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Mps, chi sono i tre uomini che hanno favorito il capolavoro di Antonella Mansi

Antonella Masi

L’uscita quasi integrale di Siena da Mps è stata salutata da tutti come un successo del presidente dell’Ente, Antonella Mansi. Ma chi ha davvero maneggiato e seguito nei dettagli questa operazione di successo, anzi questo capolavoro, per usare la definizione del presidente Mansi? Innanzitutto quelli della banca d’affari Lazard, che lo scorso ottobre la fondazione senese aveva nominato come consulente finanziario.

IL PIANO DI LAZARD

Lazard, e segnatamente l’ad per l’Italia, Marco Samaja, insieme al suo braccio destro Igino Beverini hanno contribuito non poco alla cessione delle quote per pagare il debito di 350 milioni a 12 banche creditrici. “L’interesse di banca e Fondazione è che gli acquirenti delle azioni siano investitori di lungo periodo, visto che chi entra si assume di fatto l’impegno a sottoscrivere l’aumento (di capitale da 3 miliardi previsto per il prossimo maggio 2014, ndr). Solo un investitore stabile, ma non bancario, renderebbe l’istituto autonomo”, così scriveva Fabrizio Massaro sul Corriere della Sera.

OBIETTIVO CENTRATO

La Fondazione, che fino a tre anni fa controllava il 50% di Mps, ora è al 5,5%, sotto BlackRock al 5,7% e mira ad arrivare alla ricapitalizzazione con il 2,5% ma stretta in un patto di sindacato con i due ultimi soci acquisiti, ovvero il fondo americano Fintech Advisory capitanato da un finanziere messicano (ecco il pezzo di Rossana Miranda) e dal gruppo finanziario sudamericano Btg Pactual Europe, capeggiato da un finanziere brasiliano, che hanno rilevato l’ultimo 6,5% al prezzo di 0,237 per azione.

IL RUOLO DI IMBERT E CREDIT SUISSE

L’incasso è stato il doppio della cifra necessaria a saldare il debito con le banche, tra cui figurano Credit Suisse e Mediobanca. E per salvarsi dopo la disastrosa acquisizione di Antonveneta a un prezzo “molto caro – come ha avuto modo di dichiarare Federico Imbert – anche se bisogna dire che lo scenario macroeconomico era molto diverso da oggi”. Imbert è coinvolto profondamente in tutta la vicenda, non solo perché in quanto numero uno di Credit Suisse in Italia è ai vertici di uno dei maggiori creditori ma anche perché per molti anni è stato advisor della Fondazione Mps. Il manager napoletano, 60 anni, è stato anche responsabile per l’Italia di JpMorgan “divenuto quasi una star ai tempi dell’opa su Telecom di Colaninno e poi banchiere di riferimento della filiera bresciana di Emilio Gnutti e molto vicino anche a Salvatore Ligresti”, ha scritto Mario Giordano nel libro “Sanguisughe”.

I BOCCONIANI DI LAZARD

Samaja e Beverini sono entrambi laureati con lode in Business administration all’Università Bocconi. Il primo ha oltre venti anni di esperienza nell’investment banking e ha debuttato in Deutsche Deutsche Bank, per poi passare a Banca Commerciale Italiana e nel 1996 a Lazard, di cui dal 2009 è responsabile per l’Italia e membro del board. Anche il suo braccio destro Beverini ha iniziato la sua carriera in Deutsche Bank, per poi passare in Banca Imi e nel 2002 a Lazard fino a diventare partner. È specializzato in M&A, special situation e ristrutturazioni ed a capo della consulenza in Restructuring and Capital Structure in Lazard Advisory.

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