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Una Leopolda di Centrodestra? Bella ma impossibile idea

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

La proposta di organizzare una “Leopolda del centrodestra” avanzata nei giorni scorsi da Lorenzo Castellani su Formiche.net – è una brillante provocazione.

Condivido l’obiettivo strategico di costruire un’alternativa al centrosinistra socialista-democratico, ma mancano una “comune visione” che contrasti chi oggi occupa abusivamente il “campo di gioco”, che è tutto da demolire e ricostruire dalle fondamenta, e i potenziali storyteller che possano incarnare il nuovo messaggio.

Provo ad approfondire le obiezioni che ho proposto, come stimolo al dibattito e senza voler tarpare le ali di un’idea suggestiva.

Oggi, in Italia, si auto-definisce “centrodestra” un’accozzaglia che non è altro che il fronte “lepenista” che si è affermato in Francia. Fratelli d’Italia e Lega Nord hanno fatto dell’antieuropeismo spinto, del nazionalismo, della lotta all’immigrazione (anche a quella legale, regolata e controllata), di una politica protezionista in economia e “putiniana” in politica estera, la cifra distintiva del loro messaggio. E’ ormai chiaro a tutti, inoltre, che il futuro politico di Forza Italia non può sganciarsi dal destino del suo “cavaliere dimezzato”.

Forza Italia assomiglia sempre più a Fidesz di Orban in Ungheria, e con FDI e Lega Nord assommano quel 25% di consensi che Marine Le Pen ha ottenuto in Francia alle elezioni europee. Esiste, quindi, in Italia una destra nazionalista e reazionaria, non un centrodestra che sia fondato su moderni valori repubblicani, liberali, riformatori!

Gli elettori – sempre meno – seguono ancora Berlusconi sperando che un ennesimo colpo di teatro sappia rivitalizzare i “moderati”, che tali non sono più da anni in verità.

Il colpo di teatro non verrà più, e anche se dovesse “scendere in campo” un familiare di B. – più Barbara, che Marina – la “dinasty all’italiana” assumerebbe i contorni della farsa.

Bisogna scrivere una nuova sceneggiatura.

La più importante urgenza che dovremmo, quindi, sentire dovrebbe essere quella di costruire un nuovo pensiero politico, che non sia la riedizione di passati che creano incomprensioni e che non possono più tornare – la Thatcher, Giscard d’Estaing, la DC in base ai gusti – ma che interpreti lo spirito (ben oltre quello “del ’94”, che si è rivelato effimero nei risultati) con cui gli esempi di cui parlo hanno svoltato rispetto al passato.

Tutti hanno proposto una “idea della società” che fosse un progetto di vita per la persona come individuo e per i cittadini come collettività. Questa è un’ambizione politica degna di essere definita tale!

Si sente spesso parlare di come la rivoluzione tecnologica e la globalizzazione influiscano sulle nostre vite, di come si siano modificati i valori delle società contemporanee e dei suoi individui, ma raramente (mai in realtà) assistiamo a una politica che indichi il futuro con analisi originali e torni a svolgere il suo ruolo di guida dei cittadini.

Manca soprattutto il coraggio di pensare in modo differente rispetto al mainstream. Il superamento dello stato sociale, l’attualizzazione delle politiche liberali per un nuovo modello economico, il perfezionamento della democrazia e delle istituzioni democratiche, l’Europa e il suo futuro, sono solo alcune delle questioni di cui dovremo occuparci.

Qui veniamo alla Leopolda.

La Leopolda, da cui Renzi ha iniziato il suo spregiudicato e vincente percorso verso Palazzo Chigi, ha avuto un merito: sottolineare l’esigenza di un cambio generazionale. Tuttavia, per il resto è stata “solo” (cosa necessaria, ma non sufficiente) una brillante operazione di marketing politico, che ha ampliato il consenso attorno a lui e ha costruito una rete di relazioni utile a legittimarlo come leader nuovo della sinistra di Governo.

L’operazione è riuscita perfettamente, ma è mancata la capacità di elaborare una nuova proposta culturale e politica che superasse la socialdemocrazia e i suoi paradigmi, se non scimmiottando la “terza via” di Blair. Non possono bastare gli 80 euro, qualche critica (spesso di facciata) ai sindacati, qualche richiamo alla cultura pop, molte promesse di fare riforme di cui tutti parlano da decenni, per rappresentare una innovazione duratura, che diventi “senso comune”.

Renzi è debole culturalmente ma gode di consenso perché comunica efficacemente un messaggio di speranza (questa è la sua lezione!), ma non vedo in lui la giusta ambizione di cambiare radicalmente e in profondità la cultura di una società allo sbando.

E’ evidente che allo stato attuale non ci siano le condizioni per replicare nel centrodestra il “modello-Leopolda” usato per scalare il Partito Democratico. La “Leopolda del centrodestra” ad ora non si può fare perché mancano “campo di gioco” e leader. Ma, in aggiunta, per la debolezza strutturale del pensiero che (non) ha prodotto, non penso neanche che sia auspicabile “sognare” di fare un’operazione di quel tipo, scimmiottando Matteo Renzi.

Abbiamo bisogno di obiettivi più ambiziosi di una (forte? Lo vedremo alle prime difficoltà…) rete relazionale che sostenga nuovi giovani leader! Possiamo e dobbiamo puntare più in alto!

Sono certo che se sapremo coinvolgere persone competenti, amministratori locali generosi e radicati, giovani che vogliano costruire una nuova “società politica” seria (ma non seriosa, perché la leggerezza è importante), la politica potrà tornare a essere “scienza del buon governo”, e non sarà stata, invece, solo “arte della conquista e della conservazione del potere”.

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