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Leopolda Blu, perché il centrodestra può rinascere solo dalle sue ceneri

Caro direttore,

ti scrivo in merito all’appello per il nuovo centro destra italiano che vede Formiche.net, e non è la prima volta, quale laboratorio di riferimento per intellettuali, economisti e liberi pensatori che hanno a cuore l’Italia e la sua tradizione liberale, repubblicana e democristiana.

Come vedi, le notizie sullo stato della politica italiana dell’ultimo ventennio confermano quanto politologi ed esperti di geopolitica affermano da anni: il bipolarismo in Italia sarà un miraggio fin quando non sarà chiuso il cerchio delle due repubbliche. Gli uomini e i programmi politici sono triti e ritriti, i vari riformatori e quelli prestati alla causa per “amor patrio” come minimo sono colpevoli di essere stati complici di un sistema arrivato al dunque con la storia.

Per quanto potremmo avere molto da dire su Renzi, dobbiamo riconoscere al PD la capacità che ha mostrato nel saper trattenere e coinvolgere classe dirigente, attingendo dalle reti associative territoriali, dal partito e dalle élite locali. Non c’è bisogno di ribadire che le belle esperienze formative di Forza Italia e Pdl ebbero un senso fin quando servirono quale specchietto per le allodole, per creare comunità e consenso.

Quando il Pdl del predellino lasciò il campo alle nominate e ai nominati sconosciuti alla comunità che cresceva tra i movimenti giovanili, alle diatribe personalistiche dei pseudo leader e alle esclusioni dei cerchi magici multipli, buona parte di quei giovani hanno abbandonato il terreno della politica.

Molti ultimamente hanno apprezzato Renzi con la convinzione che nel centro destra non ci sia nessuno in grado di coagulare un nuovo progetto nazionale. Renzi piace ai trentenni perché si muove senza guanti di pelle, ma indossa quelli da boxe quando e dove guadagna terreno politico vista la facilità con la quale i reduci dei partiti storici credono ancora di poter determinare un potere condiviso nell’ elettorato.

Non sono pochi anche coloro che hanno guardato a Grillo quale mezzo per scardinare un sistema politico ormai scollato dalla realtà e senza alcuna responsabilità nei confronti dei cittadini, ormai giunti allo stremo delle proprie possibilità. I giovani e le persone di buon senso hanno votato Renzi perché vogliono stabilità, sicurezza e speranza nel ripartire con una personalita’ nuova e dirompente, sia nei modi che nel pragmatismo con il quale affronta quel che sa di vecchio, superato e stagnante.

Nel centro destra attuale non vi è neanche l’ombra di persone in grado di affrontare e far ripartire un progetto in alternativa al PD. Né Cattaneo e né Fitto hanno un minimo comun denominatore per poter ricostruire Forza Italia, né Alfano e né Lupi possono farsi portatori di un’idea del Paese se non hanno neanche idea di quel che accade nei loro ministeri, né la Meloni e né Salvini possono parlare della loro crescita elettorale se non ci fossero stati Rinaldi, Borghi e Bagnai con le loro idee sull’euro e l’Europa ad ispirarli e creare una nuova chiave di lettura popolare di dissenso.

E se mi permetti, caro direttore, né Passera e né pseudo liberali e riformatori last minute possono amalgamare un nuovo movimentismo liberale e democratico sociale senza aver fatto un mea culpa davanti alla devastazione sistemica del sostrato economico del Paese sia per scelte personali e professionali che per incapacità di lettura di quel che loro era evidente sotto gli occhi. Tutte le alternative possibili saranno di elezione in elezione condannate ad arrangiarsi, ad estendere il più possibile le proprie posizioni personali o ad ancorare definitivamente quel po’ di potere rimastogli a qualche alleanza momentanea. La cosa deludente tuttora è che ormai tutti i mini leader siano divenuti allievi di quella politica dei portaborse della migliore DC, quelli dell’ultima sfornata pre tangentopoli, che fonda la propria esistenza sulle opportunita’ dei due forni al centro.

Può mai sfondare un carrozzone dei soliti noti? Può mai partire una rigorosa selezione di nuova classe dirigente da parte di queste leadership? Quale progetto per l’Italia avranno mai i soliti noti? Potremmo mai offrire una alternativa al PD se i migliori renziani e i giovani turchi come minimo hanno dieci anni di esperienza amministrativa nei propri comuni? Tutti i giovani della rete Pdl nei comuni ci ha messo piede o in qualità di portaborsa di qualcuno o in quanto parente del leaderino locale.

Può mai nascere un serio programma politico quando le reti delle associazioni e il collante con le scuole e le università e’ stato completamente abbandonato, quando le iniziative pubbliche vengono ormai svolte nelle sale degli alberghi se non con la solita claque itinerante? Una volta la classe media italiana aveva un’idea moderata di rappresentanza, la crisi delle famiglie e delle imprese ha suggellato anche la fine di un elettorato di orientamento liberale che cercava una difesa naturale dalle politiche invasive di carattere economico della sinistra sulle proprietà, sulla fiscalità e sulla libera impresa.

La grande crisi economica e le scellerate mancate riforme liberali hanno distrutto non solo il consociativismo e il sistema sindacale, ma l’idea stessa della protezione sociale che il centro destra garantiva. Lo svuotamento delle risorse pubbliche ha reso impossibile non solo una reinterpretazione del proprio ruolo sociale ma soprattutto ha reso evidente che tutto quel che rappresentava un’idea politica era l’ennesimo compromesso politico per non decidere nulla se non l’interesse di parte propria.

La nuova tangentopoli è al suo inizio, quando avrà fine ne riparleremo per comprendere se la ragione del voto ai moderati del centrodestra sia ancora fondata sul rifiuto fisiologico ad un voto a sinistra o ad un coacervo di interessi particolari coagulati.

Dalle ceneri risorgono le speranze di chi ne conserva una coscienza ed un’idea, trasformarle in veste collettiva e di interesse nazionale è impresa possibile solo a chi ancora non c’è. Non rimane che immaginarne le fattezze e le caratteristiche necessarie all’idea di rivisitazione delle istanze dei moderati e della destra italiana sui giovani e sugli elettori in transito, perché di imitazioni abbiamo visto già tutto, tranne che programmi ed opinioni condivisibili in concretezza e coerenza pubblica e sociale.

Caro direttore, una cosa buona la tradizione liberale italiana l’ha lasciata in dono agli italiani, l’idea che abbiamo sempre mille motivi per difendere le libertà collettive con una coscienza critica e responsabile verso il futuro del Paese, il sigillo di una società in cammino verso la storia e non schiava delle azioni altrui, vibrante di pensieri e opere e non di sceneggiati e scritturati, costruita attorno ai giovani e non sulle premesse storiche, edificata sulla dignità del lavoro e non sul ricatto individuale, formata nell’esperienza e non sui modelli di plastica, sostenuta dalla responsabilità comune e non dalle divisioni culturali territoriali, da plasmare nella società e non su quelle per azioni, da far germogliare su sentieri non solcati da scarpe infangate dai compromessi, su volti non pennellati dai trucchi delle trasmissioni politiche e dei telegiornali ma della realtà!

Un movimento che sorga dalle ceneri delle due repubbliche e ne interpreti la terza via.

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