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Decreto Poletti, vi spiego trabocchetti e sinistre ossessioni

A dire la verità ha ragione il ministro Giuliano Poletti quando sostiene che il suo decreto non è stato snaturato dalla Commissione Lavoro della Camera. Le modifiche ottenute da Cesare Damiano, quando non rappresentano foglie di fico per coprire vecchie ideologie (come la norma in cui si ripete il rito del primato del lavoro a tempo indeterminato) sono soltanto piccole trappole inserite sul percorso asfaltato che conduce alla liberalizzazione del contratto a termine per tutta la sua durata (misura che, fino ad ora, nessun governo aveva mai osato affrontare ed assumere).

La maggioranza, allora, ha traballato per motivi squisitamente politici. La sinistra del Pd, attraverso la rendita di posizione nella XI Commissione, ha voluto mandare un segnale a Renzi: “In materia di lavoro si tratta con noi”. E il governo si è ridotto a mediare tra le diverse componenti del Pd, come se le altre forze della maggioranza non esistessero. Quanto al Ncd: chapeau! Confido in altrettanta determinazione di questo partito allorché si affronteranno, a Palazzo Madama, quegli obbrobri istituzionali della legge elettorale e del superamento del Senato.

Un’ultima considerazione sul decreto lavoro nella lettura di Palazzo Madama. Pietro Ichino è stato nominato relatore. Farà sicuramente molto bene. Non vorrei però che al Senato, come mediazione, la maggioranza finisse per inserire nel decreto quell’oggetto misterioso del contratto a tempo indeterminato a tutela crescente che , per ora, era parcheggiato nel disegno di legge delega in una prospettiva di sperimentazione.

Se così fosse sarebbe stato più opportuno e conveniente risparmiarsi tutte le polemiche che sono state fatte sulla stesura approvata in Commissione Lavoro alla Camera e accontentarsi di quel testo che, con chiarezza, apriva la strada al contratto a termine liberalizzato per tutta la durata dei 36 mesi, magari con qualche zeppa inserita dalla sinistra Pd, ma senza i voli pindarici delle anime belle di quello stesso partito. Venenum in cauda.

Che la CGIL abbia impedito il rinnovamento del diritto del lavoro in tutti questi anni è sicuramente vero. Ma che oggi si debba tollerare che vengano compilate delle liste di proscrizione dei parlamentari provenienti da quel sindacato, mi sembra proprio una esagerazione.

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