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La Nato in Ucraina con un braccio legato dietro la schiena

Non è la prima volta che la Nato si deve confrontare con crisi anche gravi che minacciano la pace e la sicurezza dell’Europa o che potrebbero compromettere importanti interessi dei Paesi membri anche all’esterno dell’area di primario interesse dell’Alleanza.

Sono passati quasi vent’anni dall’intervento nei Balcani, quando alla fine del 1995 l’Alleanza  si assunse il compito di interrompere la guerra fra etnie in Bosnia Erzegovina intervenendo prima con le sue forze aeree e poi sul terreno con oltre 50.000 uomini.

Pochi anni dopo ci fu l’intervento in Kosovo, questa volta senza nemmeno la copertura di un mandato delle Nazioni Unite. Nel 2008 fu la volta della Georgia e oggi il problema si è ripresentato con l’Ucraina. In tutti questi casi la controparte politica è stata la Russia, indirettamente nel caso dei Balcani perché solo lo spirito che unisce tutti gli Slavi coinvolgeva la Russia in difesa degli interessi dei Serbi; nel caso della Georgia e oggi dell’Ucraina la situazione è ben diversa perché il presidente Putin si sta giocando il proprio prestigio personale davanti a milioni di concittadini russi e ad altrettanti milioni di non russi che seguono con interesse la partita in corso.

La Nato come organizzazione prettamente militare si trova qui ad operare con un braccio legato dietro alla schiena ed è proprio il suo braccio migliore, quello armato. L’antagonista non sono le milizie filo russe che potrebbero essere facilmente sconfitte sul campo supportando adeguatamente le forze armate ucraine, il rischio è quello di un coinvolgimento diretto della Russia con conseguenze disastrose.

D’altra parte il braccio libero col quale operare è quello politico e sanzioni e chiusure diplomatiche non sono certo sufficienti ad impedire che la Russia sviluppi appieno il suo piano, certamente preparato da tempo, di non avere più condizionamenti da parte dell’Ucraina né per l’accesso al Mar Nero né per la progressiva occidentalizzazione/europeizzazione di un’area di suo elevato interesse, assai vicina al suo baricentro politico.

In questo momento pare che si possa dare l’avvio ad un negoziato che probabilmente consentirà alla Russia di mantenere il controllo sulla Crimea e qualche altro vantaggio territoriale lungo la frontiera. Il negoziato andrà per le lunghe e ciò servirà a flemmatizzare la situazione.

Non si può escludere che le recenti minacce dei seguaci dell’ISIS di intraprendere azioni terroristiche e di guerriglia nel Caucaso, dove ai Russi sono state inferte profonde ferite in un passato non lontano, consiglino a Putin di non rompere del tutto con la Nato e con l’Occidente che si profilano come possibili alleati in questo nuovo non improbabile scenario.

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