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Il siluro di Poletti sulle pensioni e l’annebbiata strategia europea dell’Italia

Le vie dell’Inferno – dice un antico proverbio – sono tappezzate da buone intenzioni. L’intervista concessa dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, al Corriere della Sera potrebbe rivelarsi un boomerang nei confronti della strategia europea del governo.

CHI TARTASSA COSA

È questa la prima preoccupazione, di breve periodo, che si registra a Bruxelles (e non solo). Riguarda non tanto la parte dell’intervista relativa al diritto del lavoro, in particolare al futuro dell’art.18 nel nuovo Statuto dei Lavoratori; più volte annunciato ma di cui esiste solo la bozza redatta, oltre dieci anni fa, dal mai troppo compianto Marco Biagi. Le preoccupazioni si riferiscono a quanto sussurrato in materia di nuove imposte (sotto il nome di “contributi di solidarietà”) in tema di previdenza e di “asticella” che potrebbe scendere dagli attuali 90.000 euro (sul cui futuro incombono ricorsi alla Corte Costituzionale, che ha già due volte ha dichiarato tali misure discriminatorie e costretto il Governo a rimborsare,pagando anche gli interessi di legge) a circa 60.000 euro. Bruxelles non si preoccupa tanto di quello che sembra un “esproprio proletario” nella tradizione di epoche che si vorrebbero dimenticare.

PREOCCUPAZIONI EUROPEE

Le preoccupazioni europee sono di due aspetti:
– La certezza del diritto in Italia.
– Le implicazioni verso quella “unione europea delle pensioni”, essenziale per fare funzionare il mercato unico e l’unione monetaria (e di cui Formiche.net ha trattato il 3 maggio scorso).

In primo luogo, tutta la costruzione che stanno faticosamente mettendo in piedi il Presidente del Consiglio ed il Ministro dell’Economia e delle Finanze si basa sull’aumento della credibilità internazionale dell’Italia. Spetta ad altri, per il momento, decidere se tale credibilità internazionale sia vera o fittizia. Per questo motivo, ad esempio, ci si è impegnati tanto nel giungere all’approvazione, in prima lettura da parte del Senato, della riforma delle Costituzione, si vuole presentare al Consiglio Europeo del 30 agosto una proposta cogente per ridurre i tempi della giustizia civile e si preme sulle amministrazioni per i pagamenti dei propri debiti commerciali con le imprese.

RIFORMARE DI NUOVO LA PREVIDENZA?

Una nuova riforma della previdenza che sconvolga la certezza dei diritti di chi ha già maturato la pensione, oltre a mettere repentaglio la situazione sociale interna ed a colpire – come dimostrato da studi Censis ed Eurostat – i giovani (i quali spesso sono mantenuti agli studi grazie alle pensioni dei nonni) più che gli anziani – è la prova del nove che l’Italia della certezza delle regole se ne impipa ed è pronta – unico Paese al mondo (secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro) a fare una riforma della previdenza l’anno spesso solo per la vanagloria di chi vuole associare ad essa il proprio nome. Tutto ciò è segnale di poca serietà. Anche in materia di impegni economico-finanziari e di riforme strutturali.

In secondo luogo, la proposta dell’EIOPA – European Insurance and Occupational Pensions Authority, acronimo poco conosciuto nella galassia delle sigle europee – di cui parlammo in maggio sta facendo strada poiché è tassello essenziale del mercato unico e dell’unione monetaria – si può leggere per esteso su sito del Social Science Research Network.

LA PROPOSTA POLETTI

La proposta consiste nel fare confluire contributi pubblici e privati in Personal Pension Plans (PPP) uniformi per tutti i lavoratori europei che potrebbero scegliere se utilizzare questa strada o sistemi previdenziali nazionali. La proposta Poletti, ove ciò avvenisse, avrebbe l’effetto di fare confluire verso i PPP europei i contributi di tutti i percettori di reddito medio-alto, dissanguando l’INPS. O a Via Veneto, dove ha sede il dicastero, non ci hanno pensato o peggio ancora non sono al corrente di quanto avviene in Europa, oppure, alla Luigi XIV hanno preso l’atteggiamento Après moi le déluge. In parole povere, dopo di me, la liquidazione dell’INPS. Danneggiando i pensionati ai livelli più bassi di trattamento.

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