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Il Centrodestra non è stato sconfitto perché non esiste

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di Gianfranco Morra apparso su Italia oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

La Prima repubblica saltò nel 1994. Era andata avanti per quasi mezzo secolo con un «bipolarismo imperfetto»: Dc sempre al potere, Pci sempre all’opposizione (fattore K). Finì male, in galera (tangentopoli). Poi, per vent’anni, abbiamo avuto un bipolarismo della rissa, tra i seguaci di Berlusconi e i suoi oppositori. Con esiti disastrosi: nessuna riforma, aggravamento della crisi economica. Nel 2013, anche questa Seconda repubblica è saltata, il sistema è diventato triadico: Pd, Pdl, 5 Stelle. Le elezioni europee di domenica lo hanno orientato verso un nuovo bipolarismo. Una delle persone della Trinità è un ricordo in via di dissoluzione, le altre due si contendono il potere, con metodi diversi: Renzi e Grillo, il primo ultravincente con una cifra che solo la Dc era riuscita a raggiungere.

Perché l’Uomo Normale ha sconfitto i due Superuomini? In primo luogo perché non è mai stato comunista, mentre lo erano stati D’Alema, Veltroni e Bersani (Prodi nel 1996 vinse per la stessa ragione). E di Renzi i votanti hanno apprezzato le qualità: attivismo e concretezza nella moderazione; non senza un tocco di entusiasmo, di cui un paese abbacchiato ha tanto bisogno. Il responso dell’elettorato è chiaro: i partiti-padroni debbono trasformarsi in partiti-servizio, la giustizia sociale deve favorire non escludere l’iniziativa, burocrazia e sindacati vanno ridimensionati, le riforme non siano allodole elettorali, bisogna farle sul serio, l’Europa e anche l’Euro ci possono stare, ma non come sono ora.

Sconfitta la destra? In nessun modo, come si fa a sconfiggere ciò che non esiste? Per la destra democratica nella nostra Repubblica non c’è mai stato spazio. Prima è stata ghettizzata come neo-fascista, anche quella che non lo era; poi nacque dal nulla un partito, che si disse di «destra», ma difendeva gli interessi di un Capo, che ha impedito la nascita del nuovo, convinto di essere il Nuovo perenne; ora è ridotta a piccoli manipoli di esodati, ondeggianti sulla linea di confine tra il «fuori» e il «dentro».

Siamo ancora lontani dal modello europeo, che è quello di due partiti prevalenti, entrambi riformisti, ma con progetti diversi. Eppure ci vogliono entrambi, il cuore della democrazia ha bisogno della sistole e della diastole: cioè di un bipolarismo che rispetta l’alternanza democratica, garantisce stabilità di governo e sa rispondere alle crisi (vedi Germania). L’Italia ha bisogno non solo di una sinistra riformista, del tutto lontana da utopie rivoluzionarie o da egalitarismi selvaggi, ma anche di una destra democratica, che unisca tradizione e meritocrazia, senza essere insensibile alla solidarietà. Alloggiati nello stesso palazzo della democrazia, la prima privilegia l’eguaglianza e la giustizia distributiva, la seconda la libertà e la meritocrazia, ma nessuna delle due linee manca dell’altra, perché, come scriveva Einaudi nelle sue Prediche inutili, «gli uomini dei due partiti sono avversari, ma non nemici; entrambi rispettano l’opinione altrui e sanno che vi è un limite all’attuazione del proprio principio».

Renzi ha vinto perché è stato capace di costruire la prima, un progetto di democrazia sociale, che l’elettorato ha mostrato di apprezzare. Anche se la sua linea è insidiata da residui del comunismo dentro il Pd ed esposta alle vendette dei cugini oltranzisti «traditi», il risultato elettorale, che ha premiato Renzi oltre ogni previsione, la rafforza e difende. Berlusconi e Grillo parlavano di lui come di un impostore, in quanto privo di legittimazione popolare. Ora l’ha avuta, eccome!

Quanto alla destra, è morta prima ancora di nascere: Fi corre verso una sola cifra, il Nuovo centrodestra ha superato di pochi millimetri l’asta della rappresentatività, gli ex-camerati dei Fratelli d’Italia (a differenza della sinistra movimentista di Sel-Tsipras) sono rimasti fuori della porta. Si sperava che le elezioni politiche dello scorso anno e quelle europee di domenica avrebbero sancito la nascita di un compiuto sistema partitico europeo. Non è accaduto: il nuovo bipolarismo è fra due sinistre.

La crisi epocale e l’interregno continuano. Ma intanto l’elettorato comincia a capire che la polemica distruttiva contro tutto e tutti appartiene alla psicopatologia, non alla sinistra; e che un partito gestito autoritariamente dal suo proprietario e destinato alla successione dinastica non ha molto in comune con i valori della destra democratica.

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