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Renzi, La Malfa e il rebus Draghi

Rottamiamo pure l’articolo 18, ma quando rottamiamo l’austerità e il Fiscal Compact che strangolano l’economia europea? La domanda non era troppo peregrina se, con ben altri argomenti e con ben altra competenza, viene posta sotto altra forma da un economista come Giorgio La Malfa, formazione in Banca d’Italia, saggista (recente autore di un ponderoso volume su Mediobanca) ed ex ministro del Bilancio e delle Politiche comunitarie.

La domanda implicita nella lettera di La Malfa pubblicata sul Corriere della Sera è la domanda delle domande: qual è la priorità del momento? Rendere più flessibile il lavoro o aumentare la domanda aggregata? Anche se sul Sole 24 Ore di ieri l’editorialista ed ex direttore del Corriere della Sera, Stefano Folli, ha evocato Ugo La Malfa nel descrivere il riformismo di Matteo Renzi sul lavoro, Giorgio La Malfa dice che la priorità è incrementare la domanda in questa fase. E non lo dice solo lui, ma lo sostiene pure Mario Draghi.

Sì, proprio il presidente della Bce che resoconti giornalistici mai smentiti e interpretazioni alla Stefano Fassina assicurano essere stato l’ispiratore/fautore dell’accelerazione renziana sull’articolo 18, così magari il governo italiano potrà avere qualche benevolenza di Bruxelles su qualche decimale di rapporto deficit/pil o una proroga della riduzione del rapporto debito/pil a partire dai prossimi anni.

La Malfa sostiene la tesi ricorrendo alle parole di Draghi pronunciate nel suo discorso tenuto il 22 agosto negli Stati Uniti.

Scrive La Malfa: “In quel discorso Draghi ha spiegato che nella disoccupazione europea vi sono due componenti, una strutturale collegata alle condizioni di rigidità del mercato del lavoro ed una ciclica  collegata alle condizioni della domanda. Subito dopo ha detto che oggi la priorità è risollevare la domanda aggregata: “Le politiche di intervento sulla domanda  non sono giustificate soltanto dalla significativa componente ciclica della disoccupazione. Esse sono rilevanti perché, data l’incertezza che prevale in questo momento,  esse contribuiscono ad evitare il rischio che la debolezza dell’economia produca un effetto di isteresi [un circolo vizioso in cui la depressione della domanda causa una parziale distruzione della capacità produttiva  ndA].” Ed ha concluso: “Oggi […] i rischi di ‘fare troppo poco’ – e cioè il rischio che la disoccupazione divenga strutturale – sono maggiori  dei rischi ‘di fare troppo’ – cioè di determinare un’eccessiva pressione in aumento per i prezzi ed i salari”.

Dunque qual è il vero Draghi? Forse entrambi, forse tutte le versioni. Il Draghi che ha studiato con Federico Caffè, il Draghi-Bernanke in pectore, il Draghi liberista e riformatore, il Draghi della tosta austerità o il Draghi pro domanda? Tutti Draghi utili per andare al Quirinale al posto di Giorgio Napolitano? C’è già chi lo scorge e chi lo paventa. Alla prossima puntata.

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