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Il grido del Papa allo Yad Vashem e la condanna dell’antisemitismo

Terzo e ultimo giorno del Papa in Terra Santa, quello iniziato stamane con la visita al Gran Muftì di Gerusalemme, lo sceicco Mohammad Hussein. Dinanzi a questi che parlava di occupazione israeliana della Palestina (concetti che erano stati espressi appena ventiquattro ore prima da Abu Mazen), Francesco ha risposto andando col pensiero alla “figura di Abramo, che visse come pellegrino in queste terre”. Proseguendo, il Pontefice ha auspicato che “musulmani, cristiani ed ebrei riconoscano in Abramo, seppure ciascuno in modo diverso, un padre nella fede e un grande esempio da imitare”. Abramo, infatti, “è una persona che si fa povera, che accetta di lasciare la propria patria, è protesa verso una meta grande e sospirata, vive della speranza di una promessa ricevuta”.

IL PAPA AL MURO DEL PIANTO

Dalla Roccia, il Papa si è quindi recato al Muro occidentale del Tempio di Salomone, il Muro del Pianto. Ripetendo il gesto che aveva compiuto ieri davanti a un altro muro, quello che separa i territori da Israele, ha posato la mano destra per qualche minuto sulle pietre, pregando in silenzio. Come i suoi predecessori, ha inserito un foglio tra le crepe, contenente una preghiera per la pace. Infine, ha lasciato un messaggio tratto dal Salmo 122 sul Libro d’oro. In quel momento ha salutato e abbracciato i suoi due speciali accompagnatori giunti dall’Argentina, il rabbino Abraham Skorka e il direttore del Centro islamico di Buenos Aires, Omar Abboud.

MONTE HERZL E YAD VASHEM

Dopo la breve sosta al Monte Herzl, dove il Papa assieme a Shimon Peres e Benjiamin Netanyahu ha deposto un omaggio floreale a Theodore Herzl, il fondatore del movimento sionista scomparso nei primi anni del Novecento, è stato il momento della visita al Memoriale di Yad Vashem. Visibilmente commosso, Francesco ha prima seguito la rapida cerimonia accompagnata da un coro di bambini, quindi ha tenuto il suo intervento. Una sorta di preghiera, di domande rimaste per lo più senza risposta. “Dove sei, uomo? Dove sei finito?”, ha scandito il Papa, osservando che “in questa domanda c’è tutto il dolore del Padre che ha perso il figlio”. Un Padre che se “conosceva il rischio della libertà” e “sapeva che il figlio avrebbe potuto perdersi”, mai “poteva immaginare una tale caduta, un tale abisso”. Quel grido, il “Dove sei?, qui “di fronte alla tragedia incommensurabile dell’Olocausto, risuona come una voce che si perde in un abisso senza fondo”.

“DACCI LA GRAZIA DI VERGOGNARCI”

E ancora domande, poste lentamente: “Uomo, chi sei? Non ti riconosco più. Chi sei, uomo? Chi sei diventato? Di quale orrore sei stato capace? Che cosa ti ha fatto cadere così in basso”. Questo abisso – ha proseguito Bergoglio – non può essere solo opera tua, delle tue mani, del tuo cuore… Chi ti ha corrotto? Chi ti ha sfigurato?”. “Chi ti ha convinto che eri dio? Non solo hai torturato e ucciso i tuoi fratelli, ma li hai offerti in sacrificio a te stesso, perché ti sei eretto a dio”. E ancora, “Ricordati di noi nella tua misericordia. Dacci la grazia di vergognarci di ciò che, come uomini, siamo stati capaci di fare, di vergognarci di questa massima idolatria, di aver disprezzato e distrutto la nostra carne, quella che tu impastasti dal fango, quella che tu vivificasti col tuo alito di vita”. Mai più, Signore, mai più!”, è stato il grido finale. Successivamente, il Pontefice si è fermato a scambiare qualche parola con sei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti.

“I LUOGHI SANTI NON SONO MUSEI”

Atteso era anche l’incontro ufficiale con il presidente Shimon Peres, ormai prossimo alla scadenza del mandato. In tale circostanza il Papa ha ricordato che “i luoghi Santi non sono musei o monumenti per turisti, ma luoghi dove le comunità dei credenti vivono la loro fede, la loro cultura, le loro iniziative caritative. Perciò vanno perpetuamente salvaguardati nella loro sacralità, tutelando così non solo l’eredità del passato ma anche le persone che li frequentano oggi e li frequenteranno in futuro”. Ecco perché, Francesco ha auspicato che “Gerusalemme sia veramente la città della pace!”.

“RISPETTO PER LA LIBERTA’ E LA DIGNITA’ DI OGNI UOMO”

Ma – come aveva detto nelle tappe precedenti del viaggio – la pace non si compra né è in vendita: “La costruzione della pace esige anzitutto il rispetto per la libertà e la dignità di ogni persona umana, che Ebrei, Cristiani e Musulmani credono ugualmente essere creata da Dio e destinata alla vita eterna”. E’ questo il punto di partenza per “perseguire l’impegno per una soluzione pacifica delle controversie e dei conflitti”.

“RESPINGERE CON FERMEZZA OGNI FORMA DI ANTISEMITISMO”

Chiaro è stato il vescovo di Roma anche quando ha ribadito come vada “respinto con fermezza tutto ciò che si oppone al perseguimento della pace e di una rispettosa convivenza tra Ebrei, Cristiani e Musulmani: il ricorso alla violenza e al terrorismo, qualsiasi genere di discriminazione per motivi razziali o religiosi, la pretesa di imporre il proprio punto di vista a scapito dei diritti altrui, l’antisemitismo in tutte le sue possibili forme, così come la violenza o le manifestazioni di intolleranza contro persone o luoghi di culto ebrei, cristiani e musulmani”.

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