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Vi spiego perché il vero Salva Roma passa dalla privatizzazione di Acea (e non solo). Parla Chicco Testa

Il governo guidato da Matteo Renzi ha dato oggi il via libera al provvedimento urgente per colmare il buco di bilancio nella Capitale. Il cosiddetto decreto Salva Roma era stato oggetto nella giornata di giovedì di un botta e risposta a distanza tra il sindaco Ignazio Marino, che aveva evocato il blocco della città qualora non vi fosse stato uno stanziamento immediato di risorse, e lo stesso premier, che aveva contestato i toni usati dal primo cittadino.

Il decreto alla fine è passato e la somma trasferita tra Commissario e comune di Roma rimane la stessa, ma le modalità sono poste in modo differente. “Non c’è trasferimento di denaro al Comune di Roma – ha spiegato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrioma somme dovute dal commissario che vengono anticipate per creare massa critica d’intervento. Accompagnata a questa c’è urgenza, necessità e obbligo di un piano di risanamento finanziario di aumento delle entrate dal comune di Roma“.

Parole condivise da Chicco Testa, manager, presidente di Assoelettrica e già presidente del consiglio di amministrazione di Acea del Comune di Roma, che in una conversazione con Formiche.net spiega perché il Salva Roma non può essere il solo modo per risanare le casse della Capitale, che per ridurre in modo strutturale il deficit deve puntare tutto su una riduzione della spesa corrente e la cessione delle sue partecipazioni nelle municipalizzate. A partire da Acea.

Testa, concorda con l’ipotesi del commercialista ed editorialista liberale Andrea Tavecchio – espressa in un’intervista del direttore di Formiche.net, Michele Arnese – di vendere il 51% di Acea per ripianare i debiti di Roma?
Sì, la considero un’ipotesi percorribile per una serie di ragioni e con le dovute considerazioni.

Quali?
Che non basta vendere il 51% della compagnia per ripianare il deficit di bilancio della Capitale, che è ben più grave. Acea è solo uno degli asset più facilmente vendibili in tempi brevi, perché si tratta di un’azienda quotata.

In caso di cessione meglio un’asta internazionale o andare a trattativa privata?
A mio avviso andrebbe svolta un’asta internazionale in cui si cede anche il controllo della società. È  il modo migliore per evitare che vada in mano a gente poco seria o che si facciano speculazioni se dovesse essere acquistata da gente che già possiede quote.

Si riferisce a Francesco Gaetano Caltagirone?
In questi giorni se ne dicono di tutti i colori, ma sono convinto che in caso si decidesse di vendere Acea, l’unico criterio da adottare sarebbe quello dell’offerta migliore. Anzi, le dirò di più. Caltagirone possiede una quota rilevante dell’azienda e non sono sicuro che sia a favore di una cessione a privati, che potrebbe paradossalmente ridimensionare la sua voce in capitolo.

Quando si parla di acqua si entra però in un campo minato. Cosa dire a chi si appella al referendum per l’acqua pubblica?
A loro dico che quella consultazione non riguardava la proprietà, ma le tariffe. Non si può favorire un azionista pubblico a scapito di quelli privati. Non siamo in un regime comunista. Comunque il Comune potrebbe mantenere una quota di minoranza del 5% ad esempio, che gli consenta di controllare cosa accade e dire la sua. Non capisco certe polemiche. In altri Paesi civilissimi come Usa e Francia, da tempo la gestione dell’acqua è in mano ad aziende private con ottimi risultati di efficienza del servizio.

Alla cessione è in ogni caso contrario il sindaco Ignazio Marino. Perché?
Perché è contraria la sua maggioranza, che si nutre di ideologismi. Per loro il privato è il nemico assoluto. L’imprenditore da combattere, il totem da abbattere secondo una concezione da vecchia sinistra. Non è un veto basato su dati, ma  ha a che fare con preconcetti.

Che cosa consiglia per le altre municipalizzate?
Credo che vada vagliata seriamente l’ipotesi di metterle tutte sul mercato, liberalizzando il mercato dei servizi. Sa quanto costa realmente la tariffa della nettezza urbana grazie alle politiche errate di questi anni? Marino ha detto trionfante che Roma non ha una discarica né un inceneritore. Anche per questo l’85% dei rifiuti viene smaltito fuori dal Lazio, con un costo extra di 30 milioni di euro. Abbiamo chiuso Malagrotta, ma smaltiamo nel Nord Italia.

Da cosa nasce questo ostruzionismo?
Si ha paura dei comitati e si inseguono ideologie. Senza tener conto di come queste inefficienze si scarichino sul debito pubblico, che poi porta a decreti come il Salva Roma. Aggiungo che trovo singolare che alcuni movimenti di contestazione come i 5 Stelle abbiano come unica ricetta per uscire dalla crisi il rilancio della spesa pubblica e contestualmente se la prendono con la “Casta” per la sua presunta inefficienza. Se è vero che vogliono contrastare la vecchia politica, dovrebbero farsi promotori di un processo di riforme che porti a ridurre i suoi spazi di controllo, che si trovano anche nelle tante municipalizzate come Acea.

Tornando al Salva Roma, come valuta le mosse di Renzi?
Mi pare che, con Marino, il presidente del Consiglio si sia comportato molto bene. Credo che il decreto su Roma abbia fatto bene ad essere condizionato a un piano sul rientro del debito, in cui auspico ricadano una cessione di asset e la riduzione della spesa corrente.

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