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Tutte le priorità strategiche che Papa Francesco ha illustrato a Obama

Una buona indicazione delle priorità strategiche si ricava dalla prima esortazione apostolica di Papa Bergoglio, l’Evangelii Gaudium. I punti principali sono per le Americhe: no a un’economia dell’esclusione, alla nuova idolatria del denaro, a un denaro che governa invece di servire; no all’inequità che genera violenza; sfide delle culture urbane.

LA SFIDA DELLE MEGALOPOLI
Partendo dall’ultimo punto, non è difficile vedere come si tratti della versione evangelica di un “urban warfare”, nel senso che le megalopoli diventano terreno di sfida essenziale non solo per motivi di continuità evangelica (il nuovo luogo dei fedeli è una nuova civitas, la Gerusalemme celeste), ma proprio per il concentrato di diversità culturale e di sofferenza sociale quotidiana (esclusione, traffici, sfruttamento di minori, corruzione e criminalità). Le proiezioni demografiche mostrano che il numero complessivo dei cristiani sarà in calo in queste realtà ed in aggiunta in agglomerazioni come Tokyo, Bombay, Delhi e Lagos (le prime 4 per popolazione nel 2035, seguite da Città del Messico) dove i presidi culturali sono più piccoli.

IN CONTRASTO CON L’USO DELLA FORZA
Il secondo punto (inequità che genera violenza) sconfessa apertamente le dottrine politiche ed operative del “sicurezza innanzitutto”, entrate in voga con la guerra globale al terrorismo e mai veramente ridotte ed abbandonate, nemmeno da Obama il Buono, dopo un evidente calo di rilevanza del qa’edismo. È evidente che, sia pure non frontalmente, questo punto entra in contrasto con le politiche dei governi di Stati Uniti, Russia, Cina, Israele, Iran, Birmania, Eritrea, Mali, Messico, Colombia, Venezuela e Brasile che hanno cercato o stanno cercando di risolvere alcuni seri problemi interni con l’uso più o meno sistematico e diffuso della forza, con maggiori o minori carenze nelle politiche sociali d’inclusione.

I RILIEVI ALL’AMMINISTRAZIONE USA
A distanza è un rilievo importante ad alcuni caposaldi della politica di sicurezza interna ed internazionale che l’amministrazione Obama non ha voluto o potuto superare nell’affrontare l’eredità di George Walker Bush. I plan Colombia e Merida, le politiche di repressione dell’immigrazione irregolare, l’esplosione delle popolazioni carcerarie statunitensi, lo scarso controllo della diffusione di armi da fuoco sono aspetti poco visibili mediaticamente, ma che Obama ha ben presenti nella sua ansia d’incontrare il Papa adesso.

L’ASPETTO ECONOMICO
Il primo punto, dedicato interamente all’economia ed al suo spietato predominio, non è solo un chiaro attacco alla globalizzazione finanziaria ed al disastro della sua crisi, nonché alla forte ambivalenza dell’amministrazione Obama rispetto ai propri grandi elettori finanziari, è anche una dichiarazione di guerra a tutte le politiche di sviluppo che non tengono conto dei divari sociali e delle esigenze della persona umana. È facile immaginare come aspetti rilevanti delle politiche commerciali, educative, infrastrutturali e finanziarie di quasi tutti i G-20 e dei BRICS siano colpiti da questa forte critica.

IL BENE COMUNE
Simultaneamente il Papa favorisce invece una ricostruzione dello Stato, capace di riprendere il controllo dell’economia e di scongiurarne la dittatura totalitaria, ma in una veste completamente diversa rispetto alle tradizioni locali. Uno Stato che curi “la cura e la promozione del bene comune della società. Sulla base dei principi di sussidiarietà e di solidarietà, e con un notevole sforzo di dialogo politico e di creazione del consenso” (sempre dall’Evangelii Gaudium) in cui la gente e la sua cultura siano soggetti storico, non una classe o un élite.

COME IL VATICANO VEDE I CONFLITTI
Questa grande strategia non è meccanicamente no-global, anzi nei suoi punti argomentativi “L’unità prevale sul conflitto” e “Il tutto è superiore alla parte” è decisamente coscia del reale ed aperta ad un mondo globalizzato, ma non nel senso dell’imposizione di un modello unificante e monoculturale (la sfera globale che annulla), bensì in quello della confluenza di tutte le parzialità riconciliate. Questo è un’indicazione precisa di dove il Vaticano si colloca e collocherà anche nei confronti dei conflitti con le maggioranze o minoranze indigene.

Alessandro Politi è analista senior del CeMiSS (America Latina e Global Affairs)

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