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Chi teme per la libertà di stampa a Hong Kong

Kevin Lau Chun-to, ex direttore del Ming Pao di Hong Kong, non sarebbe più in pericolo di morte, stando agli ultimi bollettini medici. Attorno alle 10:30 il giornalista è stato accoltellato per strada. Le ricostruzioni di quanto accaduto parlano di due assalitori che lo hanno colpito con una mannaia, per poi fuggire in moto. L’emittente RTHK riferisce di sei ferite, una delle quali profonda 16 centimetri.

I TIMORI DI HONG KONG
L’assalto non fa che aumentare i timori per la libertà d’espressione e di stampa a Hong Kong. Domenica almeno 6mila tra cittadini e giornalisti avevano manifestato fin sotto gli uffici del governo locale per denunciare l’erodersi di uno dei tratti distintivi dell’ex colonia britannica, tornata alla Cina nel 1997. La piazza convocata dall’Associazione dei giornalisti intonava lo slogan “Stampa libera, Hong Kong libera” e ricordava al chief executive, CY Leung, gli impegni presi nella campagna elettorale del 2012, con la firma della Carta sulla libertà di stampa.

L’INDIGNAZIONE DEL GOVERNO
Siamo indignati per un tale atto di violenza”, si legge nel comunicato con cui il governo ha dato la propria solidarietà a Lau. Tuttavia, nota in un intervento su twitter Kristine Kwok del South China Morning Post, negli ultimi otto mesi gli attacchi contro la stampa e i giornalisti sono stati almeno cinque. “La polizia non ha risolto alcun caso. Perché?” si chiede la giornalista. Tra questi va ricordato proprio a giugno il pestaggio di Chang Ping, fondatore della rivista iSunAffairs, una delle voci più critiche contro Pechino.

AUTONOMIA A RISCHIO?
Hong Kong gode di autonomia e libertà rispetto a Pechino che, in linea di principio, si è impegnata a consentire elezioni a suffragio universale nell’ex colonia entro il 2017. Tuttavia le pressioni che arrivano dal vertice cinese, e che trovano sponda nella leadership della città, lasciano nell’incertezza tale processo e la stesura di regole certe.

MINACCIA ALL’INDIPENDENZA
In questo contesto, la rimozione dello stesso Lau dalla direzione del Ming Pao e la sua assegnazione a una pubblicazione online legata allo stesso gruppo editorale, con la guida del giornale passata al malaysiano Chong Tien-siong, è stata accolta dalla redazione come una minaccia all’indipendenza del giornale.

L’ISTRUZIONE PATRIOTTICA
Chong, già direttore del Nanyang Siang Pau, è stato infatti tra i sostenitori della cosiddetta “istruzione patriottica” per gli studenti di Hong Kong, voluta dalla Cina per rafforzare il senso d’identità comune, ma contestata dai genitori e vista come una forma di indottrinamento.
Con l’arrivo nel 2012 di Wang Xiangwei, giornalista con un passato al China Daily, alla guida del South China Morning Post, si è temuto inoltre che anche il più rispettato tra i quotidiani dell’ex colonia potesse perdere la propria autonomia.

I MANCATI INTROITI
Dove non arrivano cambi di mansione e licenziamenti, come anche nel caso di Li Wei-ling, allontanato dall’emittente Commercial Radio, si ritene per i suoi commenti anti-governativi, arriva la leva della mancata pubblicità, che mette a rischio le casse dei quotidiani. A risentirne è ad esempio l’Apple Daily, non tra i giornali più affidabili della città, ma schierato a favore dei movimenti democratici, in antitesi con i filocinesi, e critico con gli imprenditori cooptati dalla dirigenza cinese con ruoli all’interno della Conferenza politico consultiva o dell’Assemblea nazionale del popolo e i cui interessi economici sono legati alla Cina continentale.

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