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Irak, il cardinale Filoni spiega ad Avvenire la missione voluta da Papa Francesco

In un mondo e in un tempo sempre più funestato da conflitti, la Chiesa di Papa Francesco si è sin dall’inizio posta come punto di riferimento della diplomazia globale. L’impulso del Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, è stato capace di ridare centralità alla tradizione della Santa Sede.

Come per il dossier della Siria, dove l’intervento del Vaticano scongiurò i bombardamenti che pure sembravano già stabiliti, anche nel caso della vicenda irachena e della persecuzione dei cristiani da parte dei fanatici dell’Islamic State Papa Francesco è stato decisivo nel muovere la comunità internazionale e in particolare gli Stati Uniti.

Agli appelli e alle iniziative più riservate, ora segue un impegno più diretto della Santa Sede a supporto delle comunità presenti nelle aree dell’Iraq più esposte alle violenze e ai massacri. Il Papa ha infatti nominato come suo inviato personale il cardinale Fernando Filoni che in Iraq era già stato nel 2003 ai tempi della guerra voluta da Bush e fortemente avversata da Giovanni Paolo II. La missione ha come scopo principale quello di esprimere la vicinanza spirituale di Francesco ai cristiani e alle popolazioni che soffrono e portare la solidarietà della Chiesa.

Il cardinale Filoni ha spiegato il senso di questa iniziativa dalle colonne di Avvenire, il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana diretto da Marco Tarquinio. Per l’inviato del Papa “la questione centrale è che i nostri cristiani hanno il diritto nativo di stare in queste terre dove loro vivono da sempre: questa è anche la visione della Chiesa caldea e delle altre Chiese “sui iuris” della zona, una visione che vale anche pensando alla Siria e ad altre nazioni della regione. Dunque non tocca a noi dire: «Andatevene, cercatevi un altro rifugio”.

Noi difendiamo quel diritto originario, primitivo, della gente locale di dire: “Qui possiamo vivere, qui possiamo convivere con tutte le altre realtà del Paese, con musulmani, yazidi, altre minoranze che esistono”. Come è già avvenuto nel corso del tempo, purché ci sia una volontà comune, oltre che politica, anche civile di stare insieme. Noi difendiamo questo diritto, e mi pare che su questo dovremmo trovare una convergenza tutti”. In questo momento il cardinale Filoni ha ben presente che c’è una emergenza umanitaria immediata a cui fare fronte, ma poi “bisognerà pure considerare quale futuro avrà questo territorio”, anche dal punto di vista civile e politico.

Papa Francesco insiste sul fatto che la pace non si costruisce con la violenza. E il cardinale Filoni, facendo riferimento all’attacco all’Iraq avvenuto nel 2003, afferma: “Da quel momento la situazione non è mai migliorata, anzi si può dire che è sotto tanti aspetti peggiorata… Credo avesse ragione Giovanni Paolo II quando, alzando il dito, ammoniva i responsabili politici di quel momento a ritrovare le vie di una pace che, purtroppo, non c’è stata e per cui, oggi, soffriamo queste conseguenze”.

Oggi dopo poco più di dieci anni non si può non riconoscere come quegli ammonimenti fossero ben fondati. A maggior ragione ha senso ascoltarli oggi e non ripetere gli errori del passato. Questa Chiesa si propone non solo come luogo dello spirito ma anche come guida di ispirazione del vivere insieme, dalla dimensione della famiglia a quella globale. E’ una opportunità che i governi dovrebbero cogliere. E per la verità sembra che a Washington – e forse, chissà, anche a Pechino… – qualcuno se ne sia accorto.

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