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Articolo 18, perché l’opera di Renzi e Sacconi è cosa buona e giusta

I lettori che hanno avuto la pazienza e la cortesia di seguire questa rubrica si sono certamente accorti che io non apprezzo né stimo Matteo Renzi. E naturalmente il suo governo. Tuttavia, proprio perché mi occupo da mezzo secolo di lavoro (sia come operatore che come studioso), ho riconosciuto, a suo tempo, l’importanza del decreto Poletti per quanto riguarda la riforma del contratto a tempo determinato. Con quel provvedimento – che liberalizza questa tipologia contrattuale per tutti i 36 mesi di durata con la possibilità di effettuare fino a cinque proroghe – si è realizzata compiutamente la flessibilità del rapporto di lavoro, come risulta, peraltro, dai dati sulle assunzioni.

Anche l’emendamento del governo (4.1000) in sostituzione dell’articolo 4 del disegno di legge delega (AS 1428) merita una valutazione positiva, anche se dare un giudizio definitivo occorrerà attendere come i decreti delegati chiariranno gli aspetti ancora ambigui. E’ vero che non si parla mai di Statuto dei lavoratori né tanto meno di articolo 18 e di disciplina del licenziamento individuale. Vengono però indicate delle materie che necessariamente richiederanno delle modifiche ad ambedue i santuari della gauche: le norme riguardanti il c.d. demansionamento (ovvero la possibilità – ora preclusa – di inquadrare i lavoratori in mansioni inferiori se ciò comporta la salvaguardia del posto di lavoro) e il controllo a distanza, essendo le disposizioni assunte nel 1970 completamente superate dalle nuove tecnologie.

Poi si arriva alla confettura sulla torta: la ‘’previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio’’. Pare comunque indubbio che dovrà esserci un cambiamento importante: quanto meno la tutela reale – anche se dovesse  essere contemplata  e non solo come sanzione del licenziamento nullo o discriminatorio – interverrà a rapporto di lavoro inoltrato (in nome, appunto, della logica della protezione crescente ‘’in relazione all’anzianità di servizio’’).

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La delega emendata prevede, poi, un giro di vite sui contratti flessibili (non era così nell’emendamento Ichino). Questo è certamente un successo di principio della sinistra. Ma ormai queste forme contrattuali erano state rese impraticabili dalla legge Fornero.

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Raccontano che la ragione vera dell’assenza di Lilli Gruber e della sua rubrica dagli schermi de La 7 sia dipesa da una protesta della nota conduttrice per l’invadenza di Giovanni Floris, che tenderebbe a scippare ad ‘’8 ½’’ i temi di attualità. In realtà è ingiusto attribuire al nuovo arrivato responsabilità che sono strutturali per quel network. In una rete che infila una trasmissione dietro l’altra dedicata alla politica è normale che le diverse rubriche finiscano per occuparsi dei medesimi problemi, come i cani attorno allo stesso osso di prosciutto. La politica italiana gira sempre attorno alle stesse cose. Quando c’è una notizia al giorno è grasso che cola. La fantasia non è ancora andata al potere.

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