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Ecco plausi e suggerimenti amerikani (non solo di D’Alimonte) a Matteo Renzi

È una partenza col botto, quella di Matteo Renzi, che a poche ore dal suo insediamento ufficiale a Palazzo Chigi e dall’investitura dei due rami del Parlamento, incassa un endorsement di peso.

A lodarne le idee e la grinta è stato ieri il Fondo monetario internazionale, che ha promosso il neo presidente del Consiglio: le proposte del governo sul lavoro – tra le quali ridurre le tasse e il cuneo fiscale “portano avanti le proposte scaturite nelle discussioni con l’Italia“, ha affermato il portavoce del Fmi, Gerry Rice.

Le parole dell’istituzione, a guida tradizionalmente europea ma con i piedi saldamente a Washington, sono solo l’ultimo dei segnali di apprezzamento – palesi o sottintesi – che provengono dal mondo americano nei confronti del segretario dei democratici.

A sottolineare la simpatia interessata che la Casa Bianca e molte istituzioni d’oltreoceano sembrano nutrire nei confronti di Renzi è stato nelle scorse settimane, proprio su Formiche.net, il saggista ed editorialista Lodovico Festa. Per il co-fondatore del Foglio l’ascesa dirompente del giovane presidente è ammantata di pressioni che hanno come obiettivo un attacco all’euro e all’austerità merkeliana imposta da Berlino a Bruxelles. Qualche spiegazione di questo disegno, per Festa, la si trova se si considera “il coté largamente angloamericano della “mossa” che ha come front runner Alan Friedman” che ha scosso il Quirinale.

D’altronde, suggerisce maliziosamente l’analisi dell’editorialista, tutti gli ultimi premier da Monti a Letta, graditi fortemente a Giorgio Napolitano, si sono dimostrati chi più chi meno incapaci di ridimensionare i progetti della Merkel. Per questo Washington potrebbe aver deciso di puntare tutto su Renzi.

E a conferma dell’appeal americano del leader del Pd – che negli ultimi anni con le sue convention ha portato elementi inediti per il panorama italiano nel modo di comunicare in politica – ci sono anche i consigli che il “renziano” Roberto D’Alimonte, professore ordinario di Sistema Politico Italiano alla Luiss, ha affidato martedì scorso alla platea presente al Centro Studi Americani di Roma per la presentazione del libro “La lezione di Obama” (Baldini&Castoldi), scritto da Stefano Lucchini con Raffaello Matarazzo, dove era presente anche l’ambasciatore Usa in Italia, John Phillips.

Riprendendo alcuni passi del tomo, D’Alimonte ha suggerito a Renzi di adottare gli accorgimenti di profilatura di elettori e simpatizzanti adottati durante le passate elezioni usando i dati di 34 milioni di cittadini dall’esperto al servizio di Barack Obama, Jeremy Bird (per rimanere in casa democratica) o dall’emergente Bryan Merica, per quanto riguarda il Partito Repubblicano.

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