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Ecco le verità non dette su come e perché è cresciuta la spesa pubblica

Spending Rewiew, atto quarto. Nelle slide presentate al Parlamento dal Commissario alla revisione della Spesa Carlo Cottarelli si passa dai tagli alle auto blu ai costi della politica, passando per le pensioni, le spese della difesa e le retribuzioni dei dirigenti pubblici. Una palingenesi dell’ordinamento recitata a soggetto da attori che non hanno altro metro di giudizio diverso dal proprio personale convincimento: è stato ben messo in evidenza che le “Proposte per una revisione della spesa pubblica (2014-2016)” sono avanzate in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione.

LE INCONGRUENZE

Sarebbero questioni politiche, di indirizzo di coordinamento tipico del Presidente del Consiglio dei Ministri, visto che come è stato affermato dallo stesso Cottarelli nel suo Piano di lavoro presentato al Comitato interministeriale per la revisione della spesa, “il fine delle attività dei Commissari alla revisione della spesa è la modernizzazione delle procedure e modalità di spesa delle amministrazioni pubbliche in modo da fornire servizi pubblici di alta qualità al più basso costo possibile per il contribuente”. A questo punto, non si comprende più a che cosa serva il Ministro della funzione pubblica.

LA CONFUSIONE

Il fatto è che, da quando è caduto il Governo Berlusconi, la confusione è cresciuta in modo esponenziale: dello stato della Pubblica amministrazione non si ha più notizia alcuna. Dopo la Relazione del Ministro per la funzione pubblica e l’innovazione Renato Brunetta, presentata al Parlamento con riferimento al biennio 2010-2011 c’è il vuoto. Eppure, la relazione deve essere allegata annualmente alla Relazione previsionale e programmatica. Dapprima questo documento è stato sostituito dal Documento di economia e finanza, poi è stato convenuto nell’ambito del Fiscal Pact di redigere annualmente un Piano Nazionale delle Riforme da concordare con la Commissione europea per raggiungere gli obiettivi del pareggio strutturale del bilancio e della riduzione di un ventesimo l’anno del debito pubblico eccessivo, ma il risultato è che non si sa più nulla di come funziona l’ammnistrazione: se la Riforma Brunetta abbia raggiunto o meno i suoi obiettivi, quali siano stati gli effetti del blocco del rinnovo dei  contratti per i pubblici dipendenti, della sterilizzazione degli scatti di anzianità, del raffreddamento del turn-over, degli interventi per ridurre l’assenteismo ed i distacchi. Non si sa se il piano di E-government 2012 sia stato realizzato o meno.

GLI EFFETTI DEL GOVERNO MONTI

Da quando è arrivato il Governo Monti, tutto è stato delegato ai Commissari alla spending rewiew ed all’Agenzia per l’Italia digitale. Sono tre anni che la politica si è trincerata dietro persone di grande reputazione e professionalità: prima Pietro Giarda, poi Enrico Bondi, quindi il silente Mario Canzio, infine Carlo Cottarelli.

DOCUMENTI EVANESCENTI

Purtroppo, però, i documenti disponibili sono pochi ed evanescenti. Vano infatti è cercare sul sito del Ministero dell’economia: del Commissario straordinario per la revisione della spesa non c’è traccia. Sul sito della Ragioneria Generale dello Stato compare solo la notizia che la Commissione tecnica per la finanza pubblica è stata soppressa dal decreto legge 112/2008. Niente risulta neppure sul sito della Presidenza del Consiglio: non viene neppure citato il Comitato interministeriale che è presieduto dallo stesso Presidente del Consiglio e che deve fornire indirizzi al Commissario straordinario per la revisione della spesa, secondo quanto stabilito dalle leggi 69/2013 e 98/2013. C’è solo, nel backoffice, il programma di lavoro proposto da Commissario straordinario, di cui ha dato conto un comunicato stampa del Ministero dell’economia il 15 novembre scorso.

Di preciso c’è solo il comma 427 dell’articolo 1 della legge di Stabilità per il 2014 in cui si prevede una riduzione della spesa per il 2015 di 600 milioni di euro che salgono a 1.310 milioni nel 2016 e nel 2017, già incorporati nelle proiezioni del bilancio pluriennale.  Niente risparmi per il 2014: la spending rewiew, secondo il Governo Letta, doveva dare i suoi risultati a partire dal 2015.

L’accelerazione sui tagli alla spesa è recente, come denota l’incertezza sulle cifre e l’approssimazione dei dati esposti nelle slides appena presentate al Parlamento dal Commissario Cottarelli: ad esempio, i risparmi sulle auto blu vengono sommati a quelli sulle consulenze e Co.Co.Co., forse dimenticando che quest’ultima fattispecie riguarda ormai soltanto i membri dei consigli di amministrazione. Si mettono insieme pere e mele, senza neppure chiarire quanto si incida sulle auto blu e quanto sulle consulenze.

LA VERITA’ NON DETTA SULLE RETRIBUZIONI PUBBLICHE

Serve una riflessione più profonda: le comparazioni fatte dal Commissario Cottarelli sulle retribuzioni dei dirigenti apicali delle pubbliche amministrazioni italiane, da cui si rileva che sono ben più elevate di quelle dei pari grado stranieri e di cui si auspica una consistente riduzione, trascurano le ragioni di questo trend retributivo che risale alla strategia della “privatizzazione del pubblico impiego” che è stata una precisa scelta politica degli anni novanta in poi.

SPESE E COSTI DELLA POLITICA

Si rimette in discussione solo un aspetto, quello banale delle spese e dei costi della politica, senza affrontare gli snodi di fondo, che sono tutti politici ed ordinamentali: la Riforma Bassanini, la istituzione di Autorità indipendenti e la modifica del Titolo V della Costituzione sono i pilastri della Seconda Repubblica, fondata sulle ceneri dei partiti di massa, travolti dagli scandali, dalle inchieste di “mani pulite” e dalla nascita di un bipolarismo prima inesistente.

IL BILANCIO CHE NON SI STILA

E’ il caso di tracciare un bilancio complessivo di quanto si decise di fare a partire dai primi anni 90. Primo: occorreva evitare che i politici finissero ancora in galera per aver firmato atti amministrativi. Servivano perciò dirigenti pubblici fiduciari dei vertici politici: quelli inamovibili perchè nominati a vita e con stipendi molto più bassi rispetto a quelli praticati nel settore privato, andavano rottamati.

CHE COSA E’ DAVVERO AVVENUTO NEI MINISTERI

Ogni nuovo Ministro, Presidente di Regione o sindaco avrebbe nominato i suoi dirigenti, scegliendoli anche nel settore privato o tra i fedelissimi di partito. A ciascun dirigente, con questa riforma, furono dati poteri mai visti prima: poteri di firma, poteri di spesa e poteri sul personale. Ciascun dirigente aveva in mano tutte le leve: i controlli preventivi esterni sugli atti vennero di molto ridotti, preferendo quelli successivi sui risultati: acqua fresca, visto che gli organi interni di vigilanza sono nominati dallo stesso vertice politico.

OSMOSI TRA PARTITI E ISTITUZIONI

I partiti di massa, con un tesseramento pagato in maniera più o meno illecita, non erano più sostenibili: mentre gli apparati e le sedi di partito deperivano a vista d’occhio, i costi delle istituzioni rappresentative si sono ingigantiti a tutti i livelli, con la lievitazione dei rimborsi, delle indennità dei contributi ai gruppi parlamentari e consiliari. I “costi della politica” non sono altro che la traslazione all’interno delle istituzioni, dal Parlamento alle Regioni, dalle province ai comuni dei costi prima sostenuti dai partiti; il proliferare di aziende, enti e finanziarie partecipate a livello locale è il frutto della necessità di moltiplicare le sedi di insediamento politico. Sono come le vecchie sezioni di partito e le sedi delle correnti.

PERCHE’ SONO NATE LE AUTORITA’

I poteri ministeriali più rilevanti sono stati ridotti a favore delle autorità indipendenti. Nel caso delle telecomunicazioni e dell’energia, il trapasso è stato pressochè completo: commissari decisi in Parlamento, con una lottizzazione politica evidente, si sono spartiti il ruolo dei ministri e dei sottosegretari di una volta. Di converso, i Ministri non firmano altro che atti politici mentre i sottosegretari non solo non hanno più nessun potere amministrativo, ma servono solo a presidiare il dibattito parlamentare.

GLI EFFETTI DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE

Il Titolo V della Costituzione ha formalizzato la soggettività di Comuni, Province, Città metropolitane, ampliando le competenze delle Regioni a discapito di quelle dello Stato, garantendo autonomia finanziaria, tributi propri e demanio, in maniera tale da rendere impossibile a qualsiasi governo nazionale di decidere davvero. Il bipolarismo è servito ad estendere il presidio dei partiti nelle istituzioni, nella pubblica amministrazione, nelle Autorità indipendenti. La frammentazione delle competenze tra i diversi livelli dell’ordinamento ha garantito finalmente a tutte le forze politiche potere, posti e strapuntini a volontà.

CONCLUSIONE

Inutile discutere dei tagli alla spesa pubblica facendo finta di scordarsi che dietro non c’è solo il potere dei partiti, ma benefici per tutti e quasi tutto. Faremmo come il marziano a Roma, alla disperata ricerca di una particina da marziano in una produzione finanziata da una società marziana.

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