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Renzi, Draghi e quelle parole sibilline

Parole parole parole. E nei frullati di parole c’è sempre di tutto un po’. E’ avvenuto anche nell’ultimo discorso di Mario Draghi, tenuto a Jackson Hole. C’è chi ha visto una riproposizione di fatto delle consuete idee, chi ha intravisto una apertura a politiche espansive (come sostiene oggi l’ex rettore della Bocconi, Guido Tabellini, in una intervista al Quotidiano Nazionale in cui accusa comunque la Bce di colpevole ritardo) e c’è chi – come la firma di economia della Stampa, Stefano Lepri – ha notato una vera e propria svolta nelle parole di Draghi, che avrebbe compito un “balzo”, secondo il quotidiano torinese.

Lepri infatti sostiene che la “svolta radicale” rispetto alla dottrina della Bce sta ad esempio nell’aver sostenuto a Jackson Hole che l’economia dell’area euro non riparte senza un impulso dai bilanci pubblici. Inoltre, sottolinea l’editorialista del quotidiano diretto da Mario Calabresi, il presidente della Bce continua a sostenere che le riforme strutturali sono urgenti ma vi aggiunge – ed ecco la novità assoluta – che per la ripresa occorrono “politiche di domanda”, ovvero mono rigore di bilancio.

Che queste siano le intime convinzioni di Draghi non c’è dubbio, visto che sa sempre si accredita l’impostazione americana e anglosassone del presidente della Bce e il suo legame anche intellettuale con Ben Bernanke, così come nei circoli diplomatici è noto il convincimento che da anni Draghi sia il vero contraltare rispetto al rigorismo teutonico incarnato dalla Bundesbank. Ma le intime convinzioni di Draghi devono confrontarsi con diverse, e spesso opposte, teorie di rappresentanti di altri Paesi ai vertici della Bce.

Eppure se non si può non negare che se si svolta radicale si tratta con il recente discorso di Draghi, le ultime parole del presidente della Bce allora contrastano con il verbo finora professato su “austerità come premessa per la crescita” e su “rigore nei conti pubblici e riforme strutturali all’insegna di meno spesa pubblica e e pure più tasse” come cardine delle politiche nazionali. Ma se il verbo del rigore viene ora sconfessato, i predicatori dell’austerity (che ne erano intimamente convinti o no) dovranno chiedere scusa per aver dispensato consigli che a un certo punto hanno aggravato le condizioni economiche dei Paesi invece di farli risorgere.

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