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Così in Germania, Francia e Italia si discute del Ttip

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori pubblichiamo l’articolo di Tino Oldani, apparso sul quotidiano Italia Oggi.

Dovunque in Europa, tranne che nell’Italia di Matteo Renzi, è altissima l’attenzione dell’opinione pubblica per il grande negoziato commerciale Usa-Ue, noto come Ttip, che mira a costruire un unico mercato libero tra le due sponde dell’Atlantico, forte di 850 milioni di consumatori e con un pil pari al 40% di quello mondiale.

L’ennesima prova viene dai risultati da una consultazione via web che l’Unione europea ha lanciato nel marzo scorso per sapere cosa pensano i cittadini europei di questo trattato. Con grande sorpresa dei vertici Ue, le risposte hanno superato ogni previsione e battuto tutti i record precedenti. In totale, sono stati quasi 150 mila i cittadini europei (149.399 il numero esatto) che hanno acceso il loro computer e inviato una email alla Commissione Ue con il loro parere, quasi sempre piuttosto critico.

La consultazione era focalizzata su dodici punti, soprattutto sulla clausola del Ttip che vorrebbe consentire alle grandi imprese multinazionali, con base sia in Europa che negli Stati Uniti, di intentare direttamente una causa contro i governi, davanti ai tribunali internazionali, qualora ravvisassero nelle leggi di questi governi un qualsiasi ostacolo alla libera concorrenza.

Il quesito ha suscitato enorme interesse nelle organizzazioni della società civile che nei vari Paesi difendono l’interesse dei consumatori. E su impulso di queste, tutte rigorosamente Ong (organizzazioni non governative), migliaia di consumatori individuali hanno inviato il loro commento a Bruxelles. I più attivi sono stati gli inglesi, che hanno spedito 52.008 risposte, seguiti da quelli residenti in Austria (33.753), Germania (32.513), Belgio (9.397), Paesi Bassi (4.906) e Spagna (2.537).

E L’Italia? Non pervenuta. Nell’elenco dei paesi che hanno risposto al quesito europeo, come riporta il sito Euractiv.com, il nostro Paese non è neppure citato. Il che non stupisce affatto: benché il negoziato Usa-Ue sia iniziato nel 2013 e sia volto a definire regole che condizioneranno la vita dei nostri figli e dei nostri nipoti, in Italia nessun uomo politico vi ha mai fatto riferimento nei suoi interventi pubblici, tantomeno il premier Matteo Renzi, la cui cultura europea si sta rivelando al di sotto del minimo necessario. Altrettanto censurabile è l’assenza su questo tema da parte della cosiddetta società civile, che in Italia sembra ormai incapace di esprimere Ong paragonabili a quelle esistenti nei maggiori Paesi europei, tutte attivissime sul fronte Ttip, come dimostrano le numerose proteste.

In Gran Bretagna, proprio nei giorni scorsi, i movimenti anti-Ttip sono scesi in piazza in diverse città (Birmingham, Manchester, Londra) per impedire che alcune clausole del futuro trattato cancellino di fatto la sanità pubblica inglese, lasciando in piedi solo quella privata. E il governo di David Cameron ha dovuto prenderne atto, assicurando che vigilerà su questo aspetto del negoziato. In Germania è di ieri la notizia che una Ong denominata «Pane nel mondo» ha sollevato il problema dei danni che il negoziato potrebbe arrecare ai produttori di cibo del Terzo mondo, specie ai piccoli agricoltori, e il vice-cancelliere socialdemocratico, Sigmar Gabriel, ha raccolto il loro appello per conto del governo guidato da Angela Merkel. In Francia i produttori agricoli sono i più allarmati per le conseguenze del Ttip, e data la loro influenza politica hanno imposto al governo una politica molto difensiva sul riconoscimento dell’origine dei prodotti agricoli, come garanzia di qualità. E gli ambientalisti europei, per bocca della loro leader, Ska Keller, chiedono addirittura l’abbandono puro e semplice delle trattative con gli Usa.

Finora, nessun sondaggio avviato dalla Commissione Ue aveva riscosso un successo così elevato. Quello sul diritto d’autore del marzo scorso ha ricevuto appena 9.500 risposte. Quello sul gas da scisti del 2013 un po’ di più: 22 mila, ed era considerato un record. Ora anche i vertici dell’Unione europea, di fronte a 150 mila email ricevute , hanno preso atto che il negoziato con gli Usa dovrà essere condotto con maggiore trasparenza. Un portavoce della Commissione Ue ha addirittura dichiarato che le 150 mila email saranno analizzate tutte entro la fine di novembre, e che le indicazioni dei cittadini europei saranno decisive per fissare le prossime tappe del negoziato. Una pessima notizia per gli Stati Uniti, che miravano a chiudere il negoziato entro la fine di quest’anno.

È probabile che dietro l’enfasi di Bruxelles sul successo del sondaggio vi sia una maggiore prudenza da parte della nuova Commissione Ue di fronte ad alcuni ostacoli che il negoziato sta incontrando. Di certo, la Germania non ha intenzione di fare alcuna concessione agli Usa, soprattutto dopo lo scandalo suscitato dallo spionaggio telefonico contro la Merkel messo in atto dall’americana Nsa (National security agency). E visto che Barack Obama tiene moltissimo al successo del Ttip, ma non ha ancora chiesto scusa alla cancelliera per lo spionaggio, il governo di Berlino ha deciso di assumere la guida del negoziato nel modo più autorevole, affidandola a Gunther Oettinger, per il quale la Merkel ha chiesto il ruolo di Commissario Ue per il commercio.

Un attivismo ben diverso da quello dell’Italia, dove il premier Renzi insiste nel portare avanti riforme di cartapesta come quella del Senato, mentre bluffa sui problemi europei. Fino al punto di affermare, nell’intervista ad Alan Friedman sul Corriere della sera, che «l’Italia non ha ancora presentato il proprio commissario». Aspetta che il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Junker, faccia «la richiesta ufficiale». Come se la bocciatura di Federica Mogherini non fosse mai avvenuta. Una bella faccia di tolla.

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