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Così Mosca ha neutralizzato l’intelligence di Washington in Crimea

Nella guerra tra i servizi d’intelligence di Mosca e Washington per carpire in anticipo i rispettivi piani nella crisi ucraina ad avere finora la meglio è stato il Cremlino.

GLI SCONTRI DELL’INTELLIGENCE
Ieri il Wall Street Journal spiegava come “l’Amministrazione Obama è molto nervosa”, perché non è riuscita a prevedere che Vladimir Putin stesse per prendere la Crimea, annessa alla Russia con un’occupazione militare e un referendum improvviso. Un fallimento che, sottolineano fonti militari e dei Servizi citate nel pezzo, coinvolge prevalentemente l’intelligence Usa, capace di osservare l’ammassarsi delle truppe russe al confine con la Penisola – ufficialmente per un’esercitazione -, senza però riuscire ad “ascoltare” gli ordini e le comunicazioni interne di Mosca e anticipare così i piani del Cremlino.

LO ZAMPINO DI SNOWDEN?
Un boccone amaro e incomprensibile per Washington, che delle alte capacità di spionaggio ha fatto finora il proprio punto forte. Nel pezzo del Wsj, evidenzia oggi Daniele Raineri sul Foglio, è spiegato che “è come se i russi si fossero adattati alle tecniche di sorveglianza americane” della Nsa. Non è detto in modo esplicito, ma “il sospetto è che possa entrarci il caso del contractor Edward Snowden, che per primo ha rivelato la profondità delle intercettazioni americane nel mondo e ora è protetto da Mosca“.

I TIMORI DEGLI USA
Consci di questo improvviso tallone d’Achille, gli Stati Uniti avrebbero alzato il livello d’allerta. Washington e la Nato temono che Putin, forte di questo successo, stia preparando un’invasione nelle regioni russofone dell’Ucraina dell’Est e, forse, anche in quella moldava secessionista della Transnistria.
Paure ingiustificate per il Cremlino, che però vengono alimentate da azioni concrete, come la lettera inviata dalla Duma alla Polonia con la proposta di spartirsi il territorio di Kiev.

I PIANI DEL CREMLINO
Segnali che per molti analisti mirano a consolidare la presenza russa in Crimea, e non solo. Per raggiungere questo obiettivo, come racconta Anna Mazzone su Panorama, il premier Dmitri Medvedev avrebbe deciso di affiancare, allo strumento militare, un vecchio progetto, prima nazista e poi stalinista: la costruzione di un ponte sullo Stretto di Kerch, per collegare direttamente la terraferma russa alla Crimea, evitando di transitare dall’Ucraina. La realizzazione del ponte di Kerch “accelererebbe l’integrazione della Crimea al territorio russo e faciliterebbe i rapporti commerciali con Mosca e con gli altri Paesi caucasici, oltre a permettere un passaggio diretto e immediato di truppe e mezzi militari della Federazione dalla regione di Krasnodar alla Penisola“, con una proiezione ben diversa da quella attuale.

BOTTA E RISPOSTA
Ma l’intelligence e il dispiegamento di forze non sono gli unici campi sui quali Mosca e Washington si confrontano in queste ore. Da parte americana Barack Obamascrive sempre il Wsj -, a fianco delle sanzioni comminate negli scorsi giorni continua a promuovere, anche attraverso interventi legislativi sostenuti dall’ala repubblicana, la realizzazione di una nuova diplomazia energetica che permetta all’amministrazione Usa di muoversi in modo aggressivo per sfruttare i vantaggi delle nuove risorse di shale gas per ridurre le vendite di gas naturale russo, con l’obiettivo di indebolire nel futuro l’influenza di Mosca sull’Europa. Dal lato russo, invece, Putin – come svela il Financial Times – potrebbe colpire l’America su un punto delicato, l’Iran, facendo naufragare i negoziati sul nucleare. Tutto questo si intreccia con le ripercussioni che una chiusura dei rapporti tra l’Occidente e Mosca avrebbe sull’economia globale. Effetti, dicono gli addetti ai lavori, tutt’altro da trascurare.

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