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Ecco come Ratzinger zittisce i complottisti

Una brevissima lettera per tentare di porre fine alle speculazioni sulla validità della rinuncia al pontificato. Benedetto XVI ha preso carta e penna e ha risposto alle domande che il vaticanista della Stampa, Andrea Tornielli, gli aveva posto in un messaggio inviato al monastero Mater Ecclesiae il 16 febbraio scorso.

“NON C’E’ IL MINIMO DUBBIO CIRCA LA VALIDITA’ DELLA MIA RINUNCIA”

Due giorni dopo, ecco che il Papa emerito risponde punto per punto alle questioni poste dal giornalista. Innanzitutto, Benedetto XVI ha chiarito che “non c’è il minimo dubbio circa la validità della mia rinuncia al ministero petrino”, ragione per cui “le speculazioni” in proposito diffuse su qualche sito ed organo di stampa “sono semplicemente assurde”. Ratzinger rimanda di fatto a quanto dichiarato in latino l’11 febbraio di un anno fa, quando davanti al collegio cardinalizio riunito in concistoro annunciò di lasciare il ministero petrino “plena libertate”, in piena libertà. Nessuna costrizione, dunque, nessuna metaforica pistola puntata alla tempia.

I DUBBI DI ANTONIO SOCCI

Era stato lo scrittore cattolico Antonio Socci, in particolare, a rilanciare i dubbi sulla validità della rinuncia al ministero petrino di Benedetto, rileggendo in chiave dubitativa le parole da questi pronunciate nelle occasioni pubbliche successive all’abdicazione, tanto da arrivare a parlare di un “mistero della rinuncia”. Scriveva solo qualche giorno fa, Socci, che “è obiettivamente inspiegabile il ritiro di un Papa come Benedetto XVI che è tuttora in salute e perfettamente efficiente”. Le ragioni vere, insomma, sarebbero altre: “Considerata la guerra spietata che gli è stata fatta, anche dentro alla Curia e alla Chiesa, fin dalla sua elezione nel 2005, è del tutto legittimo sospettare che vi siano state pressioni indebite per indurlo al ritiro. O comunque che siano state create le condizioni per spingerlo a quel passo”.

IL DIETROFRONT DI PADRE LOMBARDI

Per rafforzare la tesi, in un articolo apparso su Libero il 16 febbraio scorso, Socci riprendeva le parole di padre Federico Lombardi del 20 febbraio 2013, con le quali il portavoce aveva escluso che Benedetto potesse essere chiamato Papa emerito, dal momento che “emerito è il vescovo che pure dopo le dimissioni mantiene comunque un legame e nel caso del ministero petrino è diverso”. Solo una settimana dopo, però, il direttore della Sala stampa annunciava che Ratzinger sarebbe stato Papa emerito e che avrebbe continuato a vestire di bianco. Elementi che – uniti al fatto che Benedetto ha scelto di mantenere lo stemma pontificale – hanno alimentato dubbi circa la validità della rinuncia.

IL VESTIARIO PAPALE: LE DIFFERENZE

Anche su questo, nella lettera alla Stampa, il Papa emerito ha voluto sgombrare il campo dai dubbi: “Continuo a vestire l’abito bianco soltanto per una questione di praticità. Lo porto in modo distinto da quello del Papa”. In effetti, se a un occhio profano Francesco e Benedetto possono apparire vestiti allo stesso modo, nella realtà le differenze sono sostanziali: Ratzinger porta la talare semplice, senza pellegrina né fascia.

LA LETTERA A KUENG

Nel messaggio inviato a Tornielli, poi, Benedetto chiarisce di essere “grato di poter essere legato da una grande identità di vedute e da un’amicizia di cuore al mio successore” e di aver effettivamente scritto al teologo Hans Kueng, il quale “ha citato letteralmente e correttamente le parole della mia lettera indirizzata a lui”.

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