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Chi è più effervescente tra Europa e Paesi emergenti

L’attuale situazione macroeconomica appare rovesciata rispetto a solo due anni fa. Se nel 2011-2012 i grandi capitali erano molto scettici circa le prospettive dell’Europa e puntavano con decisione sui mercati emergenti, ora si è arrivati a una situazione opposta, con un eccesso di ottimismo sul Vecchio continente e di pari passo un eccesso di pessimismo sui Paesi emergenti che stanno registrando significativi deflussi di investimenti stranieri. E’ quanto è emerso oggi dal sesto forum organizzato a Milano da Advantage Financial, presieduta da Francesco Confuorti, e dedicato all’economia e al commercio mondiale con uno sguardo di particolare attenzione per l’Africa, un continente con un tasso di crescita medio del 5% annuo circa e a cui dovrebbero guardare con sempre maggiore interesse le aziende italiane interessate a espandere le loro attività all’estero.

LE PAROLE DI BINI SMAGHI

“C’è un eccesso di ottimismo sull’Europa e un eccesso di pessimismo sui Paesi emergenti – ha spiegato l’ex membro del consiglio direttivo della Bce Lorenzo Bini Smaghi, attualmente in forze all’Università di Harvard – e c’è da chiedersi se questi due sentimenti siano giustificati rispetto ai fondamentali. L’impressione è che ci sia un overshooting soprattutto per quanto riguarda l’Europa quando si pensa che i tassi sui bond irlandesi a lungo termine sono ormai inferiori a quelli di paesi come il Regno Unito”.

L’ANALISI DI ANNUNZIATA

L’analisi di Bini Smaghi è stata condivisa dal capoeconomista di General Electric, Marco Annunziata, che ha sottolineato come mai in passato le banche centrali siano dovute rientrare da una manovra di stimolo tanto ampia e questo rende certamente difficile portare a termine il processo di normalizzazione senza scatenare tensioni finanziarie anche in mercati in apparenza lontani come quelli dei paesi emergenti.

L’ESPANSIONE AFRICANA

L’area dell’Africa Orientale, hanno sottolineato in particolare i relatori, ha registrato la maggior crescita economica del continente nel decennio 2010-2020 e conta ora su oltre 300 milioni di abitanti, la maggior parte dei quali parla inglese, è di età inferiore ai 21 anni ed è esperta delle nuove tecnologie. “In Africa Orientale – ha detto Mohamadou Niang, dell’African Development Bank – il costo del lavoro è un terzo rispetto a quello della Cina ed è in corso una nuova rivoluzione industriale che ha già attirato colossi come Microsoft, Google, Ibm, Tata, Honda e Toyota”.

LA VERSIONE DI NIANG

Un fatto poco noto, ha sottolineato Niang – secondo quanto riporta l’agenzia Radiocor Il Sole 24 Ore – è che i Paesi dell’Africa Orientale possono vantare in genere deficit e debiti molto bassi. “La percezione che continua a prevalere – ha spiegato – è che i Paesi africani siano schiacciati dai debiti ma non è affatto così. Anzi in genere le finanze pubbliche sono in condizioni decisamente migliori rispetto ad altre aree, con deficit attorno al 3% del pil, grazie anche alla forte crescita del commercio internazionale che ha raggiunto quota 1200 miliardi di dollari. In questo contesto l’Europa rimane il partner principale (con un interscambio quasi triplo rispetto a quello con gli Usa) ma sta crescendo la quota dei paesi asiatici e in genere dei Brics”.

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