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Come stritolare un po’ di debito pubblico senza dirigismi. Parla Nicola Rossi

Abbattere il debito pubblico? E come? Con il piano del renziano Marco Carrai? O coinvolgendo i fondi pensione, come avanzato in un seminario organizzato da Dexia con investitori e rappresentanti del Tesoro sul tema del debito?

L’economista Nicola Rossi, già parlamentare del Pd e poi del gruppo misto, ora tornato all’insegnamento universitario, ha partecipato al seminario di cui ha parlato Formiche.net con alcune indiscrezioni e soprattutto può analizzare con un distacco da accademico le ipotesi in cantiere. Ecco la conversazione con Formiche.net.

Prof, è necessaria o no una riduzione dello stock del debito pubblico italiano?

Una riduzione dello stock di debito pubblico è necessaria. E da tempo. Un debito pubblico delle dimensioni di quello italiano costituisce un fattore continuo di vulnerabilità ed è il vero limite principale alla politica economica (in particolare, dal mio punto di vista, ad una significativa riduzione della pressione fiscale). Molto più di quanto non lo siano le regole europee che ci hanno aiutato a contenerlo. Ma la strada per ridurre il debito pubblico non contempla scorciatoie: avanzi primari perduranti nel tempo e dismissioni di attivi pubblici sono le sole alternative possibili. Le scorciatoie implicano, in realtà, in una maniera o nell’altra, implicitamente o esplicitamente, il ricorso alla tassazione e producono conseguenze largamente più negative e pesanti di ogni altra soluzione.

Condivide il piano consigliato a Renzi dal renziano Carrai su Mf/Milano Finanza e Italia Oggi?

Le ipotesi di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico ormai non si contano più Il punto non è tanto quello della architettura finanziaria quanto quella della certezza dell’utilizzo degli immobili e della loro destinazione urbanistica e quindi quello della limitazione degli spazi di autonomia comunale. La strada non credo possa essere diversa da quella di uno stretto legame fra l’attività di dismissione e altre poste dei bilanci locali (ai comuni non dovrebbero essere concessi finanziamenti di qualunque tipo in conto capitale se non a fronte di una piena disponibilità alle dismissioni ed alle relative procedure urbanistiche, per fare solo un esempio; ai comuni non dovrebbe essere concesso detenere partecipazioni in società di servizi se non a fronte di corrispondenti dismissioni, per fare un secondo esempio). Quel che va a tutti i costi evitata è la tentazione – presente in molti – di utilizzare l’ingegneria finanziaria per mantenere il controllo pubblico di alcuni asset. Le dismissioni sono dismissioni se implicano un diverso controllo.

Che ne pensa delle ipotesi discusse nel seminario Dexia?  L’ex dg di Confindustria, Galli, ora deputato del Pd, a Formiche.net non le ha elogiate troppo, anzi…

Il solo fatto che ci si faccia un convegno sui patrimoni dei fondi pensione è preoccupante. E’ raro che del tema ci si interessi se non per immaginare un qualche uso forzoso di quei patrimoni. E’ bene dirsi con chiarezza che qualunque ipotesi in questa direzione equivale – tanto per cambiare – ad una tassazione implicita dei lavoratori. e sarebbe un pessimo segnale per i mercati. Del resto è su questioni come queste che si traccia il discrimine vero fra chi innova nei fatti (ponendo un limite alla pressione fiscale implicita ed esplicita e riportandola a livelli civili) e chi innova solo a parole (battendo la strada battuta da decenni).

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