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Ucraina, dieci menzogne raccontate dalla Russia sulla crisi

La situazione nelle aree orientali dell’Ucraina è tutt’altro che in via di risoluzione: è attualmente difficile comprendere l’evoluzione dei fatti, anche perché, come avevano già fatto venerdì, i manifestanti filo-russi hanno sfidato l’ultimatum lanciato dal governo centrale – la scadenza, per l’abbandono degli palazzi governativi di cui avevano preso il controllo nei giorni scorsi, era fissata per stamattina, ma niente si è mosso (anzi, nelle ultime ore a Sloviansk è stato occupato un terzo edificio).

Nel frattempo proseguono le attività delle diplomazie internazionali per impedire che l’escalation di proteste di quest’ultima settimana, si trasformi in spargimento di sangue – con il rischio ulteriore, dell’intervento armato delle truppe russe schierate appena oltre il confine.

La Russia, appunto, è al centro della vicenda, soprattutto perché secondo le accuse dell’Occidente, Stati Uniti in primis, sta conducendo una campagna di propaganda anti-Kiev, che fomenta le azioni dei manifestanti. Praticamente, niente di diverso rispetto al comportamento tenuto nella vicenda della Crimea di un mese fa: slogan che rimbalzano sui media, narrativa deviata, operazioni a contorno dietro le quinte, e si torna a parlare della presenza di agenti segreti e forze speciali, infiltrate tra i manifestanti – inviati, sotto il controllo del GRU (l’erede del KGB) per indirizzare e sobillare le proteste.

Così, mentre Kiev ha dichiarato lo stato di “anti-terrorismo” (aprendo all’intervento di forze speciali nel paese), e il vice segretario generale Onu per gli affari politici, Oscar Fernandez Taranco ha definito la situazione «più esplosiva che mai», l’ambasciatrice americana alle Nazioni Unite Samantha Power, durante la riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza tenutasi a tarda notte al Palazzo di Vetro, ha puntato apertamente il dito contro il bombardamento di propaganda che arriva da Mosca – «i media russi stanno diffondendo notizie da fiction» ha detto.

Ci sono dieci punti che descrivono questo comportamento, questa retorica, questa narrativa, che la Russia sta portando avanti da mesi – perfettamente contestualizzabili nelle vicende attuali.

1. Non ci sono agenti russi in Ucraina. Più di dieci agenti dei servizi russi, sono stati arrestati dalla polizia di Kiev nelle ultime settimane – molti erano armati al momento del fermo. Fin dai primi di aprile, l’intelligence ucraina aveva informazioni sulla presenza di individui mandati da Mosca che si trovavano a Kharkiv e a Donetsk, dove stavano impartendo istruzioni ai manifestanti, su come condurre le proteste, sulle tecniche per prendere il controllo degli edifici, su come e quali armi rubare dai depositi delle forze di sicurezza regolari. Le azioni del 12 aprile – con la presa di diversi edifici durante le proteste – sono state condotte con elevata precisione e professionalità: gli uomini che hanno fatto irruzione erano muniti di giubbotti antiproiettile, uniformi mimetiche del tutto simili a quelle russe (ma con le insegne rimosse), e soprattutto erano armati con fucili d’assalto AK-74 e di precisione Dragunov. Molti degli uomini di queste unità, portavano un nastro arancione e nero sulla divisa, analogamente a quelli gialli visti indossare da determinati elementi durante gli scontri di fine febbraio a Kiev – anche se in questo caso, però, si tratta dei colori che furono dell’Ordine di San Giorgio (storica onorificenza militare), narrativa nazionale della vittoria sui nazi-fascisti durante la Seconda guerra mondiale, e dunque possono essere maggiormente confusi con un simbolo. Le operazioni condotte, sono state comunque molto simili in tutto a quelle che interessarono la Crimea, tanto che alcuni utenti Twitter, hanno addirittura riconosciuto la presenza delle stesse persone tra gli uomini armati filo-russi.

2. La Russia parla di attivismo di base, simile a quello del Maidan. Le manifestazioni del movimento Euromaidan, che hanno accompagnato l’inizio della serie di violenze di febbraio, sono state inizialmente mosse da gruppi di studenti, pacifiche, spontanee. Questo che accade nelle aree orientali, sembra notevolmente diverso: a cominciare dal fatto, che in Russia si sta da tempo procedendo ad una campagna internet (su siti e social network) di reclutamento, per portare uomini in Ucraina. Molti di loro, secondo prove citate anche dal Dipartimento di Stato statunitense, sarebbero addirittura pagati per prendere parte alle proteste.

3. I separatisti godono del sostegno popolare. Non è così, o almeno non è così forte come fu per la Crimea. Il 65,7% dei cittadini di Donetsk – secondo sondaggi condotti a marzo dall’Institute of Social Research and Policy Analysis di Donetsk – vogliono vivere in un’Ucraina unita e fuori dalla sfera di controllo russa. Le manifestazioni hanno avuto dimensione limitata, e sono state volte più che altro all’ottenimento di obiettivi mirati – la presa degli edifici governativi. Non c’è paragone con la quantità di gente scesa in piazza un paio di mesi fa, mossa dagli Euromaidan.

4. Il rischio della guerra civile. Da Mosca si alza l’allarme, ma quello che sta succedendo non sarebbe mai accaduto se non si fossero messe di mezzo le campagne di disinformazione e le provocazioni russe – per primo l’ammassamento di truppe al confine. Come si diceva, il sostegno popolare non è stato forte – ragione per cui, per il momento, si può escludere un’escalation regionale degli scontri, che secondo gli osservatori Osce sono stati sporadici. Inoltre gli osservatori internazionali, hanno sottolineato che la reazione del governo di Kiev è stata misurata e controllata.

5 . La formazione della Repubblica Popolare di Donetsk. Secondo la Russia è stata una reazione all’autorità illegittima di Kiev – il Cremlino, infatti, non ha mai riconosciuto il governo transitorio attualmente in carica in Ucraina. Ma anche in questo caso, quello che Mosca vuol far passare come un gesto mosso profondamente dalla volontà popolare, è in realtà opera dell’azione di pochi individui separatisti. I membri delle istituzioni regionali, hanno invece espresso il proprio appoggio al governo ad interim.

6. La ritirata della truppe al confine. Secondo le dichiarazioni della Difesa di Mosca, sarebbe stato ordinato il ritiro delle truppe dalle aree di confine. Ma la Nato ha più volte dimostrato il contrario: l’ultima vicenda è legata alla diffusione delle foto ripresa dalla costellazione di satelliti Digital Globe. Secondo la Russia risalirebbero all’agosto scorso, periodo in cui in quelle aree era in corso un’esercitazione dei militari russi, ma l’Alleanza Atlantica ha diffuso altra documentazione. Si tratta di immagini risalenti ai primi mesi di quest’anno, in cui è evidente come l’ammassamento delle truppe sia proceduto durante le ultime settimane.

7. Il pericolo per i gruppi russofoni nelle aree orientali.  Contrariamente a quanto raccontato dal Cremlino – e dai media di stato – un sondaggio dell’International Republican Institute pubblicato il 5 aprile ha rilevato che il 74% della popolazione di lingua russa nelle regioni orientali e meridionali dell’Ucraina ha detto di “non essere sotto pressione o minaccia a causa del loro linguaggio”. Viceversa, in Crimea gli osservatori Osce hanno sollevato preoccupazioni per la sicurezza delle minoranze etniche ucraine e tatare, (A voler far polemica, si potrebbe dire che in giro per il mondo i russi più in pericolo sono proprio quelli che vivono in Russia e si oppongono pubblicamente al regime autoritario di Putin).

8. Torna di nuovo la narrativa sul nazionalismo che muove il nuovo governo. Un paio di giorni fa, il ministro degli Esteri russo Lavrov, ha detto che «i sentimenti antirussi minano l’Ue: e sono legati alla crisi Ucraina, e hanno sullo sfondo la crescita del razzismo e della xenofobia». Nell’esecutivo esistono di fatto quattro membri del partito di estrema destra Svodoba – i ministri della Difesa, dell’Agricoltura, delle Risorse Naturali e il viceprimo ministro Oleksandr Sych – su venti in totale. Ma come più volte è stato detto, dai sondaggi il loro peso politico è basso – uniti a Settore Destra, l’altra forza politica di destra radicale, non raggiungono il 3%. Invece, contrariamente a quanto raccontato da Mosca, il Parlamento è rimasto invariato dopo le proteste di febbraio: la Rada dunque, resta espressione delle votazioni popolari del 2012.

9. Le minoranze etniche, sono perseguitate dal governo fascista. Quasi a corollario del punto precedente, altro argomento legato alla presenza delle forze di destra nel governo. Ma tuttavia i leader delle comunità ebraiche, così come i tedeschi, i cechi e gli ungheresi che vivono in Ucraina, hanno tutti espresso pubblicamente il loro senso di sicurezza, dopo l’istituzione delle nuove autorità di Kiev.

10. La Russia non sta usando il commercio (energetico) come ricatto. Qualche giorno fa fu lo stesso Putin a rivolgere alla Gazprom un invito a non pressare troppo l’Ucraina. Ma è un doppio gioco, per non sembrare dall’esterno troppo diretto sul tema. In realtà dopo la presa della Crimea, la Russia ha aumentato dell’80% il prezzo con cui l’Ucraina paga il gas naturale, ha abrogato gli accordi energetici di Kharkiv (siglati nel 2010), ha minacciato di tagliare le forniture se Kiev non avesse pagato il debito di più di 10 Mld di dollari con Mosca, ha inviato missive a diversi paesi europei mettendoli in guardia sul rischio del blocco dei gasdotti come conseguenza del mancato pagamento ucraino. Inoltre, non solo il gas: la Russia sta procedendo ad una sorta di embargo dei prodotti ucraini, a cominciare da quelli alimentari (ricordarsi la storia della Roshen), che costituiscono la parte più consistente dell’export di Kiev, quasi esclusivamente indirizzato ad est.

Nel frattempo, proprio durante la stesura di questo pezzo, arriva un’ulteriore conferma del piano di sabotaggi e propaganda di Mosca. Il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov, avrebbe raccontato che l’ufficio comunicazione del governo, sta ricevendo migliaia di lettere – indirizzate personalmente a Putin – in cui si richiede un intervento russo diretto per risolvere la crisi nella aree orientali dell’Ucraina.

 

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