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Perché la Cina punta sull’Italia. L’analisi del Wall Street Journal

Ecco come la Cina sta trasformando la propria strategia di investimento in una precisa mission, con destinazione Italia. Il Wall Street Journal analizza le direttrici di marcia di Pechino, che dopo aver investito in Fiat Chrysler, Generali, Eni, Enel, Telecom Italia, Terna, Snam e Prysmian con la Banca del Popolo aspira ad altre quote di mercato. Nella consapevolezza che, nonostante i rischi, l’Italia attira.

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I titoli azionari sono tra i più richiesti oggi da parte delle classi di investimento, anche se fino a ieri erano considerati tabù per i manager delle banche centrali. Ma qualcosa è cambiato, osserva Michael Casey sul WSJ, da quando gli amministratori politici hanno compreso come sia indispensabile favorire questi intrecci. Le banche centrali di Asia ed Europa, nel tempo, hanno diversificato i propri portafogli, osserva Edwin Truman, fellow del “Peter G. Peterson Institute for International Economics“.

DOPPIO BINARIO

Un percorso che può produrre utili sia con potenziali soddisfazioni da parte dei governi, sia innescando una serie di nuove opportunità di investimento a catena, così come sta accadendo con la presenza cinese in Italia. Certamente esiste il rischio di una sovraesposizione, con altri rischi connessi da parte di chi investe, scrive il quotidiano finanziario, ma l’altra faccia della medaglia è quella dei rapporti, intensi e governativi, che si vengono a creare, la rete di corporale management che vi lavora. L’obiettivo? Favorire la volatilità del prezzo delle azioni, incoraggiando gli investitori privati ​​a speculare su queste nuove e potenti strategie in qualità di giocatori.

NODO

Il problema è che risulta essere sempre più complesso garantire un ritorno economico accettabile basato sugli asset di rischio, specialmente nel vecchio continente. Gli esempi tedesco e spagnolo sono lì a dimostrar tutta la differenza di valutazione che si riserva alle cose economiche europee. Un dilemma che si fa centrale nelle decisioni future, come quella portata avanti dalla Banca del Popolo cinese che ha deciso di scommettere sull’Italia.

STIME

Nel paper di giugno sugli investimenti globali pubblici, basato sui rilievi dell’Official Monetary and Financial Institutions Forum, si legge che ammontano a tredici i trilioni di dollari di asset in gestione nel mondo. La Federal Reserve ha ridimensionato il proprio programma quantitativo, ma nonostante ciò è ancora in campo per acquistare 25 miliardi di dollari al mese in obbligazioni, mentre la Banca del Giappone ne ha acquistati 68 miliardi nello stesso periodo. Ecco la differenza di modi e azioni tra due versanti economici. E dal momento “che quasi ogni grande banca centrale, ha un tasso di interesse vicino allo zero, che incoraggia gli investitori privati ​​a inseguire il rischio, questi programmi di acquisto da parte delle banche centrali rimescolano una competizione globale che ha scarse risorse”.

twitter@FDepalo

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