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Leopolda Blu e primarie. Il Nuovo Centrodestra si smarchi da Renzi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Anche il comandante del Titanic, il saggio Capitano Edward Smith, di fronte all’avvistamento dell’iceberg tentò di virare la sua nave. Era ormai troppo tardi e finì come tutti sappiamo, ma un tentativo lo fece.
C’è chi invece finge di non vedere l’iceberg e non capisce che gli elettori si sono già espressi sulla rotta. Il “capitano” Alfano è ancora in tempo per virare e dare una svolta nel centrodestra, ma la svolta dovrà essere data con un gesto forte e deciso che non metta in discussione il suo senso di responsabilità.

Uscire dall’esecutivo di Matteo Renzi, senza consegnare il Paese ad una nuova campagna elettorale e al caos del proporzionale puro potrebbe essere un buon primo passo.

Scendere dal Viminale per condizionare maggiormente l’azione del governo dall’esterno e imporre dei paletti irrinunciabili, dei veti, nell’agenda dell’esecutivo potrebbe essere una buona strategia.

Gli elettori hanno un solo voto a disposizione e hanno dimostrato che quando vogliono votare per il governo votano per Renzi, quando vogliono votare per l’opposizione votano per Berlusconi o per Grillo, senza lasciare troppo spazio a quarte o quinte opzioni.

I meriti della stabilità e dei successi del governo Renzi li incassa solo ed esclusivamente l’ex sindaco fiorentino ed è questo l’iceberg sulla rotta di Alfano. O condiziona in qualche modo la maggioranza e si rende protagonista di una iniziativa autonoma che gli possa permettere di assumere una identità propria nello scenario politico, oppure sarà condannato a restare una stampella prona al governo.

Da quando Renzi è a Palazzo Chigi non mi è sembrato di sentire nessuno del Nuovo Centrodestra battere con forza i pugni sul tavolo, ma ho assistito sempre a prese di posizione banalmente appiattite, tanto che talvolta ascoltando trasmissioni televisive senza guardare lo schermo, non capivo se a parlare vi fossero esponenti del Pd o del Ncd. E questo è un pessimo segnale.

Se il condizionamento dell’agenda politica non avviene e un magrissimo 4,38%, non sufficiente neanche a raggiungere lo sbarramento previsto dall’Italicum, è un risultato da cambiare, basta cambiare la strategia. E per cambiare la strategia basta ammettere gli errori, frenare i motori e modificare la rotta, proprio come ha fatto il valoroso capitano Smith.

Pensate cosa fosse avvenuto nella storia se il buon Smith, alla vista dell’iceberg avesse detto: ‘va tutto bene così, anzi aumentate la velocità’. Probabilmente non saremmo qui a ricordarlo come valoroso.

Si è valorosi a prescindere da una vittoria o una sconfitta, se hai appena perso una guerra o fatto affondare il più grande transatlantico della storia. Il valore di una azione non sta nel suo esito ma nel coraggio del gesto.

Si trovi una linea, si identifichi un target elettorale come Berlusconi ha fatto con i padroni dei cani e poi si elabori una strategia fatta di battaglie, un programma di incontro-scontro con la maggioranza e con le altre forze del centrodestra.

I risultati elettorali hanno dimostrato che c’è nel Paese una vasta area moderata che, sebbene divisa, riesce a raccogliere il consenso di un elettore su tre. Ma avere 4 partiti diversi con programmi opposti crea troppa confusione nell’elettorato.

I moderati, visto che il centrodestra non poteva vincere queste europee, hanno preferito utilizzare il proprio voto per partecipare al ballottaggio tra Grillo e Renzi. In quello stesso giorno si è votato per migliaia di amministratori locali e quasi ovunque il Nuovo Centrodestra, Forza Italia, la Lega e Fratelli d’Italia hanno trovato un accordo, raccogliendo molti più voti di quel 30% di consenso delle europee.

Nelle città, nei paesi e in molte regioni la gente del centrodestra governa insieme e ogni mattina affronta le stesse identiche battaglie trovando una quadra su tanti provvedimenti concreti.

In 20 anni di bipolarismo si è anche creato un fenomeno di polarizzazione dell’elettorato che ha portato gli elettori a schierarsi più con una parte che con un singolo partito. Si è di centrodestra o di destra, ancor prima di essere forzisti o alfaniani.

Per questo ritengo che tutti nel proprio partito debbano fare un passo indietro e scendere dai fortini arroccati che sono stati incentivati anche e soprattutto dalla campagna elettorale proporzionale appena terminata. Scendere dalle posizioni estreme, se necessario rimuovere qualche vertice, dare una svolta generazionale, stabilire delle regole comuni e aprire a quelle sacrosante primarie che hanno permesso ad una persona che nel ’94 era un semplice giovane simpatizzante ventenne, di diventare il leader di un Partito Democratico che oggi sembra inarrestabile nella sua ascesa.

I compromessi si possono fare solo se tutti sono disposti a rinunciare a qualcosa, che sia il coordinamento del partito piuttosto che il posto da Ministro o Sottosegretario, facendo tutti un bagno d’umiltà e smettendola con posizioni arroganti e saccenti che di fronte ai pessimi risultati elettorali si dimostrano ridicole.

Il centrodestra è a un bivio. Può scegliere se continuare ad annoverare il terzo, il quarto, il quinto e il settimo partito italiano o mettersi a lavorare come fu nel ’96 per un Polo della Libertà, una coalizione moderata e credibile, alternativa al centrosinistra e realmente in grado di vincere le elezioni.

La sfida lanciata in questi giorni di una Leopolda di centrodestra va proprio in questa direzione, ma non sarà possibile se i capi dei partiti con maniere un po’ padronali decideranno di sottrarsi ad un dibattito che invece è fondamentale per il destino dei moderati. Se si vuole tornare a vincere bisogna sacrificare qualche personalismo e tornare tutti uniti, stabilendo però prima le regole del gioco. Poi, se invece si vuole continuare a perdere e sbattere contro gli iceberg, sappiamo benissimo come fare e lo abbiamo dimostrato meno di due settimane fa.

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