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Vi spiego come nascono le fantastiche notizie sul fisco

A voler semplificare la colpa della crescita esponenziale della diffusione di bozze di decreto va data all’avvento dei programmi in grado di trasformare, con un semplice comando ‘print’, qualsiasi scritto in un documento Pdf. Che poi con l’email può essere inviato facilmente a qualsiasi indirizzo. A questo vanno aggiunti altri due elementi.

Il primo è la completa assenza di trasparenza e l’incapacità informativa da parte dei governi che si sono succeduti nel recente passato (a proposito avete traccia della riforma della pubblica amministrazione approvata con decreto – necessità e urgenza – da circa una decina di giorni? Sembra incredibile ma fino a qualche anno fa i testi dei decreti arrivavano in giornata o, al più tardi, il giorno successivo). Il secondo è la voracità cieca di un’informazione che ”brucia” notizie con sempre maggiore urgenza e sensazionalità (anche a questo proposito attenti alle simulazioni fatte prima del varo di un decreto, sono credibili ma spesso inventate).

Interessante è poi il processo, oramai consolidato, di trasmissione delle informazioni. Rilanciate dalle Agenzie di Stampa le bozze di decreto rimbalzano sui siti e guadagnano il titolo di apertura e i sottopancia delle tv all-news. Il gioco è fatto. Nessun quotidiano del giorno successivo potrà ignorarlo. Nessuna smentita può essere efficace, l’unica è l’arrivo di una nuova bozza più dettagliata.

Vittima, di questo ingranaggio bestiale, rimane il cittadino-lettore. Non è più in grado di distinguere tra ipotesi e norme approvate. A lui arriva, nella confezione finale, una informazione che è in trasformazione e che viene ogni volta venduta come se fosse la scelta definitiva. Già, perché le agenzie di stampa, pur nella loro essenzialità, sono correttissime: usano i congiuntivi e spiegano chiaramente che si tratta di una bozza. Ma i quotidiano – e questo è uno dei malvezzi italici – cancellano i dubbi, non contestualizzano il documento, ne prendono il titolo più ad effetto e rafforzano il concetto utilizzando i verbi sempre e solamente all’indicativo. Facilitano così la lettura, dicono gli esperti di comunicazione. E lo stesso vale per la Tv.

E’ un vero e proprio corto circuito informativo. Ma l’informazione, in fondo, è quasi sempre un cortocircuito. Ha la necessità di essere un contropotere. E’ bene che sia così. Cresce proprio dove c’è l’assenza di trasparenza. Dovrebbe rappresentare un faro chiarificatore. Questo vale anche per i decreti. Ma per il giornalista rimane qualche rischio di essere strumentalizzato.

Gettiamo la maschera! Il meccanismo di costruzione di una notizia da una bozza di decreto è ben nota a tutti gli ”attori” di questa commedia dell’informazione. Dal ministro che smentisce al soggetto-contribuente che poi potrebbe subire la norma in arrivo. Così non sono mancati ministri che, per saggiare il  terreno e le reazioni, facevano circolare le norme più urticanti, magari poi per attribuirle ai ”mastini” della Ragioneria e rivendicare il fatto di essere, miracolosamente, riusciti a contenere l’intervento (leggi sull’enciclopedia alla voce “tagli alla sanità”). Oppure grandi società o associazioni molto attente ad una norma che è meglio riuscire a prevenire, perché una volta scritta deve essere modificata e tutto diventa più complicato.

Non si può soffrire di nostalgie del passato, che alla luce di quanto scritto ora potrebbe apparire un po’ più romantico. Anche allora il ministro favoriva il giornalista compiacente (facendogli così fare carriera). Ma questo non accadeva mai con le Agenzie di Stampa che attendevano ore fuori da un incontro tecnico ma decisivo. L’altro canale passava per la costruzione, con pazienza certosina, di un rapporto di confidenza personale con un tecnico o un politico: il testo oramai definito – e solo quello perché altri non ce ne erano – ti veniva consegnato in un incontro, fugace e un po’ furtivo, caratterizzato dal veloce passaggio di mano di una cartellina con il prezioso documento stampato in copie numerate e fotocopiato di nascosto, foglio per foglio, alla bene e meglio. Il pregio per il giornalista (e alla fine anche per il lettore) stava nel fatto che le notizie erano davvero quelle in arrivo e che la fonte poteva essere meglio controllata nelle sue finalità, che a volte erano e rimanevano solo un gesto di amicizia verso un giornalista attento e credibile.

Ps: Inutile cercare di fermare l’onda lunga delle bozze. Si usi la tecnica Tremonti, che modificava solo un dettaglio di ogni bozza che circolava per individuare chi la faceva trapelare, o quella di Monti con smentite erga omnes e poco credibili. Non serve nemmeno il metodo della denuncia dei funzionari del Tesoro, usata dal governo Renzi. L’unico modo per evitare l’impatto delle bozze è quello di ”gestire” davvero l’informazione, giorno per giorno e non solo con slide al momento del varo. Un vecchio ministro delle Finanze, il socialista Rino Formica, ad esempio, faceva uscire, centellinandole, indiscrezioni da approfondire, e spiegare. Quasi con metodo didattico. Oggi invece, in mondo sempre più complesso, attorno alla definizione delle norme si aggirano masse di lobbisti pronti a tutto e interessati, anche solo ad un buon rapporto con il giornalista. Perché anche quello aiuta. Se poi vi dovessi dire come, e per quali impensabili canali ogni volta diversi, le bozze arrivavano e arrivano… Ma questo ve lo racconto un’ altra volta. Forse.

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