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La sfida di Nexive per un mercato postale aperto, efficiente e innovativo

Puntare sulla combinazione dei canali tecnologici e sulla creazione di una piattaforma multimediale per rendere più competitivo ed efficiente il mercato delle spedizioni e consegne postali. È il progetto che ispira la missione di Nexive, realtà produttiva che ha attribuito un nuovo nome al gruppo TNT Post. Formiche.net ha voluto approfondire il tema rivolgendosi all’amministratore delegato dell’azienda Luca Palermo.

Come e quando nasce Nexive?

TNT Post – in Italia dal 1998 – nasce come impresa fornitrice di Poste italiane. In poco più di un decennio la nostra azienda ha raggiunto risultati importantissimi, fino a diventare il primo operatore postale privato in Italia. Nel 2011, con la separazione societaria del Gruppo TNT, TNT Post è diventata proprietà integrale di PostNl, multinazionale olandese a fortissima vocazione postale quotata dal giugno 2011 al NYSE Euronext di Amsterdam.

A cosa è dovuto il cambio di nome?

Era necessario dal punto di vista legale, ma ancora di più sul piano strategico. Volevamo rinforzare la nostra identità e la nostra vocazione di eccellenti operatori del mercato postale privato. Si tratta in realtà di un mutamento del nostro brand commerciale. Abbiamo voluto ricercare un nome più forte e strategico per il mercato italiano. E così, il 19 maggio 2014, abbiamo dato vita a Nexive. Parola che nella radice “nex” evoca il termine inglese “next”: vicino.

Qual è il vostro obiettivo?

Un’innovazione proiettata nel futuro e un servizio calibrato sulle esigenze di cittadini, imprese, istituzioni grazie all’integrazione multi-mediale. La nostra vision è divenire una piattaforma di eccellenza nel recapito postale e dell’e-commerce. Vogliamo costituire il luogo in cui fisico e digitale si connettono. Ricevendo i dati informatici e trasformandoli in documento, come la fattura elettronica della Pubblica amministrazione.

Cosa cambia rispetto a Tnt Post?

È necessario partire dalle nostre radici per evolverci. Al contrario di quanto spesso si dice, il “mercato dei postini” non è affatto in estinzione. Per questa ragione vogliamo favorirne lo sviluppo cercando di anticipare il futuro. Abbiamo cambiato il nome, il logo, l’identità visiva. Ma abbiamo mantenuto tutto il meglio di quanto realizzato: il servizio e la competenza che ci hanno reso il primo operatore postale privato in Italia.

A che punto è la liberalizzazione del mercato postale?

Parto da un dato oggettivo fornito dall’Indice delle liberalizzazioni dell’Istituto Bruno Leoni. L’Italia è fanalino di coda in Europa nei vari comparti economici. Nel settore postale il nostro paese si attesta al penultimo posto prima del Lussemburgo.

Perché tanta arretratezza?

Le ragioni risiedono nei vincoli normativi nazionali alla competa apertura del mercato. Nonostante le numerose raccomandazioni provenienti dalle istituzioni comunitarie e dalle autorità indipendenti come l’Antitrust, esiste una significativa area di riserva attribuita a Poste italiane.

Può fare un esempio di tale posizione preminente?

Poste italiane conserva un ruolo esclusivo nel riscuotere le multe per le violazioni del Codice stradale e nel trasmettere gli atti giudiziari. Un privilegio poco ragionevole visto che le imprese private possono gestire i servizi di pagamento verso l’Agenzia delle entrate. Altra asimmetria è il regime di esenzione IVA in cui agisce l’ex monopolista, e che costringe gli altri operatori a colmare uno svantaggio economico del 22 per cento.

La liberalizzazione dei mercati può produrre benefici per il “Sistema Paese”?

Voglio citare due fonti autorevoli. L’esecutivo di Bruxelles ha sempre esortato gli Stati membri a rimuovere le barriere interne per permettere la più vasta facoltà di scelta da parte dei consumatori, consentire prezzi competitivi e un’autentica innovazione. La Banca d’Italia stima che nel lungo termine la liberalizzazione produce buoni effetti sulla crescita del Prodotto interno lordo, del lavoro, delle retribuzioni. A partire dal 2000 le persone occupate nel nostro gruppo sono passate da 700 a 5.500.

La privatizzazione di Poste Italiane può favorire questo scenario?

Sì. A patto che non rappresenti l’occasione per fare cassa e possa costituire la leva per sviluppare un mercato aperto, basato su capacità di innovazione, efficienza, sana competizione. A trarne beneficio potrebbe essere lo stesso gruppo Poste italiane, costretto ad affrontare la sfida di nuovi challenger.

Che cosa vi augurate per il futuro?

Aspiriamo allo sviluppo di un’industria articolata su due mercati: il settore postale e l’e-commerce. Terreno, quest’ultimo, nel quale vogliamo rendere efficiente oltre che veloce la consegna finale per chi acquista prodotti in Rete. È un’area promettente per investimenti rilevanti e opportunità di crescita.

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