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Tutti i buchi romani di Ignazio Marino (e non solo)

Pubblichiamo grazie all’autorizzazione di Class Editori un articolo di Tino Oldani uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi

Roma, con 2.654.215 abitanti, è la città più popolosa in Italia e la quarta nell’Unione europea. Purtroppo, è anche tra le peggio governate, tanto è vero che il Comune guidato dal sindaco Ignazio Marino (Pd) sta sprofondando nella totale ingovernabilità, e nonostante il recente decreto «Salva Roma» si trova ormai a un passo dal fallimento e dal probabile commissariamento. Per un quadro di sintesi, basta mettere in fila alcuni fatti recenti. Primo fatto: un’ispezione della Ragioneria generale dello Stato, durata tre mesi, ha appurato che i bilanci del Campidoglio sono stati sistematicamente falsificati per nascondere perdite colossali, addossate poi allo Stato, che, per evitare il fallimento del Comune, si è visto costretto a provvedimenti tampone. I sindaci colpevoli di avere truccato i bilanci? Walter Veltroni dal 2001 al 2008 (centrosinistra), e poi Gianni Alemanno (centrodestra) dal 2008 al 2013. L’andazzo è però continuato anche nell’ultimo anno, poiché – come scrivono gli ispettori – anche la giunta Marino ha messo in atto «i medesimi comportamenti registrati negli anni precedenti».

QUALI IRREGOLARITÀ

Tra le irregolarità accertate c’è solo l’imbarazzo della scelta: spesa corrente fuori controllo, pari a più di 900 milioni in cinque anni e sempre al di sopra delle entrate; contratti di servizio gonfiati fino a triplicare l’importo del 2007; premi e incentivi versati ai dipendenti comunali in spregio a ogni norma di buona amministrazione; assunzioni viziate da irregolarità e a beneficio di soggetti sprovvisti dei requisiti; stipendi doppi di quelli tabellari, elargiti soprattutto al personale di staff del sindaco. Per inciso: il Comune di Roma ha circa 60 mila dipendenti, di cui 25 mila fanno parte dell’amministrazione municipale e 31.338 sono occupati nelle numerose aziende municipalizzate. Una vera follia se si considera che il Campidoglio ha più dipendenti di una grande azienda come l’Enel, che ha 37 mila dipendenti in tutta Italia. Non solo: i 31 mila dipendenti delle municipalizzate romane sono pari all’85 per cento dei dipendenti di tutte le municipalizzate d’Italia (37 mila), e superano di 10 mila il totale degli occupati negli stabilimenti Fiat.

CLIENTELISMO DIFFUSO

Che si tratti di clientelismo diffuso, lo ha ammesso perfino il sindaco Marino in un’intervista recente: «Se mi dimettessi arriverebbe un commissario che farebbe a Roma esattamente quello che fa un commissario liquidatore di un’azienda, cioè la chiude. Dovrebbe licenziare il 50 per cento del personale, cioè 12.500 persone del Comune di Roma; dovrebbe licenziare almeno il 50 per cento di quello dell’Ama (rifiuti e ambiente), quindi altre 4 mila persone; dovrebbe vendere l’Atac (trasporti) ai privati dando ad essi il potere di mandare via il 50 per cento del personale amministrativo. E poi vendere l’Acea (luce, gas e acqua), consegnandola ai privati».

QUESTIONE DI BILANCIO

Nonostante questo quadro disastroso, la giunta Marino non riesce neppure a stilare il bilancio preventivo 2014. E siamo al secondo fatto, che purtroppo assomiglia sempre più a una farsa. Appena l’assessore al Bilancio, Daniela Morgante, ha presentato una bozza di bilancio all’insegna dell’austerità, con tagli di 150 euro agli stipendi dei dipendenti, aumenti tariffari a tutto spiano, raddoppio del gettito delle multe stradali e vendita degli immobili, immediatamente il sindaco l’ha sconfessata, prendendo le distanze. E poiché la Morgante ha tenuto duro (salvo dimettersi ieri), anche i colleghi assessori e il capogruppo Pd, Francesco D’Ausilio, l’hanno messa nel mirino, accusandola di «volersi fare passare per quella che combatte gli sprechi, mentre la politica se ne nutre. Una favola a cui nessuno crede». Insomma, una rottura clamorosa all’interno della giunta Marino, che potrebbe portare a una situazione di stallo, visto che il Pd romano non ha nessuna intenzione di presentarsi alle elezioni europee con il biglietto da visita di una stangata fiscale e tariffaria senza precedenti. Questa, semmai, arriverà dopo il 25 maggio.

RECUPERO BOLLETTE EVASE DELLA TARI

Nell’attesa, ecco emergere un terzo fatto: l’evasione massiccia della Tari (l’imposta per la raccolta dei rifiuti) da parte dei ministeri e delle tre maggiori università romane. Dopo anni di lassismo amministrativo, il Comune di Roma sta cercando di sopperire alle ristrettezze di bilancio con il recupero delle bollette non pagate. Così ha scoperto che tutti i ministeri, dalla Presidenza del consiglio in giù, vale a dire ben 70 sedi istituzionali, non pagavano da anni la Tari. L’arretrato è stimato pari a 20,5 milioni di euro. Il debito più elevato è del ministero dell’Interno: 2,8 milioni di euro. Davvero un pessimo esempio da parte del governo-debitore, ma anche del Comune, colpevole di grave inefficienza nella riscossione. Non è tutto. Dagli elenchi dell’Ama (l’Azienda comunale per l’ambiente), è saltato fuori che anche le tre maggiori università (La Sapienza, Tor Vergata e Roma Tre) non pagavano da anni la Tari, per un totale di 8 milioni di euro.

IL COSTO DEI MUSEI

La spending review in Campidoglio sta portando alle luce altre «perle». È di ieri la scoperta che gli otto musei di proprietà comunale (tra questi, la Galleria comunale di arte moderna, il Museo napoleonico, il Museo della Repubblica romana, Villa Massenzio, il Museo Canonica) costano 3 milioni l’anno, ma incassano appena 140 mila euro. Arrivare al pareggio con l’aumento dei biglietti, come ipotizzato nella prima bozza del bilancio di previsione 2014, è fuori dalla realtà: i biglietti sono già cari (6,5 euro), pari agli Uffizi di Firenze, e – come ha rivelato una dirigente – «molti turisti arrivano, chiedono il prezzo del biglietto, e se ne vanno, per non tornare mai più». Non si scappa: sul Campidoglio, dopo gli anni dei sindaci cicala Veltroni e Alemanno, e dopo che Marino si è dimostrato senza polso, incombono due parole tremende: commissariamento e licenziamenti. Ma per i contribuenti vessati, sarebbe una liberazione.

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