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Chi è Ruth Porat, la signora di Wall Street faccia a faccia con Renzi

Gira in rete questo aforisma: “Lavorare sodo per il capo sbagliato non vi farà notare. Avrà un unico risultato: che lui apparirà formidabile e voi sarete distrutti”. A pronunciarlo sarebbe stata Ruth Porat, ovvero il vice presidente di Morgan Stanley, la donna più potente di Wall Street.

A PRANZO CON RENZI

Porat è colei che il premier Matteo Renzi incontrerà mercoledì 24 settembre al Council on Foreign Relations. L’incontro, come ha notato con malizia il Corriere della Sera, segue l’assenza del premier al Forum Ambrosetti di Cernobbio ed “è fissato nell’antico edificio che ospita il Cfr, tra la 68a Strada e Park Avenue, nell’Upper East Side a Manhattan… A discutere con Renzi ci sarà appunto Ruth Porat, definita negli ambienti finanziari la donna più potente di Wall Street, classe 1957, dal 2010 chief financial officer e vice presidente esecutivo di Morgan Stanley. Non c’è tantissimo tempo: il programma inizierà alle 11.45 con una reception di 15 minuti. Poi alle 12 comincerà il meeting con Renzi.

UNA RICETTA PER IL SALVATAGGIO?

E chissà se Ruth potrà suggerire a Matteo una ricetta salva-crisi, visto che la Signora della Finanza ha in curriculum anche un ruolo importante nella crisi dei mutui subprime americani del 2008. Ovvero una consulenza con il Tesoro Usa per il salvataggio di Fannie Mae e Freddie Mac, le due agenzie semipubbliche di garanzia sui prestiti ipotecari, e con la Fed relativamente alla vicenda del colosso assicurativo Aig. Sarà senz’altro un incontro significativo, anche se è in sordina rispetto a quello del 26, quando il presidente del Consiglio sarà in visita agli stabilimenti della Fca a Detroit.

CHI è RUTH PORAT

Chi è Ruth Porat? La faccia pubblica di Morgan Stanley, senza dubbio. Ma questa 57enne sposata e madre di tre ragazzi, riesce a conciliare ottimamente vita da manager e da mamma – un miracolo che a volte oltre Oceano accade. Laureata alla London School of Economics dopo aver ottenuto un Bachelor alla Stanford University, si fregia di un master in Business Administration conseguito alla Wharton School dell’Università della Pennsylvania. “La sua carriera – scrive Forbes – è stata senza scosse: è stata assunta in Morgan Stanley nel 1987 ed è ancora là. Durante la bolla delle dot com Porat era analista di tecnologia con clienti come eBay and Amazon. Con lo scoppio della bolla si è reiventata come broker di servizi finanziari”.

DONNA E MANAGER
Sul suo monitor nell’ufficio di Manhattan ha un portafortuna. Un biglietto scritto dai suoi tre ragazzi. Lo racconta politico.com: “Ero arrivata a casa nel cuore della notte e i miei tre ragazzi mi avevano lasciato un biglietto perché sapevano che sarei tornata a casa almeno a farmi una doccia. Ognuno lo ha scritto a modo suo, con parole e personalità differenti, ma sostanzialmente mi dicevano di quanto fossero orgogliosi e quanto ritenevano importante il mio lavoro”. Era il 2008 e Porat stava lavorando con la Fed al salvataggio dell’American International Group, il gigante delle assicurazioni il cui fallimento avrebbe messo in ginocchio un’economia globale già vacillante.

IL VERO TRIONFO

Nella stessa intervista rilasciata a Politico, Porat sostiene che il suo vero trionfo è essere riuscita a conciliare carriera e vita privata anche se preferirebbe che più che di “work-life balance,” si parlasse di un “mix soddisfacente di famiglia e lavoro nella vita di chi lavora. Un mix che varia a seconda delle esigenze mutevoli nei due ambiti, che non sono mai completamente isolati l’uno dall’altro”.
Cresciuta nell’Inghilterra del Nord, a Cambridge in Massachusetts e a Palo Alto in California, figlia di un ingegnere e di una psicologa, non ha mai avuto dubbi che avrebbe avuto sia una bella famiglia che una buona carriera.

L’IMBARAZZO DI AVERE POCHE DONNE AI VERTICI
“Quando ho iniziato c’erano molte poche donne ai livelli dirigenziali e ancora meno con una famiglia – spiega Porat – non volevo diventare quello. Per fortuna le cose sono cambiate dal 1987. E io credo che il 2008 sarebbe stato differente se al tavolo di chi decideva ci fossero state sedute tre voci differenti”.
Ma quanto è realmente cambiato? Non moltissimo se la stessa Porat solo ad aprile dichiarava a Bloomberg che il “basso numero di donne che gestiscono società Usa suscita un imbarazzo che mostra la necessità di nuove leggi”. E lei stessa, la donna più influente di Wall Street, se non avesse avuto la sua determinazione non ce l’avrebbe fatta. I tutor che la avevano seguita nei suoi primi passi in Morgan Stanley avevano scritto che le “manca la resistenza per superare il livello di associate, una posizione junior”. Da qui a essere considerata un anno fa un potenziale vice ministro dell’Economia dal presidente Barack Obama e dal potersi permettere di rifiutata, la strada è stata lunga.

Di Renzi, almeno, apprezzerà la svolta rosa – anche se solo formale – data al Governo e alle partecipate di Stato con l’infornata di presidenti (ovviamente non esecutivi) donna.

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