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Ecco un bel piano per azzoppare Giamburrasca Renzi

‘’Non sa cosa fare con Renzi… Perché ha capito che ‘sto abbraccio mortale ci sta distruggendo, ma non sa come sganciarsi’’. Sono parole di Giovanni Toti, il consigliere politico di Silvio Berlusconi, carpite da un fuori onda durante una conversazione riservata con Mariastella Gelmini.

Ovviamente i due parlano dell’ex Cavaliere. Queste frasi smozzicate hanno fatto il giro delle agenzie e del web nella giornata di sabato e sono rimbalzate sui quotidiani domenica. Nonostante le messe a punto e le precisazioni successive da parte di Toti e Gelmini e dello stesso Berlusconi che ha voluto segnalare di non essere per nulla adirato, quelle brevi considerazioni conservano la spietata durezza della verità.

Matteo Renzi è ormai il solo protagonista della scena politica. Gli alleati di governo non esistono: c’è da dubitare persino che ai loro ministri sia permesso di prendere la parola in Consiglio. Il premier-ragazzino si incarica di svolgere tutti i ruoli, compreso quello di portare avanti, in tema di mercato del lavoro, riforme che mai un ministro di centro destra abbia osato proporre. Mi riferisco, in particolare, alla liberalizzazione del contratto a termine per la quale non esiste un solo osservatore in Italia che attribuisca quella misura alle richieste del Ncd o di Sc.

Quanto a Forza Italia, Renzi è attento a non logorare i rapporti costruiti con il patto del Nazareno, ma è fin troppo evidente che la piega che ha preso il dibattito elettorale e la riforma del Senato non gioca a favore di Berlusconi, soprattutto perché la sua disponibilità a sostenere Matteo Renzi – ribadita nell’incontro a sorpresa con Napolitano – non lo aiuterà ad ottenere la sola cosa che a lui interessa: un minimo di agibilità politica dopo il 10 aprile.

L’ex Cavaliere sa benissimo che – una volta rinchiuso ad Arcore – gli sarà consentito soltanto di portare a passeggio Dudù nel parco della villa, mentre assiste al declino inesorabile della sua creatura politica che corre acefala alle elezioni europee.

C’è il rischio che una parte di elettorato di centro destra si faccia catturare da quell’incantatore di serpenti che siede a Palazzo Chigi, per un motivo molto semplice che la sensibilità degli elettori moderati avverte a fior di pelle: ancor prima di distruggere il Paese, Renzi sta svolgendo il ruolo storico di demolire quel poco che ancora rimaneva della sinistra in Italia.

Berlusconi, però, ha capito, ‘’ma non sa come sganciarsi’’. Così, sabato, attraverso la consueta telefonata ad uno dei suoi club, ha provato a criticare la riforma del Senato (a nostro avviso inaccettabile), ma poche ore dopo ha innestato la retromarcia, tanto che Maria Elena Boschi (specchio del mio desiderio chi è la più bella di Montecitorio?) si è permessa di replicare, arrogantella, che da Forza Italia non verranno problemi.

Il più lucido della squadra a noi sembra essere Renato Brunetta che non perde occasione per attaccare l’attuale governo e il premier, perché è convinto che l’attuale gruppo dirigente del Pd deve essere disarcionato prima ancora che si installi stabilmente nella ‘’stanza dei bottoni’’ e non ne esca più per circa vent’anni.

I sondaggi per le elezioni del Parlamento europeo danno il Pd in forte crescita, praticamente senza competitori. Le altre formazioni della maggioranza sperano in un risultato di sopravvivenza, mentre Forza Italia non sembra in grado di continuare ad esistere e fare politica il giorno in cui il suo fondatore dovrà stare in silenzio.

Se dopo le elezioni sarà approvato l’Italicum nel testo votato dalla Camera, Renzi potrà dettare la linea ed andare ad elezioni politiche anticipate da cui uscirà vincitore da solo. Per impedire che tutto ciò si avveri c’è un unico modo: far saltare il banco subito dopo le elezioni europee e andare, appena possibile, alle urne per le politiche con quello scampolo di legge elettorale proporzionale indicata nella sentenza della Consulta. E piantiamola con la balla che sia urgente superare il bicameralismo perfetto, quando a sveltire il processo legislativo basterebbe una rigorosa riforma dei regolamenti parlamentari, senza dover scomodare la Costituzione.

La mossa converrebbe al M5S, a Forza Italia e ad altri partiti  minori, almeno per il  numero degli eletti. A quel punto, però, a togliere la poltrona da sotto il deretano di Renzi dovrà essere il kombinat Ncd-Udc-Popolari. Una sconfitta del premier-ragazzino sulla linea delle c.d. riforme (Dio ce ne liberi!) riaprirebbe i giochi all’interno del Pd, a favore del ritorno a galla di un gruppo dirigente forse meno giovane, ma più sperimentato.

Peraltro, nella scansione temporale che abbiamo prefigurato, il decreto Poletti verrebbe convertito (la  scadenza è fissata  entro  il 20 maggio). Si salverebbe così la sola cosa valida fatta da questo governo.

In fondo, anche un orologio rotto per due volte al giorno segna l’ora esatta.

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