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Così la Chiesa cattolica è stata emarginata in Parlamento

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di Sergio Soave apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

La votazione della Camera che a larghissima maggioranza ha approvato la riduzione dei tempi che debbono intercorrere tra la separazione e il divorzio ha suscitato poco interesse perché era stato preceduto da poche polemiche. Le critiche delle associazioni cattoliche non avevano ottenuto udienza nei grandi organi di stampa e l’opposizione dei vescovi non ha avuto influenze visibili sul comportamento dei parlamentari. Invece l’avvenimento, indipendentemente da come si giudichi la norma specifica, che diventerà legge dopo l’approvazione che appare scontata del Senato, merita una riflessione.

L’ATTEGGIAMENTO DEL PASSATO

Fino a pochi mesi fa nel Parlamento italiano sulle questioni considerate rilevanti dalla chiesa sotto il profilo morale scattava un sistema di difesa che vedeva le minoranze cattoliche delle formazioni di maggioranza collegarsi con le opposizioni per esercitare di solito con successo un’azione di blocco o almeno di freno permanente delle scelte considerate «laiciste». Era la conseguenza di una scelta operata a monte, ai tempi in cui la presidenza dei vescovi era esercitata dal cardinale Camillo Ruini, che puntava a presenze cattoliche caratterizzate all’interno di tutti gli schieramenti. Col tempo, però, questo meccanismo si è inceppato: i settori più legati alla gerarchia sono stati emarginati o si sono esclusi del Partito democratico, poi quelli di ispirazione cattolica più esplicita si sono separati da Forza Italia confluendo soprattutto nel Nuovo centrodestra. Così si è affermata una egemonia laica (e talora laicista) all’interno delle maggiori formazioni politiche, mentre l’influenza cattolica esplicita è stata confinata (e si è confinata) in formazioni minoritarie ai margini dei raggruppamenti più numerosi.

UN COINVOLGIMENTO DIFFERENTE

Le tematiche tradizionali, a cominciare da quella della famiglia, paradossalmente, appaiono oggi più centrali di ieri, ma vengono trattate quasi esclusivamente sotto il profilo sociologico o economico, che sono senza dubbio assai rilevanti, mentre quello che attiene al valore morale e spirituale, quello più intimamente legato a una visione umanistica di ispirazione cristiana, finisce sullo sfondo. Non si tratta di computare l’influenza elettorale della Chiesa, che è naturalmente variabile, ma la sua influenza in un dibattito culturale e antropologico, nel quale ha avuto accenti di originalità e spazio di convinzione anche pochi anni fa, per esempio nella discussione sulla fecondazione artificiale, e che ora appare appannata e sopravanzata da un moralismo generico, nel quale si disperdono e si confondono i connotati specifici di un approfondimento delle tematiche più delicate del rapporto tra persona e società che sono una delle componenti storicamente più rilevanti della specificità culturale italiana.

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