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Nessuno attenda la Verità dalla rimozione del segreto di Stato. Parla il generale Carlo Jean

Matteo Renzi l’ha preannunciato con l’enfasi di una svolta storica: il governo, con la piena condivisione del Comitato per la sicurezza della Repubblica, eliminerà il segreto di Stato su tutti i documenti relativi alle stragi e agli attentati che hanno costellato la vita pubblica dal dopoguerra agli anni Novanta. Un patrimonio di testimonianze che presto vedrà la luce per studiosi e cittadini animati dalla ricerca della verità su pagine oscure e misteri privi di risposta.

Per capire la reale portata dell’iniziativa Formiche.net ha sentito Carlo Jean, Generale di Corpo d’armata, presidente del Centro studi di Geopolitica economica, docente nella Scuola di perfezionamento delle Forze di polizia e nella Scuola superiore dell’Economia e delle Finanze. Già consigliere militare dell’ex Capo dello Stato Francesco Cossiga, lo studioso di strategie ed equilibri politico-militari esprime un giudizio improntato a disincanto e realismo.

Ritiene, come il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti Marco Minniti, che siamo in presenza della più grande opera di declassificazione compiuta nel nostro Paese?

Anche se non conosco i termini e le modalità con cui verrà portata a compimento, si tratta di un’opera molto importante. Tanto più in un’Italia storicamente portata a nutrire teorie del sospetto e tesi stravaganti sui misteri del passato.

L’Italia e le sue istituzioni sono pronte ad affrontare gli interrogativi e i traumi del passato?

La natura eterogenea e contraddittoria del materiale in possesso dei servizi segreti provocherà una grancassa politica e mediatica alimentata dalle convinzioni ideologiche. Ma accrescerà il livello di consapevolezza storica nel nostro paese. Per tutti coloro che attendono scoperte eclatanti sarà in ogni caso una delusione.

Perché?

Nei documenti non è contenuto lo scrigno della “Verità” e la chiave risolutiva per fare luce sulle pagine oscure della Repubblica. Nessuna scatola nera. A prevalere saranno le illazioni prive di certezza, come quelle sulle attività in Italia del Mossad o del Kgb negli anni della Guerra fredda. Tutt’al più emergeranno aspetti attinenti alla cooperazione dell’Italia con governi stranieri che fornirono notizie in merito ai legami fra Brigate rosse e terrorismo mediorientale. Conoscenze ottenute grazie all’attività di agenti infiltrati, la cui pubblicazione richiede accordi preventivi con gli Stati coinvolti. Altrimenti il nostro paese rischierebbe l’emarginazione internazionale.

Lo Stato renderà disponibile tutto il materiale di cui è in possesso?

Sì, tranne i documenti relativi agli ultimi due anni. È fondamentale non compromettere la sicurezza degli agenti attualmente infiltrati in gruppi terroristici o coinvolti nell’opera di liberazione degli ostaggi nelle mani di gruppi armati. Ragionamento analogo vale per gli appartenenti delle forze di polizia che agiscono sotto copertura nelle organizzazioni mafiose. 

La pubblicazione integrale dei documenti presenta rischi per la sicurezza nazionale?

Generalmente – penso agli Usa – il segreto di Stato è vincolato a un arco temporale di 25-30 anni. Lo reputo un periodo fisiologico e ragionevole per coniugare le diverse esigenze in campo.

Sul Corriere della Sera Pierluigi Battista mette in guardia da aspettative illusorie destinate alla frustrazione. Concorda?

Sì. È inutile attendersi rivelazioni clamorose che le strutture di intelligence non possiedono. Per loro natura e missione gli uffici dei servizi segreti formulano ipotesi e analisi spesso antitetiche. Peraltro, se quel materiale contenesse novità importanti, i politici lo avrebbero già trasmesso ai magistrati.

Esistono politici che hanno scientemente ostacolato la ricerca delle verità sulle stragi?

Negli ultimi anni no, visto il quadro politico estremamente frammentato della seconda Repubblica. Sarebbe stato sciocco, in altre parole, manipolare le informazioni per ostacolare la verità. Forse era plausibile ai tempi dell’immediato dopoguerra e negli anni Cinquanta, quando il nostro paese si trovava sull’orlo della guerra civile a causa della presenza di organizzazioni comuniste armate e dei massicci finanziamenti stranieri alle formazioni politiche italiane. Fenomeni ben conosciuti da personalità come Giulio Andreotti, Francesco Cossiga, Aldo Moro e Giovanni Spadolini.

Il segreto di Stato può essere ritenuto l’altra faccia della retorica dogmatica sulla “strage di Stato”?

L’invocazione del “doppio Stato” ha rappresentato lo strumento con cui il PCI ha tentato di proteggersi dal peso del comunismo internazionale, invocando l’intervento della CIA e le “oscure trame atlantiche” finalizzati a ostacolarne l’ascesa al governo.

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