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Crisi Ucraina, da Pinotti e Pistelli parole molto sensate

Mentre scorrono dichiarazioni e parole infuocate sulla crisi in Ucraina, due posizioni ragionevoli sono emerse in Europa.

La prima è del governo tedesco, in particolare della cancelliera Merkel, che dopo vari errori di valutazione sul valore e la qualità politica delle proteste di Kiev ha di fatto aperto il dialogo con la Russia di Putin (finalmente!) proponendo sia la creazione di un ‘gruppo di contatto’ sia il coinvolgimento dell’Osce per trovare una soluzione politica compatibile con i principi comuni e la stabilità regionale.

La seconda è del governo italiano, in particolare del ministro della difesa Pinotti e del vice ministro degli esteri Pistelli, che hanno fatto appello alla “calma” perché esistono spazi negoziali politici e diplomatici.

Oggi a Bruxelles si svolge un vertice d’urgenza dei ministri degli esteri e difesa dell’Ue, e sarà in questa sede che Italia e Germania, pur con implicazioni diverse nella crisi, dovranno trovare la convergenza e la forza di opporsi decisamente alle bellicoso, quanto spuntate, contromisure che sono state proposte da Francia, Regno Unito, Canada e Usa.

Agitare un primario sentimento anti-russo è controproducente nel caso specifico dell’Ucraina ma rischia anche di mettere le premesse per una serie di conseguenze geopolitiche in Asia Minore, in Medio Oriente e in Nord Africa. Quindi, assecondarlo va contro gli interessi italiani ed europei.

La crisi ucraina nulla o poco ha a che fare con grandi ideali o pulsioni europeiste. Non si tratta di una tipica situazione che potrebbe rientrare nel quadro degli interventi ‘preventivi’ oppure di ‘ingerenza umanitaria’. Questo va detto con molta chiarezza a Bruxelles perché esponenti come il francese Bernard Henri-Levy hanno invece paventato un tale scenario.

L’opera distruttiva di questo agitatore di rivolte violente, poi mascherate da rivoluzioni colorate e primavere, produce gravi danni sin dal 1993, quando ha condotto all’intervento militare Nato nella ex Yugoslavia, ma anche, più di recente, in Libia, Egitto, e Siria. Quindi se il problema fosse ‘l’ingerenza’ che si inizi a fermare il suo primo teorico e propagatore mediatico, sostenuto dal ‘filantropo’ George Soros.

La crisi ucraina non può essere affrontata con onestà intellettuale se non si considera che:

a)  L’Ucraina è uno stato costituitosi come risultante di spartizioni e guerre, e trasferimenti forzosi di popolazioni, tra il 1918 e il 1954, nel quadro dell’Unione delle repubbliche sovietiche;

b)  Nella foga post-sovietica l’Ucraina ha ottenuto l’indipendenza nel 1991 senza affrontare i problemi pregnanti che la caratterizzano;

c)  Solo nel 1994 gli Usa, Regno Unito e Canada hanno firmato con la Russia un accordo per la de-nuclearizzazione dell’Ucraina nell’ambito del quale si faceva espresso riferimento alla sua integrità territoriale, che comunque non modificava lo status ‘speciale’ e l’autonomia della repubblica di Crimea, soggetto pre-esistente alla stessa Ucraina;

d) La popolazione dell’Ucraina è maggioritariamente russofona e la repubblica ucraina era necessariamente bilingue;

e) La repubblica di Crimea ospita installazioni militari essenziali, prima sovietiche ed ora russe, tra cui i sottomarini nucleari; Infatti, non a caso la Seconda Guerra Mondiale terminò con la Conferenza di Yalta, che è in Crimea;

f) L’80% delle forniture di gas russo all’Europa transitano attraverso gasdotti in Ucraina.

Quindi, appare chiaro che la Russia non possa che difendere le proprie installazioni militari in Crimea e che non possa se non avere il diritto di proteggere la popolazione russa e i diritto di quella russofona. Finora, la Russia non ha fatto altro che questo, anche dando asilo a 650000 profughi russofoni che hanno abbandonato le regioni occidentali dell’Ucraina e facilitando le procedure per l’acquisizione della cittadinanza russa a chi ne facesse richiesta.

Si deve “evitare l’escalation”, hanno ripetuto sia Pinotti sia Pistelli. Parole sagge e sensate che devono essere seguite da un’azione multilaterale e bilaterale di gestione politica della crisi. Sarà difficil che una baronessa britannica messa a capo della politica estera e di sicurezza dell’Ue, dopo essersi esposta incautamente con i rivoltosi, possa adesso gestire questa linea di buon senso.

Questo spiega il senso della proposta tedesca di creare un ‘gruppo di contatto’ e ci auguriamo che l’Italia vi giochi il ruolo di protagonista che merita.

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