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Elezioni in Iraq, il futuro passa dal petrolio

Il 30 aprile si terranno le elezioni parlamentari in Iraq. Con l’avvicinarsi della scadenza elettorale, il Paese ha dovuto fronteggiare una nuova ondata di attentati e attacchi. Purtroppo non si tratta di una novità. Negli ultimi mesi si è registrata un’escalation di violenze. Dall’inizio dell’anno i morti sono stati oltre 2.700. Le violenze dello scorso anno, secondo i dati delle Nazioni Unite, hanno causato 8.868 morti, il bilancio più sanguinoso degli ultimi cinque anni.

I temi della sicurezza, delle divisioni settarie e della lotta ad Al Qaeda sono in cima alla preoccupazione degli iracheni. Tuttavia, le politiche energetiche e la gestione delle immense risorse petrolifere sono questioni centrali delle imminenti elezioni. Il petrolio rappresenta una grande speranza per l’Iraq costretto ancora a fare i conti con violenze e stragi quotidiane. L’Iraq  ha riserve stimate in 143 miliardi di barili (il 9 per cento delle riserve mondiali) che ne fanno il terzo produttore al mondo dopo Arabia Saudita e Russia. I ricavi ottenuti dalla vendita di petrolio all’estero sono il principale canale per far arrivare valuta straniera nel Paese, soldi che serviranno per migliorare le infrastrutture e rilanciare l’economia.

Nonostante una serie di attacchi a grandi impianti e terminal petroliferi, a marzo la produzione di oro nero è arrivata a oltre 3 milioni e mezzo di barili al giorno (tornando ai livelli del 1989). A marzo, la russa Lukoil ha cominciato a pompare petrolio dal mega giacimento West Qurna-2 (uno dei più grandi del mondo, con riserve stimate in 14 miliardi di barili), nella zona di Bassora. Il governo di Baghdad spera che entro la fine dell’anno la produzione possa raggiungere i quattro milioni di barili al giorno.  “Sarebbe un traguardo straordinario, perché permetterebbe al governo di aumentare le entrate e attuare il suo programma di sviluppo”, ha detto il ministro del Petrolio, Abdul Kareem Luaybi. Nonostante queste buone notizie il nuovo Parlamento iracheno dovrà tentare di risolvere una delle questioni più importanti per il futuro del Paese: il rapporto con la regione del Kurdistan. I curdi hanno avviato lo sfruttamento e l’esportazione di petrolio verso la Turchia aggirando il controllo di Baghdad così da non versare denaro nella casse statali.

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