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Lorenzin tra Patto della Salute e ticket Renzi-Gutgeld

Spending review, tagli nei ministeri e patto per la salute predisposto dal ministro Beatrice Lorenzin. Che succede nel pianeta sanità?

Il comparto sanitario è al centro di un vero e proprio risiko, da un lato per l’intenzione di Palazzo Chigi di ottenere 20 miliardi da tutti i dicasteri e dall’altro per la necessità di garantire il diritto alla salute senza proseguire con sprechi nelle Asl e con costi che, standard, non sono.

TAGLI
Il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, era stato chiaro presentando i provvedimenti e le sforbiciate dalle colonne del Corriere della Sera: tagli su tutto, anche sulla sanità. Il piano, nelle intenzioni di Palazzo Chigi, prevede una lista da presentare a ogni dicastero per arrivare a 20 miliardi e quindi non toccare le pensioni. Sulla sanità l’intenzione è di ridurre gli sprechi nelle Asl, nelle forniture e un’intervento vero sull’imposizione dei costi standard.

REVISIONE, NON TAGLI
Revisione, non tagli. Come riportato da Marco Palombi sul Fatto Quotidiano tra costi standard, digitalizzazione, centrale unica d’acquisto e ticket modulati secondo il reddito Isee, il Patto con le regioni garantisce circa 10 miliardi di revisione della spesa, come detto più volte dal ministro Beatrice Lorenzin “che saranno reinvestiti nel sistema sanitario garantendone la sostenibilità”. Ma i numeri (ufficiali fino a ieri) della sanità cozzano con le intenzioni di Renzi che vuole avere disponibili quei soldi in meno che si spenderanno grazie al nuovo Patto per la salute. Circa un miliardo o 1,5 nel 2015 e il “doppio a regime ovvero quando la spending review dovrebbe generare l’enormità di 32 miliardi di tagli”.

RISPARMI
I primi numeri parlano della riduzione del Fondo sanitario: nelle intenzioni erano stati stanziati per il 2014 109 miliardi, 111 per il 2015 e 115 miliardi per il 2016. La mannaia dei tagli dovrebbe essere di 3 miliardi di euro, con la prima protesta di Sergio Chiamparino, presidente della Conferenza delle Regioni. Il ragionamento del premier si basa sul fatto che se da un lato nessuno ha intenzione di tagliare la sanità, dall’altro una battaglia ideologica andrà fatta sugli sprechi, come gli acquisti. Il tutto dovrà essere approntato in tempo per la legge di stabilità (15 ottobre).

PATTO SULLA SALUTE
Ma nel frattempo il governo aveva siglato poco meno di un mese fa un patto d’onore sulla sanità: ovvero entro il 31 dicembre dovranno essere scritti i piani di riordino dei servizi sanitari. Il tutto con un fondo da 109 miliardi di euro, in aumento di circa 2 miliardi e mezzo per il prossimo anno e per il 2016 al fine di finanziare il servizio sanitario nazionale. Cosa accadrebbe a dicembre se ad ottobre i tagli annunciati si rendessero operativi?

ESEMPIO SAN RAFFAELE
“Non si tratta di spending review. Non dobbiamo infatti immaginare di tornare indietro con le spese, ma di costruire un nuovo modello statale dove molte competenze siano affidate a soggetti non statali su cui lo Stato ha il compito fondamentale di vigilare e di normare”. Così Marco Carrai, imprenditore vicino a Renzi e presidente del Cambridge Management Consulting Labs, era intervenuto su MF-Milano Finanza circa i tagli alle spese pubbliche, dicendosi a favore di “un’azione di sgonfiamento delle competenze statali e quindi dei costi che il governo sta mettendo in atto. Passare da uno stato che gestisce i soldi dei cittadini a uno stato dove i cittadini decidono dove allocare le proprie risorse”.

IL PIANO GUTGELD
“Definire livelli essenziali di assistenza (Lea) chiari e misurabili, tenendo conto di standard di qualità, in particolare dell’esisto delle cure e dei tempi di attesa”. Questa la prima proposta di Yoram Gutgeld, il deputato renziano membro della Commissione Finanze ed esperto ascoltato da tempo a Palazzo Chigi proprio sui costi statali, in prima fila sulla revisione della spesa statale dopo l’uscita di scena di Carlo Cottarelli da commissario alla spending review. Nel suo ultimo libro “Più uguali più ricchi” (Rizzoli, ottobre 2013) ci sono spunti e ragionamenti sui problemi da risolvere. In primis ridurre “l’approssimazione nella nostra sanità che permette di tagliare i costi ripercuotendosi però sulla qualità delle cure non essendoci un obbligo per le strutture a garantire un determinato livello di servizio”.

REAZIONI
Intanto la protesta di Veneto e Lombardia (“pronte allo sciopero fiscale”) è stata annunciata drirettamente dal governatore Luca Zaia, seguita dall’appoggio del presidente lombardo Roberto Maroni. “Bene Zaia, anche la Lombardia è pronta” ha scritto su Twitter. Il governatore veneto ha tuonato: “Ma a Renzi voglio dire una cosa: se ha le palle approfitti della situazione, obblighi tutti ad applicare i costi standard”.

ANT DICE SI’
Sì ai tagli, se inseriti in un progetto di integrazione tra Sanità pubblica e non profit. E’laposizione dell’Ant secondo cui andando in direzione ostinata e contraria, vuole è da sostenere con forza “che l’equazione tagli alla Sanità, che Matteo Renzi vuole operare nell’ambito della spending review, e riduzione dei servizi sanitari, immediatamente evocata da alcuni amministratori pubblici, non convince”.

SPENDING REVIEW FASULLA
Ne è convinto Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, secondo cui “senza un’adeguata programmazione e una governance nazionale, la spending review interna alla Sanità definita dal Patto per la Salute rischia di rimanere lettera morta. Infatti, se è sacrosanto che tutte le risorse recuperate rimangano nel comparto sanitario, in assenza di chiari obiettivi di disinvestimento e riallocazione, la maggior parte delle Regioni non riuscirà mai nella duplice titanica impresa di tagliare gli sprechi e investire su servizi e prestazioni sottoutilizzate, oltre che effettuare i necessari investimenti strutturali”.

twitter@FDepalo

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