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Cosa vogliono i moderati? Forse serve una Leopolda…

E l’Italia? Abbiamo provato a riflettere sui risultati delle elezioni europee anche alla luce di un eventuale mutamento del paradigma socio politico. Nel nostro Paese qual è la situazione? L’Italia è all’avanguardia o alla retroguardia rispetto alle nuove situazioni? La situazione socio-politica è analoga a quella europea o ci sono sensibili aree di differenza? Quali sono le evoluzioni che possiamo provare a vedere nella nostra penisola?

Più domande che risposte, e andando avanti sarà sempre così. Io provo solo a fare qualche “riflessione a voce alta”. Già altri più autorevoli si sono esercitati, e forse non mi discosterò troppo da alcune cose dette, ma vorrei metterle a sistema. Un sistema di domande.

Una mezza risposta generica la voglio anticipare, solo per questioni metodologiche. Il risultato elettorale italiano è stato nei numeri significativamente diverso da quello degli altri Paesi, ma forse non nella sostanza. E in questo senso l’Italia, come spesso accade, potrebbe trovarsi ad essere nello stesso tempo avanti e indietro rispetto al main stream europeo. Anche perché gli elementi su cui riflettere sono molti, per cui da il quadro da comporre è in realtà un caleidoscopio, complesso e in mutamento. Ma affascinante.

Cominciamo col mettere qualche punto fermo. L’Italia è l’unico Paese dove un partito ha superato il 40%, cosa che per altro come è noto rappresenta una grossa eccezione proprio in Italia. Ma neanche nelle bipolarissime Spagna e Gran Bretagna qualcuno si è avvicinato a tale risultato elettorale, e anche la supervincente Merkel si è fermata molto prima. In più in Italia si è ottenuto questo risultato a favore di una forza di governo, anzi della forza di governo, il PD. Cosa che ultimamente è molto complicata: gli exploit sembrano diventati appannaggio solo delle forze di opposizione innovative. Allo stesso tempo proprio nel Paese dove si temeva il peggio, appunto il nostro, le forze antisistema hanno ricevuto una battuta d’arresto (Grillo). Ma guai a sottovalutare il consolidamento di un risultato stabilmente oltre il 20 per cento.

Con altre forze estreme che non hanno sfigurato, da Tsipras (sorvoliamo sulle polemiche postvoto dato che ci interessa parlare degli elettori e non dei seggi degli eletti) alla Lega. Il blocco alternativo quindi non ha sfondato compattamente, ma è molto molto consistente. Ultimo elemento, per ora, un centro-destra ai minimi storici, frammentato e malconcio, elemento ancor più rilevante in un Paese in cui si è sempre considerato fuori discussione il fatto che i moderati fossero la maggioranza silenziosa del Paese.

La domanda allora è: dove sono finiti i moderati? La risposta può essere al contempo banale e rivoluzionaria. Alcuni moderati sono rimasti a casa. Altri hanno confermato il voto al centro-destra. Molti hanno votato PD. Questo ultimo punto è discriminante. E ci ricollega a quanto detto a livello europeo: sta cambiando la domanda politica, e in base a questa si sceglie l’offerta disponibile. Con molta meno ideologia. Come dimostra chiaramente quello che è un altro elemento determinante dell’evoluzione cui stiamo assistendo: la volatilità dal voto. I flussi dimostrano che il cambiamento di scelta nell’urna, un tempo impensabile e quasi sacrilego, oggi è la regola. Evidentemente ancora non si è trovata la risposta soddisfacente, e/o ci si basa su considerazioni molto più pragmatiche e contingenti, che influenzano l’elettore di volta in volta.

Ecco dunque che Renzi può balzare di colpo al 40%, contro ogni sondaggio. La scelta è avvenuta all’ultimo momento, ed è evidente che su di lui c’è stata la convergenza del voto dei cosiddetti moderati. I quali si sono chiesti dove potevano trovare le risposte alle proprie domande storiche: stabilità, governabilità, riforme. Il tutto, enormemente accresciuto dal timore della vittoria degli antisistema. Ecco dunque convergere sul PD il voto utile, utile per i moderati, per le forze istituzionali. Non ha torto lo staff di comunicazione del Movimento 5 Stelle quando dice (criticato dai suoi leader) che loro stessi hanno contribuito alla vittoria di Renzi, che l’elettore ha scelto il nuovo rassicurante rispetto al nuovo minaccioso, che il timore del #vinciamonoi ha prodotto l’effetto opposto.

Quindi lo stesso PD adesso è a un bivio, perché se la domanda si è ristrutturata, l’offerta è ancora volatile. Lo stanno a testimoniare i risultati dei ballottaggi: svanito l’effetto “argine ai barbari”, il PD (e forse anche perché non più presente nella sua immagine governativa ma in quella di coalizione di vecchia sinistra) non ha certo stravinto. Quel 40% è tutto da riconquistare, giorno per giorno: il cambiamento della domanda politica consente gli spazi per ristrutturare e consolidare quella quota? Lascia anche ancora un margine ad altri competitor? Potrebbe essere eroso dalle forze meno istituzionali?

Un’ultima domanda, provocatoria ma fondamentale. Ci siamo chiesti dove va il voto dei moderati, e forse esso è risultato ancora decisivo? Ma ci si è chiesti se esistono ancora i moderati? Quanti sono? Cosa vogliano davvero oggi?

Tutte domande che il PD e anche un rinnovato centro-destra dovrebbero farsi, magari in una Leopolda.

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