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Come e perché la Nato interverrà in Ucraina

Mentre si svolgono i negoziati di Ginevra, la Nato ha risposto alle provocazioni dei separatisti nell’est dell’Ucraina incrementando gli schieramenti alle frontiere con la Russia. Una minaccia che segue gli ultimi scontri tra l’esercito regolare ucraino e i ribelli filo-russi e a cui ha replicato oggi il presidente russo Vladimir Putin, avvertendo che “il governo di Kiev getta il Paese nel caos” e che si augura “di non dover intervenire” facendo ricorso all’uso della forza accordatogli dal Parlamento.

LE PAROLE DI RASMUSSEN
Pur non parlando ancora di un intervento militare vero e proprio, ieri il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, il danese Anders Fogh Rasmussen, ha annunciato che la Nato rafforzerà “nel giro di alcuni giorni” le difese aeree, navali e terrestri nell’Europa orientale, alla luce della crisi in Ucraina (qui il discorso completo).
L’Alleanza, ha spiegato Rasmussen, che a breve sarà sostituito dal norvegese Jens Stoltenberg, ritiene che data l’attuale situazione sia necessario rafforzare la difesa collettiva dell’alleanza, ed è quindi stato deciso di schierare “immediatamente” aerei nei cieli orientali, navi nel mar Baltico e nell’Est Mediterraneo, e uomini e mezzi sul terreno dei Paesi più esposti come Estonia, Lettonia e Lituania. “Pensiamo che a questo punto questi passi militari siano necessari per garantire la difesa collettiva dell’Alleanza – ha osservato il segretario generale – ma detto questo, continuiamo a sperare che le discussioni di domani (oggi per chi legge, ndr) a Ginevra possano preparare il terreno alla soluzione politica della crisi“.

IL TRISTE BILANCIO
La matassa per l’Occidente, che manterrà questa linea negoziale, va sbrogliata attraverso il ritiro delle truppe russe dalla Crimea e la revoca dell’autorizzazione che il Senato russo ha dato all’uso dell’esercito nel territorio di Kiev.
Ma Mosca potrebbe non essere d’accordo. Nelle ultime 24 ore, ha comunicato su Facebook il ministro degli Interni di Kiev Arsen Avakov, almeno tre persone sono morte e 13 sono rimaste ferite nel corso di scontri armati tra le forze di polizia ucraine e quelle dei filorussi scoppiati ieri sera e proseguiti nella notte a Mariupol, nella regione ucraina orientale di Donetsk. Successivamente è iniziata una operazione di rastrellamento, tuttora in corso, nella quale sono state fermate 63 persone e sequestrate armi, nonché mezzi di collegamento e telefoni di operatori russi. Sul posto sono stati inviati elicotteri e uomini dei reparti speciali Omega, riporta l’agenzia russa Interfax.

LA RISPOSTA DEL CREMLINO
Anche Vladimir Putin, con un diverso punto di vista, condanna quanto sta accadendo nell’est del Paese, negando lo schieramento di militari del Cremlino a Oriente e di avere qualcosa a che fare con le proteste filo-russe nella regione. “Le autorità ucraine – ha denunciato il presidente russo – portano il Paese verso l’abisso“. L’uso della forza contro il popolo nell’Ucraina dell’est, ha chiarito nelle frasi riportate dal Wall Street Journal, è “un altro gravissimo crimine“. “Spero tanto di non dove usare il diritto concessomi dal parlamento di impiegare la forza in Ucraina, spero tanto che la situazione possa essere risolta con mezzi politico-diplomatici“, ha aggiunto il leader di Mosca, ammettendo pubblicamente per la prima volta la presenza di militari russi alle spalle delle forze di autodifesa in Crimea allo scopo di ”garantire la libera espressione della volontà” in occasione del referendum e per evitare che la situazione degenerasse “come sta accadendo ora nell’est ucraino“.

LA STRATEGIA DI MOSCA E LA REAZIONE DELL’OCCIDENTE
La strategia di Mosca è chiara per il New York Times. In un commento, Andrew Higgins spiega che l’obiettivo del Cremlino è di puntare su un’Ucraina federale, non tanto per tutelare le minoranze russe che pure ci sono, ma per “smembrare il Paese” ed impedire che “entri nell’orbita dell’Europa“. Anche per questo Putin vuole trasmettere al mondo l’immagine di un Paese diviso e impotente di fronte a una situazione che non sa controllare e che potrebbe sfuggire di mano come in Crimea. Tuttavia, rileva l’Economist,  una reazione è obbligatoria e comporta anche un intervento della Nato. “Il costo per fermare l’orso russo ora è alto” commenta il settimanale britannico, “ma sarà maggiore se l’Occidente non farà nulla“.

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