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Ci vuole un fisico bestiale per curare il Paese di Tafazzi

Ci vuole davvero un fisico bestiale. E non per bere o per fumare come recitava una canzone di qualche anno fa, ma per resistere ai colpi micidiali dell’italico tafazzismo dilagante ed avere ancora quella fiducia nel sistema paese che solo un inesauribile ottimismo di fondo può corroborare.

E’ una patologia epidemica quella del tafazzismo che colpisce in Italia molti individui a tutti i livelli sociali e di responsabilità, non trascurando di insediarsi anche nelle istituzioni e nelle associazioni di categoria.

Nelle prime, i sintomi si evidenziano in sedute parlamentari fiume, con corpuscoli gruppi che presentano sul progetto di riforma del Senato più emendamenti di quanti elettori dispongono, sceneggiate e discussioni che al confronto le conversazioni da ombrellone e costume da bagno assurgono al ruolo di dotte discussioni con più proficui spunti di riflessione ed azione.

Sintomi di tafazzismo che si palesano nella testardaggine di un premier Matteo Renzi, certamente guascone e a volte sbarazzino, presuntuoso a tal punto nella sua determinazione ed ambizione a voler cambiare lo status quo da non accorgersi che non ha lo strumento principe che gli servirebbe, ovvero il Parlamento. Nel contempo si ostina nel tentativo, rischiando così di perdere quel consenso popolare guadagnato con geniali colpi ad effetto mediatico ma che si sa, rischia di essere effimero in un Paese di cittadini volubili. Intanto, trascura il resto, un Pil in affanno, un debito pubblico che continua a crescere, una crisi dei consumi interni ancora da paura, un export che segna il passo e conti pubblici da infarto

Meglio fermarsi qui, anche se si potrebbe continuare a citare altri esempi di tafazzismo, dalle inchieste gossipare sulle notti di Arcore, con i sorrisini europei e l’italico sputtanamento mondiale,  a quelle su Finmeccanica e sulle presunte tangenti internazionali  – che in altri Paesi chiamano mediazioni – e il conseguente annullamento di una commessa miliardaria, per arrivare ai sindacati e all’atteggiamento anacronistico assunto da alcuni di questi nella vicenda Alitalia.

Quindi, in sintesi, esiste una cura per debellare il virus?  Di certo l’ottimismo di fondo aiuta, ma il percorso terapeutico deve essere trovato non in un palliativo politicamente corretto rispetto delle minoranze nel nome di una democratica inefficacia, ma in un sano decisionismo da chi è chiamato a governare senza che questo sia etichettato stupidamente come autoritarismo o peggio dittatura. E ben venga se è politicamente scorretto, a condizione che sia pure efficiente.

Ci vuole però un fisico bestiale per curare il Paese di Tafazzi. Oggi il premier non l’ha ancora sviluppato, anzi appare piuttosto imbolsito, invischiato come è in una legislatura delle chiacchiere e all’insegna del dilettantismo.  Ma c’è sempre la palestra del voto, non è detto che Matteo Renzi non abbia pensato di frequentarla, non essendoci peraltro altri competitor o passerotti all’orizzonte, mentre l’unico in circolazione non ha più l’ambizione di trasferirsi nuovamente a Palazzo Chigi. E chissà che il buon Silvio non gli dia pure una mano assistendolo e sponsorizzandolo nell’allenamento.

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