapito lo sceicco Abu M. al-Julani, il comandante capo di Jabhat al-Nusra, gruppo riferimento qaedista nell’area. La notizia è stata poi smentita da un altro alto comandante di Nusra, Abu Farah al-Raqqawi, ma sembra che comunque alcuni comandanti di sottobrigate del gruppo siano stati rapiti.

Per risposta, proprio poche ore fa, al-Julani ha lanciato un pesante ultimantum all’Isis, minacciandolo di un attacco diretto, se si rifiuterà di sottoporsi al giudizio e alla guida degli esponenti religiosi; tradotto, se non rispetterà ancora le direttive centrali di Zawahiri.

Ma l’Isis non colpisce soltanto: dopo le voci (mai del tutto confermate o smentite) che all’inizio di gennaio davano per ferito in Iraq il comandante massimo del gruppo, al-Baghdadi, colpito in un blitz dell’esercito di Maliki grazie alle segnalazioni delle intelligence operanti nel territorio, ieri è arrivata la notizia del ferimento di un altro comandante di alto livello dello Stato Islamico. Abu Omar al-Shishani, “il ceceno”, sarebbe stato colpito a una gamba in combattimento.

Nel frattempo sembra tutto pronto per la pesante offensiva che i ribelli lanceranno nel sud del Paese. In uno statement rilasciato ieri, 9 gruppi combattenti – tra cui anche al-Nusra e Ahrar al-Sham) hanno annunciato di avviare un nuovo fronte (“wa e’etasemo Habli bi Allah Jamian wala tafarako”, il nome). Si combatterà in zone strategiche intorno a Daraa, oggetto di pesanti bombardamenti (barrel bomb dagli elicotteri governativi) negli ultimi giorni, che hanno provocato molte vittime civili – tra cui diversi bambini. L’area, tra l’altro, è il fronte caldo di cui si era già scritto, e dove dovrebbero arrivare le armi da contraerea e controcarro fornite da sauditi e giordani sotto il consenso tacito degli Stati Uniti. A questo punto sarà ancora più difficile far arrivare le armi ai ribelli giusti – che venivano identificati con quelli del Fronte Sud – visto l’intensificarsi delle attività dei gruppi jihadisti.

La guerra in Siria continua a combattersi non solo in Siria, però. Ieri l’esercito israeliano avrebbe attaccato con missili terra terra dei convogli di Hezbollah che stavano trasportando armi verso il confine siriano. L’attacco sarebbe avvenuto in una zona della valle del Bekaa, area prossima al confine con Damasco, ma in territorio libanese. Hezbollah ha negato tutto, mentre a Gerusalemme sembrerebbe dato per certo: tra l’altro l’attacco farebbe parte di una programma più ampio, con cui Israele sta cercando di ristrutturare le forze di intelligence militare per combattere meglio i jihadisti in Siria.

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