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Quale direzione per il mercato elettrico

Cambiare o non cambiare il modello di mercato elettrico. A chi conviene e non lo chiede; chi lo chiede anche se non gli conviene; ma soprattutto: in quale direzione converrebbe andare.

LE PREMESSE

Due i fattori arcinoti: domanda diminuita e stagnante, possibilità di ripresa nella migliore delle ipotesi verso il 2020; offerta rinnovabile cresciuta notevolmente proprio mentre la domanda diminuiva.

I PROTAGONISTI

Tecnologie di generazione, mercati dei servizi elettrici, segmenti di clienti finali tesi a mantenere certe “guarentigie” relative alle tariffe. Il discorso sulle tecnologie è – per chi si occupa di energia – banale. Valga quindi come seconda premessa: il mercato “chiude” sulla base dei prezzi marginali e quindi accetta per prime le rinnovabili. A questo si aggiunga che la generazione centralizzata sta perdendo il proprio primato rispetto alla generazione distribuita. Tutto ciò riduce la possibilità di altre tecnologie di generazione di partecipare all’offerta. Questo comporta il tracollo del termoelettrico a gas, il “CCGT”.

Il CCGT è in grado di fornire base-load e midmerit, un prodotto pregiato, a differenza di altre tecnologie a profilo tipicamente “piatto” o, come le rinnovabili, oggi non programmabili. I progetti avviati nella prima metà dello scorso decennio erano valutati sulla base di ipotesi di load factor pari a oltre 6.500 ore con rendimenti già adeguati a partire da 4.500 ore. Nell’energia, il planning non può che essere di lungo termine, una ventina d’anni almeno. Si fanno scenari, vengono simulati prezzi di acquisto del gas e di vendita dell’energia.

SCENARI IMPOSSIBILI

Chi ha investito all’inizio degli anni 2000 non poteva immaginare la contemporanea caduta di Lehman Brothers (uno scenario “tracollo della finanza mondiale”) e l’avvento del “Salva-Alcoa” (uno scenario “impatto legislativo avverso”).

Il CCGT, che rimane la tecnologia marginale principale, viaggia adesso con un load factor inferiore alle 3.000 ore e spark spread negativi ed è utilizzato per funzioni diverse da quelle per cui è stato progettato: chi ha investito in regime di libero mercato lo ha fatto a proprio rischio e non avrebbe diritto a chiedere interventi correttivi; però lo spiazzamento a opera delle rinnovabili deriva da un intervento del legislatore, il che giustificherebbe una richiesta di interventi correttivi. Una situazione da “Catch 22”.

La competizione fra tecnologie si riverbera sui mercati. Il ruolo del Mercato del Giorno Prima è sempre meno indicativo e ciò si verifica anzitutto nella sua contrazione, da 295 Twh nel 2012 a 285 nel 2013, un calo del 3,3% circa, lo stesso volume di cui nello stesso periodo si è contratta la domanda: eppure gli altri mercati Intra-giornalieri, dei Servizi di Dispacciamento e del Bilanciamento – sono nel frattempo cresciuti (vedi immagine di seguito).

Il progressivo spostamento al “tempo reale” è dovuto alle rinnovabili, che impongono alla generazione convenzionale di seguire la provvista tutte le volte che il mercato non riceve energia a sufficienza o, al contrario, ne riceve  troppa. I prezzi in calo sul Mercato del Giorno Prima si contrappongono a quelli in salita per gli altri servizi (mercati) elettrici e, come immaginabile, i produttori tendono a spostarsi dall’uno all’altro mercato inseguendo i margini. Un gioco che non può funzionare considerando le caratteristiche intrinseche dell’investimento in capacità CCGT.

Peraltro, svuotare il Mercato del Giorno Prima non è possibile – il sistema ha bisogno di programmare il funzionamento degli impianti – anche se questo mercato sta diventando il simulacro di se stesso: i margini si fanno altrove.

In parallelo, nonostante il calo dei prezzi, aumentano le bollette. Ecco emergere competizione fra comparti di clientela che possiamo dividere in tre segmenti: i grandi, le famiglie, il resto. È semplice: i grandi hanno negoziato “sconti” particolari per quanto riguarda alcune voci tariffarie in bolletta e, in particolare, non pagano le rinnovabili; il domestico e i piccoli consumatori sono protetti e accedono a un servizio di “maggior tutela”; il resto (la piccola-media impresa, una volta quintessenza del tessuto industriale italiano) deve cavarsela come può. Fatto sta che in dieci anni le bollette sono cresciute del 58% per le famiglie italiane (contribuiscono il raddoppio del prezzo dell’energia e gli oneri di sistema triplicati) e del 47% per la media azienda (contribuiscono l’elettricità, salita del 13%, e le “Maggiorazioni” quasi quintuplicate).

BILANCIAMENTO DI MERCATO

Tre mercati contigui, in conflitto fra loro, competitivi al loro interno. Obiettivo di fondo è dare i giusti segnali per alimentare nuovo investimento, rinnovando così il parco di generazione, nelle tecnologie più idonee; mantenere programmabilità e sicurezza del sistema elettrico; ridurre i costi in bolletta senza introdurre distorsioni fra segmenti; non farci perdere l’opportunità del market coupling.

In questo quadro emergono le proposte di riorganizzazione del mercato elettrico. Oltre al mantenimento del sistema attuale, le alternative in discussione includono la revisione del criterio di merito economico, un mercato delle capacità e un mercato delle flessibilità. La revisione del criterio di ordine di merito economico privilegerebbe la programmabilità degli impianti, ridurrebbe la quantità di energia rinnovabile sul mercato e dunque il livello di incentivo percepito e pagato dai consumatori. Il risultato è un rinnovato ruolo del Mercato del Giorno Prima. Aumenterebbero i prezzi dell’energia ma diminuirebbero i costi di Dispacciamento e Bilanciamento e, in parallelo, il costo degli incentivi da corrispondere alle rinnovabili.

Contenti: i CCGT, potenzialmente TERNA, i consumatori tutelati. Scontenti: le rinnovabili, tutti quelli che si sono spostati progressivamente sui mercati remunerativi diversi dal Mercato del Giorno Prima, gli energivori che, non pagando oneri legati alle rinnovabili, vedrebbero salire i prezzi all’ingrosso (anche se si troverebbero nella migliore condizione di negoziare i prezzi all’ingrosso e non di subire gli incentivi).

Inoltre, progressivamente ci scosteremmo dal modello di mercato europeo, proprio mentre aspiriamo al market coupling (che, vale la pena di ricordarlo, è anche uno sbocco di mercato per la nostra energia). I mercati della capacità e della flessibilità sancirebbero un ruolo diverso per il CCGT. Alcune discussioni sul capacity market, da vedersi integrato ai servizi di dispacciamento, sembrerebbero tendere a remunerare gli impianti per il fatto stesso che questi esistano, nel ruolo di back-up di sistema. Surrogato del mercato divenuto inaccessibile, in assenza di meccanismi quali il Demand Side Management e in presenza di over-capacity è, di fatto, un incentivo e non un mercato in senso stretto. Contenti: i CCGT, che vedrebbero così resuscitato un indicatore di investimento in eventuale nuova capacità, le rinnovabili, e TERNA che avrebbe capacità di riserva in abbondanza. Scontenti: i clienti finali, che vedrebbero comparire un nuovo costo in bolletta.

Circa il mercato delle flessibilità non integrato con il Dispacciamento ma in sostituzione del Mercato del Giorno Prima, si tenderebbe a remunerare la possibilità tecnica degli impianti a “salire” o “scendere” a seconda delle esigenze istantanee del mercato, ovvero dell’effettiva possibilità delle rinnovabili di produrre energia. Si remunera la disponibilità del CCGT a svolgere il servizio, a prescindere dal fatto che questo verrà o meno svolto, si costituisce una riserva complessiva a partire dalle offerte di energia rinnovabile. È di fatto quello che il mercato sta già stimolando in assenza di correttivi: investire in tecnologie flessibili. Contenti: i CCGT in grado di fornire flessibilità, per il recupero di parte dei margini mancati. Scontenti: tutti gli altri, dalle rinnovabili che si troverebbero a offrire energia a prezzi inferiori, ai clienti che troverebbero il nuovo costo in bolletta. Inoltre, essendo un mercato configurato prevedibilmente come “pay as bid”, ci allontaneremmo anche in questo caso dal market coupling.

INVESTIMENTI SENZA SOLUZIONE

Nessuna delle soluzioni proposte soddisfa l’insieme delle parti. Se la priorità vera è la programmazione del sistema, rivedere l’ordine di merito è essenziale, se è market coupling lo è ragionare sul capacity market, se è rendere più efficiente il mix presente sul mercato occorre invece spingere sulla flessibilità. Ogni alternativa fornisce sollievo al CCGT in esercizio, nessuna assicura direttamente il rilancio degli investimenti in nuova capacità di generazione (che non serve adesso, ma è importante per favorire un costante rinnovamento del parco di generazione) o fa risparmiare i clienti. Se ragioniamo a parità di modello di mercato ma introduciamo strumenti innovativi, possiamo ottenere risultati migliori. Per esempio l’aggregazione degli impianti rinnovabili: sviluppare il concetto di Virtual Power Company smussando l’oscillazione non programmabile dei profili dei singoli impianti ridurrebbe il costo di sbilanciamento sul sistema, aumenterebbe la capacità di programmazione, riducendo peraltro il fabbisogno di capacità di riserva, favorirebbe in parte una maggior partecipazione del CCGT al Mercato del Giorno Prima e ottimizzerebbe i prezzi all’ingrosso.

In parallelo, un maggior ricorso a contratti indicizzati di lungo termine consentirebbe a tutte le fonti una migliore programmazione di lungo termine, ridurrebbe il ricorso a mercati di breve termine, spesso speculativi dunque costosi per il sistema, consentirebbe il rilancio degli investimenti quando opportuno. Invece di ricorrere a soluzioni complesse o costose come una modifica del modello di mercato elettrico occorre – a parere di chi scrive – adattare il modello esistente alla situazione attuale, favorendo la diffusione di nuovi strumenti in grado di generare il giusto margine per tutte le fonti e per il servizio che queste saranno in grado di svolgere, garantendo un costante rinnovamento del parco di generazione.

Analisi di Carlo Durante, Managing Partner eLeMeNS, pubblicato sul n.3/2014 della rivista bimestrale QualEnergia.

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