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Egitto, il terrorismo frantuma il turismo (e il pil)

Le forze di intervento jihadiste destabilizzano l’Egitto: un primo maggio di sangue e attacchi nella regione del Sinai preda del terrorismo. Ecco come la bomba politica (assieme all’isolamento dei moderati del Paese) può spezzare la catena economica del Paese che ha nel turismo la principale fonte di Pil.

TERRORISMO

Non bastavano le tensioni politiche legate alla contingenza elettorale con il generale Al-Sisi fresco candidato per il dopo Morsi: l’Egitto piomba nuovamente nel terrore per gli attacchi che hanno caratterizzato le ultime 48 ore nella regione del Sinai, dove due kamikaze hanno attaccato un checkpoint dell’esercito nella regione di El -Tour, uccidendo almeno un soldato. Allo stesso tempo un autobus turistico che trasportava lavoratori egiziani è stato preso di mira da un attacco non molto lontano dalla punta di diamante della meta marittima per eccellenza del Paese: Sharm El Sheikh. Almeno cinque persone sono rimaste ferite, ma il bilancio non è definitivo. Anche se gli attacchi non sono stati immediatamente rivendicati è chiaro che la pista terroristica legata a gruppi jidahisti è la prima opzione.

TABA

Proprio al confine tra Taba e Israele hanno avuto inizio gli attacchi all’indomani della rimozione del presidente Mohamed Morsi, avvenuta lo scorso Luglio 2013. In questa penisola di 60mila chilometri quadrati, incastonata tra il canale di Suez e Israele, la tensione non si placa. Lo scorso febbraio e per la prima volta dal 2006 alcuni turisti coreani sono stati uccisi da una bomba, contribuendo ad alimentare il timore di altri attacchi del genere e mettendo a rischio l’unica voce significativa del pil egiziano: il turismo sul Mar Rosso.

SANGUE

In quell’occasione l’attacco venne poi rivendicato da Ansar Al- Beit Maqdis, ovvero i sostenitori di Gerusalemme, uno dei gruppi jihadisti presenti nella zone del Sinai. Si tratta di formazioni da guerriglia che fino ad ora hanno concentrato i propri attacchi quasi esclusivamente su obiettivi israeliani e forze di sicurezza egiziane, e che al momento è l’unica realtà jihadista egiziana che ha inteso avvalersi di azioni spettacolari per rivendicare la propria azione politica e di destabilizzazione. Sostenitori di Al-Qaeda, non hanno mancato di indicare come leader l’egiziano Al- Zawahiri, il Leone del Sinai.

TENSIONE

L’attività terroristica nel Sinai dopo la rivoluzione del 2011, aveva beneficiato di una evidente destabilizzazione dell’apparato di sicurezza egiziano, con un sostanzioso aiuto dall’ingente flusso di armi proveniente da Libia e Sudan. Ciò, di contro, ha altresì rafforzato la cooperazione per la sicurezza tra Israele ed Egitto. Il 16 luglio 2013 infatti Tel Aviv ha dato il via libera alla distribuzione di veicoli blindati, elicotteri Apache e 5.000 uomini nella zona demilitarizzata del Sinai, compresa la zona di frontiera C di Israele, posta sotto il controllo della Forza multinazionale e osservatori (MFO). Tale autorizzazione si rese necessaria ai sensi dell’accordo israelo-egiziano del marzo 1979, con la quale Israele aveva ceduto il Sinai.

PIL

Ecco che il turismo interno per molti egiziani è sempre più un punto interrogativo, proprio in virtù dell’escalation armata. I numeri delle presenze turistiche fino al 2011 erano in costante crescita, con quasi 14 milioni di presenze, ma gli attentati hanno portato un calo netto del 30% con riverberi inevitabili sulla forza occupazionale. La paura, secondo quanto osservato da Theresa Breuer dalle colonne del Die Welt,  rende gli egiziani dei potenziali produttori di oppio dal momento che lo considerano una fonte di reddito certa.

twitter@FDepalo

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