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Tutte le idee del ministro Pinotti sul futuro della difesa europea

Autorità, Signore e Signori,

i temi affrontati in questo Convegno sono di grande interesse e attualità e mi sembra che ben si inseriscano nell’approfondimento che ho proposto di sviluppare nel Paese attraverso la preparazione di un Libro Bianco sulla sicurezza internazionale e la difesa.

Le sue Linee Guida sono state presentate poche settimane fa al Consiglio Supremo di Difesa e sono state condivise, avviandone così la realizzazione.

Vorrei, quindi, inquadrare i temi odierni nelle Linee Guida, utilizzando schematicamente il titolo del Convegno, ma in ordine inverso per ciascuna delle sue due parti.

DIFESA EUROPEA, ECCO CHI C’ERA ALL’EVENTO AVIO/IAI

Punto di partenza di ogni nostra riflessione non può che essere quello delle “nuove sfide globali”. Non a caso, ancora prima della presentazione delle Linee Guida, la Difesa ha organizzato il 5-6 giugno al Centro Alti Studi per la Difesa un incontro a cui sono stati invitati i principali studiosi italiani di relazioni internazionali sia in ambito universitario sia nei centri e istituti di studio (fra cui proprio lo IAI). Obiettivo, ampiamente conseguito, di questo confronto era proprio quello di analizzare il nuovo scenario internazionale.

La “globalizzazione” si riflette ormai su ogni aspetto della nostra vita. I suoi riflessi sono tanto più importanti nei settori vitali della nostra società, come la difesa e la sicurezza. La “globalizzazione” comporta non solo l’estensione su scala mondiale, ma anche l’interconnessione di ogni problema. Il mondo è diventato un sistema ad alta complessità in cui interagiscono innumerevoli fattori e questo rende particolarmente complessa ogni previsione.

Nel campo della difesa e della sicurezza vi è un secondo aspetto a cui dovrà essere prestata la massima attenzione. Come indicato nella prima parte delle Linee Guida:

nel prossimo futuro, persisterà un notevole livello d’incertezza circa i potenziali rischi o minacce alla sicurezza, la forma che tali rischi e minacce potrebbero prendere, i tempi cui si potrebbero concretizzare, nonché le necessità e le modalità di intervento che potrebbero risultare indispensabili”.

Nascita di nuove potenze regionali, ritorno in campo di vecchie potenze, implosione di alcuni stati, conflitti etnici e religiosi, terrorismo di matrice religiosa, lotta per il controllo delle materie prime e delle vie e reti di trasporto, pressione demografica ed emigrazione, sono diventate le variabili di una instabilità diffusa, rispetto a cui gli organismi internazionali manifestano la loro attuale inadeguatezza. Questa la sintesi indicata dalle Linee Guida:

Il principale fenomeno che appare mostrarsi come più probabile è quello di una diffusa e frequente instabilità, foriera di conflitti non sempre limitati e catalizzata da fattori politici, sociali, economici, ambientali o fideistici”.

Le prospettive a medio termine dello scenario internazionale nel campo della difesa e della sicurezza sono, quindi, riassumibili in tre lettere “I”: Incertezza, Imprevedibilità, Instabilità.

Purtroppo dobbiamo affrontare il prossimo futuro a valle di una crisi economica e finanziaria che ha lasciato una pesante eredità, costringendo tutti i paesi occidentali a ridurre le spese militari e, in particolare, quelle destinate all’ammodernamento degli equipaggiamenti utilizzati dalle Forze Armate.

E’ una realtà ineludibile perché nelle nostre democrazie Governi e Parlamenti non possono non tener conto dell’opinione pubblica. Possiamo cercare di informarla meglio, ma è difficile convincere i nostri elettori che dobbiamo investire per “assicurarci” contro i rischi derivanti dall’instabilità internazionale quando molti, troppi devono convivere quotidianamente con povertà e disoccupazione. Quello dell’informazione resta un nostro preciso dovere e in questa direzione la Difesa e io stessa sto investendo molto tempo, “mettendoci la faccia” come direbbe il nostro Presidente del Consiglio. E’ un passaggio importante e, in fondo, anche un obiettivo del Libro Bianco, oltre a quello prioritario di disegnare la riorganizzazione del sistema della difesa.

GLI SCATTI DI UMBERTO PIZZI A PINOTTI, LETTA E…

Ho osservato in queste ultime settimane la campagna di informazione sull’Unione Europea, volta a ricordare le ragioni della sua costituzione e anche i suoi risultati: si ricorda la situazione dell’Europa dopo due Guerre Mondiali e milioni di cittadini europei morti e la volontà di impedirne ulteriori e si sottolinea come l’Europa abbia poi vissuto sessanta anni di convivenza pacifica e collaborazione fra i suoi popoli, il periodo più lungo della sua storia. Non posso fare a meno di ricollegare questa campagna all’ondata di euroscetticismo emersa nelle recenti elezioni europee, anche se fortunatamente più limitata in Italia. Da questo punto di vista riscontro una certa similitudine con il nostro problema di far meglio comprendere le ragioni e i risultati della Difesa: nel 2015 festeggeremo settanta anni di sviluppo pacifico del nostro Paese, anche in questo caso il periodo più lungo della nostra storia. Una parte del merito va alla nostra decisione di partecipare all’Alleanza Atlantica e di dare il nostro contributo all’intervento internazionale nelle aree di crisi, ma un’altra parte va allo sviluppo e al mantenimento di una nostra capacità di difesa e di procedere verso l’integrazione europea.

Ma questo sforzo di informazione va accompagnato con un analogo sforzo teso a dimostrare che ogni euro speso per la difesa e la sicurezza è utilizzato nel migliore modo possibile e questo impone una profonda riorganizzazione del nostro strumento militare (ma devo dire che i miei colleghi europei con cui frequentemente mi confronto stanno affrontando lo stesso problema) e una sua maggiore integrazione a livello europeo.

Nel breve periodo ci troviamo, quindi, a dover affrontare un difficile compito: avere a disposizione un budget ridotto rispetto al passato e basso in assoluto e, nello stesso tempo, doverci riorganizzare per far fronte ai rischi insiti in un quadro geo-strategico così instabile.

“Fare di più con meno” è la “nuova sfida globale” con cui ci dobbiamo misurare.

Una parte della risposta credo possa venire da “tecnologia e innovazione”, come indicato nel titolo. E questo vale sia nelle dimensione nostra dimensione nazionale, sia in quella europea.

Per questo nelle Linee Guida è stata dedicata una parte importante allo sviluppo e al mantenimento di adeguate capacità tecnologiche e industriali. Queste rappresentano un elemento essenziale del nostro sistema della difesa, ma anche settore fondamentale per la crescita complessiva del nostro Paese. Aerospazio, sicurezza e difesa sono, infatti, una delle poche aree a tecnologia avanzata ancora presidiate dal nostro Paese.

Ma la dimensione maggiore e più internazionale dei nostri gruppi industriali, insieme alla riduzione della domanda nazionale, rendono sempre più insufficiente il mercato interno per sostenerne l’attività. E questo problema pur riguardando prioritariamente le imprese, tocca anche la Difesa se vogliamo continuare ad avere un certo livello di “sovranità tecnologica” che, a sua volta, oltre ad assicurare il mantenimento e l’adeguamento dei nostri equipaggiamenti, è la base per una più forte collaborazione europea.

Un mercato europeo più integrato è ormai una necessità ineludibile per l’industria e per le Forze Armate che devono poter acquisire i prodotti migliori al minor costo possibile. Questo comporta nuovi passi avanti nel processo di razionalizzazione e ristrutturazione dell’industria europea della difesa, ma anche una specializzazione delle sue componenti nazionali sulla base della loro competitività.

Per questo nelle Linee Guida si avanza la proposta che nel Libro Bianco ci si interroghi:

su come risolvere uno dei principali problemi del nostro processo di acquisizione, ovvero quello di definire e mantenere aggiornato un “piano strategico” con cui far fronte alle esigenze prima indicate. Questo piano strategico dovrebbe indicare, prima di tutto, come soddisfare le esigenze delle Forze armate, perseguendo, in ordine decrescente, soluzioni europee, multilaterali, bilaterali, nazionali e da qui derivare orientamenti e priorità nella distribuzione delle risorse”.

Tutto questo dovrà comunque tener conto di un altro profondo cambiamento intervenuto nello scenario.

ECCO CHI DISCUTEVA DI DIFESA EUROPEA ALL’ARA PACIS

I cambiamenti nell’assetto e nella governance industriale del settore difesa sono e saranno anche il frutto degli sviluppi che avverranno in campo tecnologico, sempre più rapidi e innovativi. Le tecnologie duali costituiscono uno dei tanti risultati di questo cambiamento tecnologico e della ricerca di prodotti che rispondano sempre di più a criteri di efficacia ed efficienza. Per questo sempre nelle Linee Guida è stato sottolineato:

L’innovazione tecnologica nel mercato civile e in quello limitrofo della sicurezza, inoltre, rende disponibili tecnologie, componenti ed apparati utilizzabili anche in equipaggiamenti militari, abbassando conseguentemente le barriere all’ingresso per i nuovi fornitori. Ciò comporta che è più difficile, ma anche più importante, monitorare lo sviluppo tecnologico complessivo e non solo quello strettamente militare e considerare le esigenze “civili” potenzialmente associabili a quelle militari”.

Mi sembra che proprio AVIO AERO sia un efficace esempio di questa innovazione tecnologica che trova poi applicazioni civili e militare, ma che ha la sua base comune in uno sforzo costante di crescita e ricerca di soluzioni più efficaci.

La prospettiva, in cui ci muoviamo, comporterà una maggiore integrazione europea a livello di regole del mercato, concentrazione industriale, subfornitori, requisiti, standard, programmi di ricerca e approvvigionamento.

E qui arriviamo al quarto e ultimo punto del titolo che vorrei trattare, quello della “difesa europea”, anzi, come avete indicato correttamente, “per la difesa europea”.

Abbiamo bisogno di condividere il più e il prima possibile i diversi strumenti che ancora oggi i Paesi europei gestiscono in un’ottica puramente nazionale.

In questa fase credo che dobbiamo muoverci in due direzioni:

  1. rafforzare gli strumenti europei disponibili, gestendoli con maggiore flessibilità per consentire ai paesi “willing and able” di procedere, caso per caso, nel rafforzamento della collaborazione europea, lasciando la porta aperta a quanti in seguito si vorranno associare;

  2. puntare sulla massima interdipendenza militare, industriale, tecnologica in modo da rafforzare i legami reciproci e far crescere le ragioni dello stare insieme rispetto a quelle del rimanere separati.

Sedici anni fa l’allora Ministro della Difesa, il compianto prof. Beniamino Andreatta, sottoscriveva il 20 aprile 1998 una dichiarazione congiunta con i colleghi di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna in cui si sosteneva:

I ministri considerano che un’industria della difesa forte, competitiva ed efficiente sia un elemento chiave per la sicurezza e l’identità europea così come per la base tecnologica e scientifica europea. ….. Vi è l’esigenza di armonizzare i requisiti delle Forze Armate, di perseguire, ove possibile, soluzioni in cooperazione e di evitare inutili duplicazioni nello sviluppo e produzione”.

Tre mesi dopo a Londra, il 6 luglio 1998, gli stessi Ministri più quello della Svezia sottoscrivevano la LoI – Letter of Intent in cui si dichiarava:

I Partecipanti desiderano stabilire un quadro di cooperazione per facilitare la ristrutturazione dell’industria europea per la Difesa. ….. Di conseguenza i Partecipanti accetteranno l’interdipendenza reciproca e la possibilità di abbandonare (loro) capacità industriali”.

Vorrei sottolineare tre aspetti di questa iniziativa:

  1. E’ stata promossa da un gruppo di paesi che, per quanto importanti, erano solo una parte degli Stati Membri dell’Unione Europea. In qualche modo è stata una forma di “cooperazione strutturata permanente” ante litteram (ovviamente nella sostanza e non nella forma, anche perché non prevista dal Trattato allora in vigore). I migliori risultati sono stati ottenuti costruendo un clima di reciproca conoscenza e fiducia, resa possibile proprio dalla maggiore omogeneità e volontà comune dei partecipanti.

  2. E’ stata una decisione politica, basata sulla consapevolezza di quei Ministri, e dei Governi che rappresentavano, che solo alzando lo sguardo dai problemi contingenti era possibile avviare un processo di trasformazione del settore della difesa.

  3. La parola d’ordine era ed è “interdipendenza reciproca” perché solo in questo modo possiamo progressivamente passare da una dimensione nazionale ad una dimensione europea, salvaguardando i nostri interessi nazionali nel quadro del più ampio interesse europeo che, come ricordo sempre, non è quello degli altri o di altri, ma è anche il nostro interesse.

Anche il Consiglio Europeo dei Capi di Stato e di Governo del dicembre 2013 ha indicato, fra gli altri obiettivi, quello del rafforzamento della base tecnologica e industriale europea. Per farlo, ha concordato che bisogna mettere in atto nuove misure per promuovere la ricerca e l’innovazione e per arrivare gradualmente ad un mercato della difesa integrato. Alla Commissione Europea, all’EDA e agli Stati Membri è stato affidato il compito di realizzarle.

ECCO CHI SPIEGAVA (E CHI ASCOLTAVA) IL FUTURO DELLA DIFESA EUROPEA

L’intenzione italiana, durante questo semestre di Presidenza europea, è quella di dare il proprio contributo a questo sforzo delle Istituzioni europee, convinti come siamo che, mai come ora, nel campo della difesa e sicurezza abbiamo bisogno di più Europa.

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