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Sagra di al-Qaeda in Yemen

Si sono radunati all’aperto, sotto la luce del sole – e sotto gli occhi dei droni – alcuni a volto coperto, gli altri non hanno avuto remore nel mostrarsi, decine di jihadisti yemeniti, appartenenti all’Aqap (al-Qaeda nella Penisola Araba, uno dei gruppi più attivi e pericolosi in giro per il mondo). Si sono riuniti, hanno ascoltato il leader Nasir al-Wuhayshi – ex secondo del comandante capo Anwar al-Awlaki, il cittadino statunitense ucciso in un raid aereo nel 2011 – lanciare le solite invettive contro gli Stati Uniti e l’Occidente e si sono filmati.

Il video caricato su Yuotube, è stato ripreso dalla CNN che l’ha definito il raduno «il più vasto e apparentemente pericoloso assembramento di terroristi islamici degli ultimi anni», e poi ha fatto il giro del mondo.

Polemiche, innanzitutto: perché quello che esce, al di là dei ridondanti e ripetitivi proclama, è la consistenza del gruppo – sembra si sia trattato di una festa di benvenuto per i fratelli liberati dalla prigione di Sana’a. E poi, di conseguenza, c’è il chiedersi come mai la Cia non ne fosse a conoscenza. Qui seguita la polemica – classica quanto le parole di al-Wuhayshi – sull’uso dei droni (e sull’efficacia dell’impiego di forze in campi così pericolosi, se alla fine sfuggono informazioni così parossistiche). I droni non lo sapevano, non potevano saperlo: i droni hanno ripreso il summit, i servizi e i contatti locali l’hanno bucato.

«Occasione mancata», dicono negli States. Anche – ma non solo – colpa delle lunghe procedure d’autorizzazione che richiede ogni Hellfire sganciato da un Predator. Limite operativo, inoltre, di una macchina aerea che non riesce certo a coprire interi scenari – servirebbe più informazione, più intelligence, più stivali a terra, forse.

Ma c’è dell’altro: perché tutto questo arriva in un momento in cui gli attacchi aerei da Uav hanno avuto un picco, negli ultimi mesi, particolarmente a marzo. E con il Drone program sotto revisione – il governo statunitense starebbe pensando a soluzione alternative, tra cui l’invio di aerei agricoli modificati AT-802. L’obiettivo dovrebbe essere quello di umanizzare le operazioni – e mai, come dopo il maxi-raduno sembra così necessario. Servono più uomini sul campo probabilmente, più informazioni, più contatti – e dire che ce ne sono, ricordarsi che nell’area, per interessi regionali, sono attivi anche i sauditi.

C’è un altro aspetto che indispettisce Langley; l’Aqap ha scelto di riunirsi – alla presenza di uno delle figure chiave – allo scoperto, e questo può significare solo una cosa: al-Wuhayshi e i suoi uomini non temono i droni, non temono l’esercito, conoscono il territorio. E ancora, peggio, quel territorio lo controllano. D’altronde se n’era già parlato tempo fa del fatto che la strategia adottata da Obama nello Yemen del sud, rischia di fare il gioco di al-Qaeda: erano i giorni successivi all’attacco sbagliato ad un corteo nuziale, e Reuters aveva pubblicato un reportage in cui la giornalista Yara Bayoumy raccontava che gli attacchi droni stavano producendo un’avvicinamento della popolazione all’organizzazione di al-Zawahiri.

A proposito di al-Zawahiri, c’è un altro pezzo importante che esce dalla vicenda che arriva dallo Yemen – la località esatta, è imprecisata. Sul finale, secondo quanto confermato a Formiche da fonti interne al mondo mediorientale, Wuhayshi avrebbe lasciato un messaggio di sostegno all’Isis (lo Stato Islamico operante in Iraq e Siria adesso in rotta assoluta con al-Qaeda). Si tratta soltanto di sostegno, ancora niente bay’aā (alleanza sotto l’ISIS), ma tuttavia è un altro colpo per Zawahiri – dopo quello dell’Aqim nel Maghreb – che potrebbe far capire al Dottore che serve un cambio di strategia, magari, come si parla adesso, verso un‘al-Qaeda light.

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