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Ecco da dove arrivano i soldi dei jihadisti dell’Isis

L’avanzata dei militanti islamici dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante impressiona per la sua portata, lasciando intendere di non trovarsi di fronte a un gruppo improvvisato, ma con solide basi militari e finanziarie.

I PETRODOLLARI DELL’ORGANIZZAZIONE

A fornirgliele – si legge sul Guardian – è stato in primo luogo il denaro proveniente dalla vendita del petrolio dei giacimenti controllati dall’organizzazione nell’Est della Siria, alcuni dei quali sono stati poi rivenduti al governo di Assad.

LA RAZZIA DI ANTICHITÀ

Soldi dirottati altrove verso la fine del 2012, che si sono sommati alle risorse rastrellate con il contrabbando di materie prime e inestimabili antichità saccheggiate da scavi archeologici. Beni inestimabili che hanno rimpinguato le casse dei miliziani sunniti dell’Isis.

I BILANCI RITROVATI

A testimoniare questi movimenti, il ritrovamento di diverse memorie flash. Nei file sarebbe dettagliatamente descritto ogni aspetto finanziario dell’organizzazione, oltre che i nomi reali e i corrispettivi di battaglia di larga parte degli affiliati. Una miniera di informazioni. Prima della caduta di Mosul, nella cassa di Isis si trovavano circa 875 milioni di dollari, saliti subito dopo a 2 miliardi con i soldi rubati dalle banche e con le armi trafugate. Mezzi e munizioni da esercito vero e proprio, elicotteri compresi, spesso materiale di fabbricazione sovietica, non proprio all’avanguardia, ma che assolve al suo compito.

I TERRORISTI PIÙ RICCHI (E POTENTI)

Tutto ciò, prosegue il quotidiano londinese, ha trasformato in breve tempo un gruppo locale in una delle organizzazioni terroristiche più ricche e organizzate, assimilabile ad una forza militare para-convenzionale. Un grande salto, che colloca di diritto Isis tra le fazioni più influenti, con un raggio d’azione e controllo che si estende dal bordo orientale di Aleppo, in Siria, a Falluja, Mosul e ora Tal Afar in Irak.

COSA ACCADRÀ ADESSO
Dopo quanto accaduto nelle scorse ore, massacri di massa in primo luogo, dopo la conquista di buona parte dell’Irak, da parte dell’Isis e delle milizie tribali sunnite e baathiste, per molti osservatori è lecito attendere una reazione del mondo sciita iracheno e iraniano, chiamato in causa da Washington per contrattaccare e arrestare l’azione del gruppo terroristico e dei suoi alleati.
In ossequio alle nuove linee di politica estera americana dettate dal presidente Barack Obama nel suo discorso a West Point, gli Stati Uniti non interverranno direttamente sul campo, ma hanno in serbo una serie di opzioni, ancora da vagliare.
Compresa un’offensiva mirata con l’ausilio di droni, che però, svela Defense One, ha pro e contro da non sottovalutare.

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